LE TECNICHE

1 LA METRICA

  • Che cos’è la metrica
  • Il verso
  • Le figure metriche
  • Il ritmo poetico
  • La rima
  • Le strofe
  • Le forme metriche

Come analizzare

U. Foscolo, A Zacinto, p. 46


Analizziamo insieme

E. Sanguineti, Ballata delle donne, p. 48


Analizza tu

G. Carducci, San Martino, p. 50

1. CHE COS’È LA METRICA

Quando ancora non esisteva la scrittura, la poesia era strettamente legata alla memoria e alla musica. I poeti cantavano, come veri e propri menestrelli, testi appresi a memoria e tramandati di bocca in bocca, accompagnandosi con strumenti musicali. Le poesie erano simili alle canzoni di oggi: il testo, inseparabile dalla melodia, era soggetto a determinate regole ritmiche. Con il passaggio dall’oralità alla scrittura, tali regole sono diventate un tratto distintivo del testo poetico: la metrica.

L’elemento basilare della metrica è il verso. Di che cosa si tratta? La parola “verso” deriva dal verbo latino vertere, che significa “voltare”: come a dire che il poeta non sfrutta tutto lo spazio della riga sulla pagina, ma decide di “andare a capo”. La disposizione grafica dei versi, nella pagina stampata, è la prima caratteristica che distingue la poesia dalla prosa: non a caso, in latino, l’espressione “prosa“, oratio, stava a indicare un “discorso in linea retta”, ossia “fino alla fine della riga”. Infatti, se apriamo un romanzo o un giornale, vediamo che le parole sono distribuite in modo pressoché ininterrotto, se si escludono gli spazi tra i paragrafi. Il testo poetico, invece, si presenta come una serie di righe disposte in colonna, ciascuna coincidente con un verso, separato dagli altri tramite l’a capo. La lunghezza di questi versi, le strofe (ovvero i modi in cui i versi si raggruppano), le rime e gli altri richiami fonici rispondono alle leggi della metrica.

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2. IL VERSO

Il verso è l’incontro di una componente invariabile, ossia il metro, e una variabile, costituita dagli accenti che determinano un particolare andamento ritmico. 

Come si costruisce e come si riconosce un verso, all’interno del sistema metrico italiano? Dobbiamo innanzitutto dire che nella nostra lingua i versi si dividono in varie tipologie in base:

  • alla lunghezza, cioè al numero di sillabe da cui sono costituiti. Per esempio, mela e prugna, pur possedendo un numero diverso di lettere (rispettivamente 4 e 6), presentano la medesima lunghezza metrica, perché entrambe costituite da 2 sillabe: me-la e pru-gna;
  • alla presenza di un accento tonico, che cade sulla sillaba pronunciata con maggiore intensità; le sillabe non accentate si definiscono atone. A seconda della collocazione della sillaba accentata, le parole si dividono in tre categorie principali: 

    parola piana

    accento tonico sulla penultima sillaba

    ca-té-na

    parola sdrucciola

    accento tonico sulla terzultima sillaba

    mè-di-co

    parola tronca

    accento tonico sull’ultima sillaba

    cit-tà

In base al tipo di parola che chiude il verso avremo, appunto, versi pianiversi sdruccioli e versi tronchi.

Due versi appartengono alla stessa tipologia, o misura, se la sillaba tonica dell’ultima parola è collocata nella stessa posizione. Per esempio:

Nel mezzo del cammin di nostra ta (Dante Alighieri) 
aria di mare, che dolce temsta (Giorgio Caproni)

In entrambi i casi la sillaba accentata occupa la 10a posizione. Poiché la maggioranza delle parole italiane è piana, versi con un accento in 10a posizione hanno solitamente 11 sillabe: per questo sono denominati endecasillabi. Allo stesso modo, un verso con l’ultima sillaba tonica in 6a posizione sarà un settenario, mentre un quinario avrà l’accento tonico in 4a posizione.

Per riconoscere un verso, di norma, è dunque necessario calcolare in quale posizione si trova l’ultima sillaba tonica, e aggiungere uno.

