Inizia così il resoconto delle disavventure dell’eroe. Partito da Troia con i suoi uomini, Odisseo era approdato dapprima nella terra dei Cìconi, popolo selvaggio stanziato in Tracia, poi in quella dei Lotòfagi, coltivatori del loto (fiore che provoca la perdita della memoria), e infine nelle isole dei Ciclopi, esseri giganteschi con un solo occhio in mezzo alla fronte. Imprigionato da Polifemo, figlio di Poseidone, era riuscito a liberarsi con uno stratagemma: fatto ubriacare il mostro, lo aveva accecato con un palo arroventato (▶ T5, p. 215), attirando in questo modo su di sé l’ira perenne del padre, dio del mare.
La meta successiva era stata la terra del dio dei venti Eolo, dal quale Odisseo aveva ricevuto un otre contenente i venti avversi alla navigazione e la raccomandazione di tenerlo chiuso. L’eroe racconta come i compagni, convinti che contenesse un tesoro, non avessero resistito alla tentazione di aprirlo, liberando in tal modo turbini violenti, causa di una tempesta e di un naufragio. Scampato al cannibalismo dei Lestrìgoni, Odisseo era approdato nell’isola di Eea, regno della maga Circe, che aveva trasformato i suoi compagni in maiali. Grazie all’aiuto di Ermes, egli era riuscito a resistere agli incantesimi della donna e aveva ottenuto che i compagni riacquistassero sembianze umane (▶ T6, p. 226).
Dopo un anno trascorso da Circe (libro X) Odisseo era disceso nell’Ade e qui aveva ricevuto dall’indovino Tiresia una profezia relativa al suo difficile rientro in patria e alla sua morte (▶ T7, p. 235). La visita nell’aldilà gli aveva concesso anche la possibilità di incontrare l’ombra della madre Anticlea e dei compagni Agamennone, Achille e Aiace, quest’ultimo ancora offeso per non aver ottenuto le armi di Achille, finite invece a Odisseo stesso. Tornato da Circe, aveva ricevuto altre istruzioni per proseguire il suo viaggio. Giunto in prossimità dell’isola delle Sirene, mostri che facevano naufragare i marinai con il loro canto ammaliante, l’eroe – dopo aver tappato le orecchie dei compagni con la cera – si era fatto legare all’albero della nave per resistere alle loro lusinghe, pur ascoltandole (▶ T8, p. 242).
Aveva superato, quindi, lo stretto abitato dai mostri marini Scilla e Cariddi ed era arrivato nell’isola di Trinacria. Qui aveva perso tutti i compagni perché avevano mangiato le vacche sacre al dio Sole, suscitando la sua ira e la sua tremenda vendetta. La tappa successiva del viaggio era stata l’isola di Calipso, Ogigia, dove Odisseo era arrivato ormai completamente solo.