La società che emerge da questi quadri di vita quotidiana è quella di un mondo aristocratico, nella quale la dimensione del lavoro affiora con maggiore incisività rispetto all’Iliade: Laerte, padre di Odisseo, ormai vecchio, si dedica alla cura del suo frutteto, le donne tessono e filano, la giovane Nausicaa va al fiume a lavare i panni con le ancelle. Rispetto all’Iliade, infatti, l’assetto politico e sociale è sensibilmente mutato: la regalità, molto indebolita, deve ora misurarsi con un’aristocrazia più agguerrita, che interviene spesso nelle decisioni, limitando di fatto i poteri del sovrano. Ne è una prova la condizione subalterna in cui viene a trovarsi Telemaco, erede di Odisseo, messo in seria difficoltà dagli altri aristocratici dell’isola.
Coerente con la rivalutazione del lavoro, inoltre, è l’apertura al mondo degli umili, verso i quali l’autore dimostra una notevole sensibilità umana e morale, impensabile nell’Iliade. Prova di questo è la figura di Eumeo, un semplice allevatore di maiali, che ospita con generosità Odisseo nelle vesti di mendicante, prima ancora di riconoscerne l’identità.
Al maggiore realismo dell’Odissea contribuisce, infine, il ruolo più autonomo delle figure femminili, emancipate dalla quasi esclusiva condizione di mogli o ancelle che avevano nell’Iliade: la regina dei Feaci Arete, Penelope, Calipso, Nausicaa, Circe, Euriclea incarnano diversi aspetti della femminilità in varie fasi della vita e in ambiti sociali differenziati.