Esaminiamo, per esempio, questo verso di Lorenzo de’ Medici (1449-1492):

chi vuol esser lieto sia

chi | vuol | es- | ser | lie- | to | - | a

L’accento cade in 7a posizione, quindi il verso è sempre classificato come composto da 8 sillabe: è cioè un ottonario.

Che cosa succede, però, se un verso termina con una parola sdrucciola o tronca? Prendiamo in considerazione questi versi di grandi poeti italiani:

Aventuroso carcere soave

A- | ven- | tu- | ro- | so | car- | ce- | re | so- | à- | ve

endecasillabo piano

(Ludovico Ariosto)

ed i bambini sopra l’aia saltano

ed | i | bam- | bi- | ni | so- | pra | l’a- | ia | sàl- | ta- | no

endecasillabo sdrucciolo

(Giosue Carducci)

Salutò con la mano, sprofondò

Sa- | lu- | tò | con | la | ma- | no, | spro- | fon- | 

endecasillabo tronco

(Eugenio Montale)

Questi versi sono tutti endecasillabi, perché l’ultima sillaba tonica si trova in 10a posizione. Ciò che varia è il numero di sillabe atone che seguono l’ultima tonica. Nell’endecasillabo piano, dopo l’ultima tonica si ha una sola sillaba non accentata (so-à-ve): il verso misura effettivamente 11 sillabe. Nell’endecasillabo sdrucciolo, invece, 2 sillabe atone seguono la 10a posizione (sàl-ta-no): il verso misura 12 sillabe. Infine, l’endecasillabo tronco misura 10 sillabe, poiché, dopo l’ultima tonica, non si ha nessuna sillaba atona (spro-fon-dò).

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I versi della poesia italiana

Il verso principale della tradizione letteraria italiana è l’endecasillabo, in cui l’ultima sillaba tonica si trova in 10a posizione: gli autori di tutte le epoche lo hanno utilizzato con notevole frequenza, sfruttando le sue molteplici possibilità ritmiche e melodiche. In ordine di importanza, all’endecasillabo segue il settenario: i due tipi di versi sono percepiti come affini, e per questo vengono spesso impiegati insieme. Nella tabella seguente troviamo la classificazione dei versi e la loro denominazione in ordine decrescente rispetto alla misura sillabica. 

Tipologia

Sillaba tonica

Esempio

Endecasillabo

in 10a posizione

primavera per me pur non è mai

pri- | ma- | ve- | ra | per | me | pur | non | è | mà- | i

(Francesco Petrarca)

Decasillabo

in 9a posizione

Soffermati sull’arida sponda

Sof- | fer- | ma- | ti | sul- | l’a- | ri- | da | spòn- | da

(Alessandro Manzoni)

Novenario

in 8a posizione

Voce stanca, voce smarrita

Vo- | ce | stan- | ca, | vo- | ce | smar- | rì- | ta

(Giovanni Pascoli)

Ottonario

in 7a posizione

Donne e giovinetti amanti

Don- | ne e | gio- | vi- | net- | ti^a- | màn- | ti

(Lorenzo de’ Medici)

Settenario

in 6a posizione

Chiare, fresche et dolci acque

Chia- | re, | fre- | sche^et | dol- | ci^àc- | que

(Francesco Petrarca)

Senario

in 5a posizione

Taci. Su le soglie

del bosco non odo

parole che dici

Ta- | ci. | Su | le | - | glie

del | bo- | sco | non | ò- | do

pa- | ro- | le | che | dì- | ci

(Gabriele d’Annunzio)

Quinario

in 4a posizione

ed alla pace

che m’ha beato

è il cuor grato.

ed | al- | la | - | ce

che | m’ha | be- | à- | to

è | il | cuor | grà- | to.

(Umberto Saba)

Quadrisillabo

in 3a posizione

Taglia, spada,

Queste braccia!

Ta- | glia, | spà- | da,

Que- | ste | bràc- | cia!

