T3 - Giacomo Leopardi, La sera del dì di festa (da Canti)
T3
Giacomo Leopardi
La sera del dì di festa
- Data di composizione 1820
- Tratto da Canti, 1831
- Metro endecasillabi sciolti
Un giovane, dalla finestra della sua stanza, contempla il paesaggio illuminato dalla luna nella serena notte dopo un giorno di festa. Tutto è immobile e il silenzio regna sulle cose, ma nel suo cuore si agita un’inquietudine profonda, che lo tiene sveglio, a pensare.
Audiolettura
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna. O donna mia,
5 già tace ogni sentiero, e pei balconi
rara traluce la notturna lampa:
tu dormi, che t’accolse agevol sonno
nelle tue chete stanze; e non ti morde
cura nessuna; e già non sai né pensi
10 quanta piaga m’apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
appare in vista, a salutar m’affaccio,
e l’antica natura onnipossente,
che mi fece all’affanno. A te la speme
15 nego, mi disse, anche la speme; e d’altro
non brillin gli occhi tuoi se non di pianto. –
Questo dì fu solenne: or da’ ▶ trastulli
prendi riposo; e forse ti rimembra
in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
20 piacquero a te: non io, non già ch’io speri,
al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
quanto a viver mi resti, e qui per terra
mi getto, e grido, e fremo. O giorni orrendi
in così verde etate! Ahi, per la via
25 odo non lunge il solitario canto
dell’artigian, che riede a tarda notte,
dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
e fieramente mi si stringe il core,
a pensar come tutto al mondo passa,
30 e quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
il dì festivo, ed al festivo il giorno
volgar succede, e se ne porta il tempo
ogni umano accidente. Or dov’è il suono
di que’ popoli antichi? or dov’è il grido
35 de’ nostri avi famosi, e il grande impero
di quella Roma, e l’armi, e il fragorio
che n’andò per la terra e l’oceàno?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
il mondo, e più di lor non si ragiona.
40 Nella mia prima età, quando s’aspetta
bramosamente il dì festivo, or poscia
ch’egli era spento, io doloroso, in veglia,
premea le piume; ed alla tarda notte
un canto che s’udia per li sentieri
45 lontanando morire a poco a poco,
già similmente mi stringeva il core.
Giacomo Leopardi, Canti, in Poesie e prose, vol. I, a cura di M.A. Rigoni, Mondadori, Milano 1987
A tu per tu con il testo
Nella modernità urbana, l’oscurità e il silenzio della notte sono pressoché scomparsi dalle nostre esperienze quotidiane: luci e rumori sono cresciuti al punto che, nelle città contemporanee, si parla addirittura di inquinamento, luminoso e sonoro. Nell’epoca della comunicazione immediata, inoltre, appare quasi insensato vagheggiare da lontano le azioni di colei o di colui che amiamo, visto che i social, gli status nelle chat, le notifiche degli amici ci informano quasi sempre su dove si trova e che cosa fa la persona che ci interessa. Allora, se il mondo è tanto mutato, perché parole pronunciate duecento anni fa ci toccano ancora così intimamente? Che cosa abbiamo ancora in comune con il ragazzo che le ha scritte? La poesia ci mostra che i sentimenti umani non mutano nel tempo: la sensibilità, che si accende davanti a un bel paesaggio; l’infelicità esistenziale, che ci isola dagli altri; l’ansia d’amore e di essere accettati… tutti i giovani hanno provato e provano ogni giorno queste cose. Per questo subentra in noi, durante la lettura di questi versi come di altri di Giacomo Leopardi, un senso di vicinanza e di familiarità per la fervida emotività che li anima: in essi, d’istinto, possiamo riconoscere, come in un variegato ritratto dell’anima, noi stessi e le nostre emozioni.
Analisi
Leopardi definiva questo e altri suoi componimenti come “idillio”: il termine, che viene dal greco antico, significa letteralmente “quadretto”, “piccola immagine” e tradizionalmente indicava una poesia di argomento agreste o pastorale. Leopardi rielabora questo genere classico in modo personale: egli offre infatti la rappresentazione del mondo esterno (per esempio, un elemento della natura) che viene cantato non per ciò che è oggettivamente, ma per il significato e per le risonanze che assume nell’animo del poeta mentre lo osserva.
