T6 - Nazim Hikmet, Alla vita (da Poesie d’amore)

T6

Nazim Hikmet

Alla vita

  • Tratto da Poesie d’amore, 1963
  • Lingua originale turco
  • Metro versi liberi
Nazim Hikmet nasce nel 1902 nella città greca di Salonicco, allora facente parte dell’Impero ottomano. Il padre, diplomatico, scrive poesie e racconti; la madre, di origini polacche, è pittrice e appassionata di poesia francese. A diciassette anni Hikmet esordisce come poeta; insegnante durante la guerra d’indipendenza turca (1919-1923), studia poi sociologia a Mosca dove si avvicina alle posizioni del marxismo. Per la sua attività politica viene più volte incarcerato: nel 1938 riceve una condanna a ventotto anni di reclusione in Turchia; scarcerato nel 1950 su pressione di prestigiosi intellettuali di tutto il mondo, torna a Mosca nel 1951, perde la cittadinanza turca e acquisisce quella polacca; muore nel 1963. Autore di saggi e di lavori teatrali, è noto soprattutto come poeta d’amore, di battaglie civili e di idee: 835 righe (1929), Telegramma notturno (1932), L’epopea della guerra di liberazione (1965) sono alcuni titoli della sua ampia produzione poetica.

La poesia viene scritta in carcere, nel 1948, ed esce nel 1963 in Poesie d’amore. Nel libro si raccolgono versi scritti in vari momenti della vita del poeta, sull’amore, sulla rivoluzione, sull’impegno sociale. Alla vita è un vibrante invito al lettore ad affrontare l’esistenza terrena con intensità e pienezza.

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Audiolettura

La vita non è uno scherzo.

Prendila sul serio

come fa lo scoiattolo, ad esempio, senza aspettarti nulla

dal di fuori o nell’al di là.

5      Non avrai altro da fare che vivere.


La vita non è uno scherzo.

Prendila sul serio

ma sul serio a tal punto

che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,

10    o dentro un  laboratorio

col camice bianco e grandi occhiali,

tu muoia affinché vivano gli uomini

gli uomini di cui non conoscerai la faccia,

e morrai sapendo

15    che nulla è più bello, più vero della vita.


Prendila sul serio

ma sul serio a tal punto

che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi

non perché restino ai tuoi figli

20    ma perché non crederai alla morte

pur temendola

e la vita sulla bilancia peserà di più.


Nazim Hikmet, Poesie d’amore, trad. di J. Lussu, Lerici, Milano 1961

 >> pagina 222

A tu per tu con il testo

Come dobbiamo vivere? In che cosa è necessario credere? Qual è il senso, la direzione della nostra esistenza? Le risposte possibili sono infinite: religioni e ideologie propongono diverse visioni, sistemi divergenti, modelli inconciliabili tra loro. Dobbiamo cercare dentro di noi o è meglio ascoltare i maestri? Serve un progetto a lungo termine o è opportuno cogliere l’attimo? Sono alternative senza risposta univoca, perché la vita è imprevedibile e complessa, e non esistono formule capaci di racchiuderla. Di una cosa, però, possiamo essere sicuri: vivere è una faccenda impegnativa e bellissima, che richiede profonda coerenza e vivace entusiasmo, anche e soprattutto di fronte all’ingiustizia. Le parole del poeta, a un tempo appassionate e sagge, ci esortano alla responsabilità nei confronti di noi stessi e degli altri, e sono animate da un fervore vitale che nessuna malvagità, nessuna paura riuscirà mai a spegnere.

Analisi

Il poeta invita a vivere l’esistenza come fa lo scoiattolo (v. 3): il vivace roditore, che provvede da solo a se stesso e non si aspetta nulla (v. 4) dal mondo esterno, insegna all’uomo a non avere altro da fare che vivere (v. 5), senza riporre fiducia nell’al di là (v. 4). La vita ha in sé le sue ragioni e non richiede pertanto appigli razionali o ideologici: anche per questo va presa sul serio (v. 2) e ascoltata attentamente, poiché essa stessa ci comunica i motivi per cui vale la pena viverla. Non serve ricercare le ragioni della nostra esistenza materiale al di fuori di essa: la serietà del vivere sta proprio nel sentire, con l’istintività di una creaturina naturale, la pienezza dell’esserci, senza guardare altrove perché, come per lo scoiattolo, anche per ciascuno di noi la vita è ora, la vita è qui.

Nella seconda strofa, il poeta evoca, contrapposte alla vivacità dello scoiattolo, immagini dure di libertà negata, come quella di un uomo schiacciato contro un muro (v. 9), con le mani legate. È impossibile non associare questa figura alla biografia dell’autore: il testo è stato scritto durante la sua ingiusta detenzione, causata non da crimini o malefatte, ma dalle sue critiche al potere. Ma com’è possibile, ci chiediamo a questo punto, continuare a prendere sul serio (v. 8) la propria vita anche in carcere? Senza la libertà, come possiamo mantenerci responsabili di noi stessi visto che, di noi stessi, non siamo più padroni?

