LE EMOZIONI DELLA POESIA

Joan Miró, Il carnevale di Arlecchino (particolare), 1924-1925.

1. I generi della poesia

Che cosa ci aspettiamo da una poesia? Se qualcuno ci confida di aver scritto dei versi, che cosa pensiamo? In genere, immaginiamo che abbia provato a esprimere i propri sentimenti nel modo più sincero e intenso possibile, dando libero sfogo alle emozioni. È proprio questo lo scopo principale di quella che chiamiamo “lirica”: una forma artistica millenaria, presente in tutte le culture, che ci permette di sentire vicino il cuore dell’autore, sia un amico o una persona vissuta in tempi e luoghi che non abbiamo mai conosciuto. Grazie a essa, religioni, lingue, culture diverse acquistano una stessa voce, un linguaggio universale che abbatte le frontiere delle epoche e dello spazio facendoci sentire fratelli: scoprire che qualcun altro ha provato, pensato, desiderato ciò che proviamo, pensiamo, desideriamo ci rassicura e ci dà una strana vertigine, colmando la nostra solitudine interiore.

Così è naturale per noi identificare la poesia con la sfera personale esaltata dalla lirica. Eppure il suo dominio è ben più ampio: con i versi si può scherzare, spiegare, raccontare, offendere, celebrare, come si è fatto per secoli in drammi teatrali, poemi epici, satire, ballate, opere didascaliche. A ben pensarci, infatti, prosa e poesia possono accogliere gli stessi contenuti; è una questione di convenzioni, di lessico, di forma: scelte che mutano con il passare del tempo e con la sensibilità e il gusto di chi scrive. Oggi, per esempio, quando vogliamo immergerci nella lettura di una storia, apriamo un romanzo in prosa. Ma se guardiamo indietro ci accorgiamo di come le più celebri narrazioni della civiltà occidentale, dall’Iliade all’Odissea, dalla Divina Commedia all’Orlando furioso, siano scritte in versi. Non c’è da stupirsi. Al pari della lirica, tutti i generi poetici possono trasmetterci emozioni e sentimenti: è quello che accade a due celebri amanti di nome Paolo e Francesca, precipitati nel gorgo della passione mentre tremanti leggevano nei versi di un poema cavalleresco la scena dell’ardente bacio fra Ginevra e Lancillotto, come ci racconta Dante nel canto V dell’Inferno.

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2. Leggere e scrivere poesie

In fondo, la poesia oggi somiglia a certi quartieri cittadini, un po’ trascurati, che possono riservare splendide sorprese a chi si ritagli il tempo di esplorarli. Facciamo un esperimento. Prova a dire il nome di cinque poeti contemporanei. Difficile, vero? Ora prova a dire il nome di cinque romanzieri, di cinque cantanti, di cinque attori. Qui non dovresti avere problemi.

Queste diverse reazioni ci aiutano a comprendere come alla poesia sia rimasto un ruolo marginale nella società. A tutti può succedere di sentire l’impulso di comprare un romanzo, vedere un film, andare a un concerto mentre pochi cercano, leggono, amano raccolte di poesia. Eppure in molti continuano a coltivare quest’arte, anche se spesso tengono i propri versi nel cassetto. Si calcola che in Italia circa due milioni di persone scrivano poesie: e magari anche a te è capitato. Del resto è una forma alla quale ci si accosta facilmente: non serve saper suonare, recitare, usare un pennello, e non è più necessario conoscere le regole della metrica. Niente di grave: scrivere poesie fa bene all’anima, e non è obbligatorio ambire a diventare il nuovo Ungaretti. Soli dinanzi a un foglio di carta bianco, allo schermo vuoto in cui lampeggia un cursore, siamo pronti per chiarire a noi stessi le passioni che si agitano in fondo al cuore, trasporre in versi una storia che ci ha colpito, o anche solo cercare una serie di rime bizzarre per scherzare con un amico o un’amica.

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3. Musica e poesia

Il bisogno di lirica resta intatto nei cuori degli uomini. Oggi però non viene soddisfatto tanto dalla poesia quanto dalla musica. Le ultime tre o quattro generazioni hanno imparato a memoria – e di propria iniziativa, non per imposizione scolastica – le parole delle canzoni invece che i versi dei poeti. Secondo lo scrittore Pier Vittorio Tondelli, addirittura, il rock avrebbe prodotto «i più grandi poeti degli ultimi decenni». Sarà vero? Se qualche giovane oggi riprendesse il discorso di Tondelli, che scriveva negli anni Ottanta, probabilmente sostituirebbe al rock il rap. Ma ciò è normale: anche nella musica, sono pochissimi a superare il vaglio del tempo. Chi si ricorda oggi di Luciano Tajoli e Nilla Pizzi, che negli anni Cinquanta vendevano milioni di dischi, sconvolgendo sino alle lacrime i nostri nonni? Chi si ricorderà di… (scegli tu il nome), che oggi tanti amano alla follia?

In ogni caso, anche in questo settore si sta formando un canone, ovvero un sistema di valori ampiamente condiviso, nonostante lo snobismo e la diffidenza della cultura ufficiale, che non approva il diritto di cittadinanza letteraria concesso ai cantautori. Da questo punto di vista il premio Nobel conferito nel 2016 a Bob Dylan, comunque la si pensi, è servito a stimolare una discussione necessaria. In fondo, la piena legittimità che la poesia per musica si va conquistando non fa che rinsaldare un rapporto antichissimo: pensiamo agli aedi che nell’antica Grecia suonavano la cetra, all’arpa gaelica dei celti, al liuto dei menestrelli medievali. La stessa parola “lirica” deriva da lira, un antico strumento a corde che accompagnava la voce dei poeti.

E tu?

Ti capita mai di scrivere, leggere o ascoltare poesie?

Hai una poesia preferita, un verso che ti abbia profondamente emozionato? Come mai? Ritieni che la poesia si sposi con un particolare stato d’animo?

Cerchi la poesia fuori dai libri? Per esempio nelle canzoni?

La lirica ti attrae? Oppure prediligi altri generi poetici?

La dolce fiamma - volume B
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Poesia e teatro