Fin dai primi versi si apre innanzi a noi un panorama limpido e disteso, dove la luna (v. 3) delinea i profili delle cose e lo sguardo spazia di lontan (v. 3), nel silenzio più assoluto. È un’atmosfera di sospesa bellezza che, punteggiata qui e là da rare luci, o mossa dal solitario canto (v. 25) di un passante, comunica una serena suggestione. Ma tale visione è interrotta dal pensiero di una figura femminile, invocata con il possessivo mia (v. 4) e dunque implicitamente oggetto d’amore. Di fronte alla quiete del creato il giovane pensa alla ragazza che, tranquilla e inconsapevole della sua infatuazione, gli provoca nel petto (v. 10) un dolore acuto.
Non si tratta, però, di una comune pena d’amore adolescenziale: tanta sofferenza non è solo l’esito di un amore frustrato, e viene da più lontano. Con un’inattesa personificazione, infatti, la natura stessa, in seno alla quale tutto sembra placidamente riposare, prende la parola e condanna, con ingiustificata spietatezza, il poeta all’infelicità. Dietro il patimento amoroso c’è dunque la consapevolezza di un doloroso destino, e l’amarezza di un disinganno irrimediabile: per nulla materna, una natura capricciosa e ingiusta lo ha creato all’affanno (v. 14) e gli ha tolto anche la capacità di sperare. Il contrasto tra l’agevol sonno (v. 7) della ragazza e la tormentosa veglia (v. 42) dell’io lirico esprime efficacemente l’angoscia che l’uomo – ogni uomo – avverte quando, offeso o ferito dalla vita, ha l’impressione che niente o nessuno gli possa venire in aiuto.
Privi della sonorità delle rime e ricchi di enjambement, che spezzano suggestivamente le frasi, i versi dell’idillio comunicano una musicalità trattenuta e sospesa, come se Leopardi, parlando tra sé e sé, mormorasse sottovoce i suoi pensieri. La poesia, così, svincolata da schemi prefissati, può seguire l’espressione dell’io lirico che, osservando la realtà, oscilla continuamente tra percezione, emozione, immaginazione, riflessione. Protagonista è la vista che, nel chiarore della notte, vede tetti (v. 2), giardini, montagne e luci, rare ma ben visibili, all’interno delle case; ma anche l’udito, sollecitato dal solitario canto (v. 25) che infrange la tranquillità delle strade, silenziose nella notte.
Tutte le facoltà dell’io trovano voce nella lirica: ecco dunque l’immaginazione, con cui il poeta si raffigura, senza vederlo, il sonno dell’amata immaginandone perfino i sogni; ed ecco la memoria, là dove il poeta rievoca, con commiserazione, la sua infelice prima età (v. 40), constatando amaramente che per lui nulla è cambiato. Infine, nell’appassionato lirismo dei versi, c’è anche spazio per la voce della ragione, che detta le considerazioni sulla fuggevolezza della felicità e sulla labilità del ricordo.
Laboratorio sul testo
COMPRENDERE
1. Chi è il soggetto di mi disse (v. 15)?
2. Questo dì fu solenne: or da’ trastulli / prendi riposo (vv. 17-18). Da chi e a chi sono rivolte queste parole?
- a Dal poeta alla natura.
- b Dalla natura al poeta.
- c Dal poeta alla donna amata.
- d Dalla natura alla donna amata.
3. Che cosa significa e tutto posa / il mondo (vv. 38-39)?
- a Che tutto il mondo ora riposa.
- b Che il mondo appoggia su di sé ogni cosa.
- c Che tutte le cose si appoggiano sul mondo.
- d Che tutto fa riposare il mondo, indifferente alle sorti umane.
4. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
a) È una notte dolce e serena.
- V F
b) I paesani ritornano in gruppo cantando per le vie.
- V F
c) L’io lirico immagina di rivolgersi alla fanciulla amata.
- V F
d) Il poeta pensa che la natura lo abbia creato per soffrire.