(Franco Fortini)

Trisillabo

in 2a posizione

Re Orso

Ti schermi

Dal morso

De’ vermi

Re | Òr- | so

Ti | schèr- | mi

Dal | mòr- | so

De’ | vèr- | mi

(Arrigo Boito)

Bisillabo

in 1a posizione

Saldo

fine stagione

prezzo fisso

Sàl- | do

fi- | ne | sta- | gio- | ne

prez- | zo | fis- | so

(Aldo Palazzeschi)

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3. Le figure metriche

Abbiamo visto che per identificare una tipologia di verso occorre conteggiare il numero di sillabe che lo compongono e controllare dove si trovi la tonica. Le sillabe metriche (cioè quelle che valgono per il computo metrico), tuttavia, non sempre coincidono con quelle grammaticali: ciò avviene grazie all’utilizzo delle figure metriche. Queste sono artifici che agiscono sulle sillabe all’interno di una parola o tra due parole contigue; si distinguono in figure di fusione e figure di scissione.

Figure di fusione

Le figure di fusione riguardano i casi in cui due vocali ravvicinate, appartenenti a sillabe diverse, danno luogo a un’unica sillaba metrica.


Tipologia

Descrizione

Esempio

Sinalefe

Si ha quando la vocale finale di una parola si fonde con la vocale iniziale della parola successiva. Le due sillabe contenenti le vocali, in questo modo, valgono come una sola.

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono

Voi | ch’a- | scol- | ta- | te^in | ri- | me | spar- | se^il | suo- | no

(Francesco Petrarca)

Sineresi

Si ha quando due vocali all’interno di una stessa parola, benché appartenenti a due sillabe diverse, vengono fuse nella medesima sillaba metrica.

Neanche un mantello labile di luna

Nean- | che^un | man- | tel- | lo | la- | bi- | le | di | lu- | na

(Giuseppe Ungaretti)


La parola “neanche” viene sillabata neàn-che, invece di ne-àn-che.

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Figure di scissione

Le figure di scissione separano due vocali ravvicinate solitamente incluse nella stessa sillaba. Il risultato è la creazione di due sillabe, laddove di norma ne conteremmo una.

Tipologia

Descrizione

Esempio

Dialefe

È l’opposto della sinalefe.

Si ha quando due vocali contigue rimangono in due sillabe distinte, anziché essere conteggiate in una stessa.

che la verace via abbandonai

che | la | ve- | ra- | ce | viav| ab- | ban- | do- | na- | i

(Dante Alighieri)


La dialefe tra “via” e “abbandonai” permette di ottenere il numero di sillabe desiderato, cioè 11.

Dieresi

È l’opposto della sineresi.

Si ha quando due vocali contigue all’interno di una parola vengono separate in due sillabe diverse.

La dieresi è spesso segnalata dal segno grafico ¨ posto sulla prima delle due vocali scisse.

Ma alcuna finzïone, alcuno inganno

Ma^al- | cu- | na | fin- | - | o- | ne,^al- | cu- | no^in- | gan- | no

(Giuseppe Ungaretti)

INCONTRI DI VOCALI

Per comprendere efficacemente le figure metriche è necessario conoscere che cosa accade quando in una parola si incontrano due o più vocali.

Se due vocali consecutive appartengono alla stessa sillaba, formano un dittongo (per esempio schiè-na, uò-vo, zài-no).

Al contrario, se le vocali appartengono a due sillabe diverse, si parla di iato (ca-mè-o, paz-zì-a). Lo iato si verifica principalmente quando nessuna delle due vocali è i o u (e-ò-li-ca, o-le-àn-dro), oppure quando i o u toniche (accentate) sono accostate a oea (fol-lì-a, ab-ba-ì-no).

Più raro, invece, il trittongo, che si realizza nel caso in cui tre vocali consecutive appartengano alla stessa sillaba (quiè-te, tuòi).

studio attivo

Come avviene la DIVISIONE IN SILLABE quando ci sono due vocali consecutive?

La dolce fiamma - volume B
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Poesia e teatro