La risposta, sembra dire il poeta, è in una forma di libertà che nessuno ci può negare fino in fondo. Con un sorprendente parallelo, vengono accostati, nella seconda strofa, il carcerato e lo scienziato col camice bianco e grandi occhiali (v. 11). Entrambi hanno in comune l’impegno della ricerca: il detenuto politico perché vuole la giustizia sociale; lo studioso perché persegue certezze scientifiche. Nel chiuso del carcere o del laboratorio (v. 10), essi mantengono nel profondo della loro coscienza la preziosa libertà interiore che, nonostante difficoltà e ingiustizie, coglie il bello (v. 15) e il vero (v. 15) della vita. Troppo preziosa per non essere condivisa con gli altri, questa libertà interiore va assolutamente custodita, a rischio di sacrificare la propria vita per quella dei nostri simili, anche se non ne conosciamo nemmeno la faccia (v. 13).

 >> pagina 223 
Ma in fondo che cos’è realmente la morte? In modo del tutto inaspettato, l’io lirico esorta il lettore a non reprimere la propria vitalità nella vecchiaia, ma a continuare a operare, piantando addirittura degli ulivi (v. 18) in tarda età. L’ulivo, che ha un valore simbolico pregnante nella cultura mediterranea e mediorientale, è una pianta che cresce lentamente e impiega diversi decenni prima di giungere a maturazione. Perché dunque piantarlo a settant’anni (v. 18)? Forse per lasciarne i ricchi frutti in eredità ai figli (v. 19)? La risposta del poeta è profonda e inaspettata: non importa lasciare una ricca eredità, ma immergersi nel lavoro e nell’impegno anche all’avvicinarsi della fine. Hikmet sa bene che temere la morte è profondamente umano, e che tutti siamo destinati a scomparire, ma ci esorta a non farsi spaventare. Non crederai alla morte (v. 20): vivere con entusiasmo fino all’ultimo giorno, senza arrendersi mai alla paura, darà alla nostra esistenza un merito grande, che maggiormente peserà sulla bilancia (v. 22) di quanti valuteranno come abbiamo vissuto.

Laboratorio sul testo

Comprendere

1. A chi si rivolge il poeta?

  • a Alla moglie. 
  • b A un compagno di cella. 
  • c A suo padre. 
  • d A tutti i possibili lettori singolarmente. 
  • e A suo figlio. 

2. Gli uomini di cui non conoscerai la faccia (v. 13) sono

  • a i carcerieri del poeta. 
  • b tutti gli uomini del mondo, l’umanità nella sua interezza. 
  • c i famigliari del poeta, di cui egli, dopo tanti anni di detenzione, ha scordato i lineamenti. 
  • d il carcerato e lo scienziato della seconda strofa. 
  • e i figli dei suoi figli, che erediteranno gli ulivi. 


3. che cosa si riferisce il poeta nell’affermare pur temendola (v. 21)?

  • a Alla faccia degli uomini sconosciuti. 
  • b Alla vita. 
  • c Alla morte. 
  • d Alla libertà. 
  • e Alla bilancia. 

Analizzare e interpretare

4. La vita sulla bilancia / peserà di più (v. 22) è una metafora. Spiegala con parole tue.


5. Le tre strofe che compongono la poesia ripetono il verso Prendila sul serio (vv. 2, 7, 16), come se fosse un ritornello. Di quale figura retorica si tratta?

  • a Una sineddoche.
  • b Una sinestesia.
  • c Un’anafora.
  • d Un chiasmo.


6. La figura retorica dell’esercizio precedente è utilizzata in altri punti del testo: trovala e prova a spiegare perché il poeta la usa in maniera così vistosa. Puoi individuare una ragione di tipo espressivo e una ragione di tipo formale.


7. Come puoi descrivere il tono prevalente della poesia?

  • a Elegiaco e malinconico. 
  • b Epico ed eroico. 
  • c Comico e divertente. 
  • d Assertivo e imperativo. 
  • e Nessuno dei precedenti. 


8. Anche se la poesia è scritta in versi liberi, possiamo chiaramente distinguere tre strofe. In assenza di una struttura metrica fissa, qual è secondo te il criterio sulla base del quale il poeta distingue le tre parti del suo testo?

  • a Il ritmo che si ripete sempre uguale per tre volte. 
  • b Le tre immagini che cambiano a ogni nuovo concetto. 
  • c La ripetizione dello stesso concetto con immagini diverse. 
  • d Non c’è un elemento se non la divisione casuale del testo. 

 >> pagina 224 

Competenze linguistiche

9. Associa alle seguenti subordinate la corrispondente funzione logica, tenendo presente che ci sono due denominazioni in più e che puoi usare la stessa denominazione per due frasi diverse.

  • a) Prendila su serio […] a tal punto che
  • b) pur temendola
  • c) affinché vivano gli uomini
  • d) perché restino ai tuoi figli


1) Concessiva

2) Consecutiva

3) Oggettiva

4) Relativa

5) Finale


10. I seguenti aggettivi sono legati al concetto di “vita”. Individuane il contrario e il sostantivo a cui si adattano meglio.

  •       a) vivido
  •       b) vivace
  •       c) vitale

A) pigro

B) inessenziale

C) spento

1) bambino

2) colore

3) questione

P@ROLE in rete

Rileggi il testo e sintetizza il concetto principale della poesia in massimo 5 righe, come se fosse un tweet. Poi, come in un post su Facebook, spiega perché sei o non sei d’accordo con il poeta, in massimo 10 righe.

La dolce fiamma - volume B
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Poesia e teatro