- V F
e) La speranza è una grande risorsa morale per il poeta.
- V F
f) Il poeta crede di essere tra i ragazzi sognati dalla fanciulla.
- V F
g) Il poeta chiede mentalmente alla fanciulla quanto tempo gli resti da vivere.
- V F
h) Il poeta è disperato e infelice.
- V F
i) Il canto dell’artigiano muove nell’animo del poeta alcune riflessioni sulla temporaneità di tutte le cose umane.
- V F
j) Tutte le cose, anche le più gloriose, prima o poi scompaiono definitivamente.
- V F
k) Il poeta ricorda che, quando era bambino, la sua situazione era molto diversa e il dì di festa era portatore di autentica gioia nel suo cuore.
- V F
Analizzare e interpretare
5. Associa alle seguenti espressioni la figura retorica corrispondente.
- a) O donna mia
- b) tu dormi […] Tu dormi
- c) quanta piaga m’apristi in mezzo al petto
- d) mi getto, e grido, e fremo
- e) verde etate
- f) Ecco è fuggito / il dì festivo, ed al festivo il giorno / volgar succede
- g) Or dov’è il suono […] or dov’è il grido
- h) premea le piume
1) Metonimia. 2) Anafora. 3) Apostrofe. 4) Climax. 5) Chiasmo. 6) Metafora.
6. La poesia dà voce a diversi aspetti dell’interiorità del soggetto lirico: associa i frammenti di testo alle diverse facoltà che esprimono (ce ne sono due per ogni campo).
- a) Percezione
- b) Emozione
- c) Immaginazione
- d) Ricordo
- e) Ragionamento
1) la notturna lampa
2) tutto al mondo passa, / e quasi orma non lascia
3) mi getto, e grido, e fremo
4) non ti morde / cura nessuna
5) riede a tarda notte, / dopo i sollazzi, al suo povero ostello
6) Tutto è pace e silenzio
7) io doloroso, in veglia, / premea le piume
8) un canto che s’udia
9) Ahi
10) e se ne porta il tempo / ogni umano accidente
7. Rileggi i primi 10 versi e individua gli enjambement.
8. Quali figure metriche devi applicare per considerare il verso n. 1 un endecasillabo?
9. Perché l’accento su oceano, al v. 37, cade sulla “a”?
10. L’espressione Tu dormi (v. 11) quali caratteristiche della donna ti suggerisce?
Competenze linguistiche
11. Trova la parola moderna più adeguata per sostituire le parole antiche e letterarie presenti nel testo.
a) queta (v. 2)
b) onnipossente (v. 13)
c) speme (v. 14)
d) rimembra (v. 18)
e) chieggo (v. 21)
f) lunge (v. 25)
g) riede (v. 26)
h) poscia (v. 41)
i) premea (v. 43)
j) s’udia (v. 44)
Scrivere correttamente
12. Seguendo il senso e ignorando il ritmo, ristabilisci la punteggiatura degli ultimi versi della poesia.
Nella mia prima età quando s’aspetta bramosamente il dì festivo or poscia ch’egli era spento io doloroso in veglia premea le piume ed alla tarda notte un canto che s’udia per li sentieri lontanando morire a poco a poco già similmente mi stringeva il core.
13. Riscrivi, in italiano moderno e in terza persona, il passo citato nell’esercizio precedente. Comincia così: Il poeta, durante la sua infanzia…
14. All’inizio del componimento quale tipo di descrizione del paesaggio offre il poeta? Esso appare rasserenante o angosciante? In quale rapporto si pone tale raffigurazione con quanto l’autore afferma più avanti (dal v. 13 in poi) a proposito della natura? Esprimi il tuo punto di vista.
P@ROLE IN RETE
C’è una festività che ti è particolarmente gradita? Capodanno? Il 25 aprile? Una festa religiosa? Immagina che sia appena terminata: quali eventi della giornata meritano di essere ricordati? Che cosa ti ha lasciato questa giornata? Immagina di scrivere 50 parole in un blog che tieni per i tuoi amici.
La dolce fiamma - volume B
Poesia e teatro