T8 - Il duello tra Ettore e Achille (libro XXII, vv. 188-213, 224-363, 395-404)

T8

Il duello tra Ettore e Achille

  • Tratto da Iliade, libro XXII, vv. 188-213, 224-363, 395-404

Una volta recuperato il corpo di Patroclo, Achille ha bisogno di nuove armi, poiché le sue sono finite in mano a Ettore. Gliele prepara Efesto, di notte: tra queste, il celebre scudo di metallo, riccamente istoriato (libro XVIII). Costretto a riconciliarsi con Agamennone e a porre fine all’ira nei suoi confronti, Achille ottiene di nuovo Briseide e altri doni (libro XIX).

Nel frattempo Zeus consente agli dèi di partecipare alla battaglia, che riprende vigorosa: a favore dei Greci sono Era, Atena, Ermes, Poseidone ed Efesto, mentre i Troiani possono contare su Apollo, Ares, Artemide, Latona e Afrodite (libro XX). Il fiume Scamandro si solleva contro Achille, responsabile di averlo riempito di cadaveri, ma l’eroe viene salvato da Era ed Efesto (libro XXI). Mentre i Troiani si rifugiano entro le mura, Ettore ne rimane fuori, temendo di essere tacciato di viltà dai propri concittadini. Per tre volte compie il giro delle mura per sfuggire ad Achille, quando l’intervento di Zeus accelera il suo destino.

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Audiolettura

Il rapido Achille inseguiva Ettore incalzando implacabile.

Come quando il cane sui monti caccia un cerbiatto,

190 dopo averlo stanato, per forre e per valli;

se poi si nasconde infilandosi in mezzo a un cespuglio,

continua la corsa cercando le tracce, finché non lo trova:

Ettore così non sfuggiva al veloce Pelide.

Ogni volta che tentava d’accostarsi di scatto

195 alle porte Dardanie, sotto le solide torri,

se mai dall’alto coi dardi gli dessero aiuto,

anticipandolo tutte le volte lo ricacciava

verso la piana: volava sempre rasente alle mura.

Come non si riesce in sogno a prendere un fuggitivo,

200 non riesce l’uno a fuggire, l’altro a raggiungere,

Achille così non poteva prenderlo in corsa, l’altro scappare.

Ma Ettore come poteva sfuggire al destino di morte,

se Apollo per l’ultima volta ed estrema non si metteva

al suo fianco, non gli dava coraggio e forza di gambe?

205 Fece col capo Achille divino cenno ai compagni,

vietando loro di tirare su Ettore i dardi amari,

che nessuno colpitolo avesse quel vanto, e lui restasse il secondo.

Ma quando per la quarta volta giunsero alle due fonti,

afferrava allora il padre la bilancia d’oro, ci metteva entrambe

210 le sorti di morte funesta, l’una di Achille, l’altra di Ettore

domatore di cavalli, e l’alzò tenendola al centro:

il giorno segnato di Ettore inclinò verso il basso,

se n’andava a casa di Ade, Febo Apollo l’abbandonava.

Atena scende in campo

Incoraggiata dalla pesa delle sorti, sfavorevole a Ettore, la dea Atena scende sul campo e prima incoraggia Achille in vista dell’ultimo scontro, poi assume le sembianze di Deifobo, fratello di Ettore, per ingannare il troiano.

Così disse Atena, quello obbedì, e gioiva in cuor suo,

225 restò fermo appoggiandosi al frassino armato di bronzo.

La dea lo lasciò per raggiungere Ettore divino,

eguale in tutto a Deifobo, per fattezze e voce sicura;

stando a lui vicina, gli disse parole che volano:

«Caro, davvero ti affligge Achille veloce,

230 inseguendoti in corsa intorno alla città di Priamo:

dunque, su, resistiamo, respingiamolo a piè fermo!».

A lei a sua volta diceva il grande Ettore dall’elmo ondeggiante:

«Deifobo, a me sempre sei stato di molto il più caro

di tutti i fratelli, che Ecuba e Priamo dettero alla luce;

235 adesso anche di più so di doverti apprezzare,

perché per me hai osato, appena m’hai visto con i tuoi occhi,

lasciare le mura, mentre gli altri restano dentro».

A lui disse di rimando la dea dagli occhi azzurri, Atena:

«Caro, molto m’hanno pregato il padre e la nobile madre,

240 abbracciandomi a turno le ginocchia, e tutt’intorno gli amici,

di rimanere là dentro: a tal punto hanno tutti paura;

ma il mio cuore nel petto si consumava di pena struggente.

Adesso andiamo all’attacco e battiamoci, non ci sia

risparmio di lance, per vedere se Achille

245 dopo averci ammazzato riporti alle navi ricurve

le nostre spoglie insanguinate, o resti ucciso dalla tua lancia».

Atena, dicendo così, per meglio ingannarlo andò avanti;

quando poi furono a fronte, venutisi incontro,

all’altro diceva per primo il grande Ettore dall’elmo ondeggiante:

250 «Più non ti fuggirò, figlio di Peleo, come sono scappato tre volte

intorno alla grande città di Priamo, senza mai trovare il coraggio

d’affrontare il tuo assalto; ma ora il cuore mi ha spinto

a starti di fronte: ch’io ti uccida o sia ucciso da te.

Ma su, qui stesso invochiamo gli dèi; saranno loro

255 testimoni e garanti migliori dei nostri accordi:

non ti sfregerò malamente, nel caso che Zeus

dia a me la vittoria ed io ti tolga la vita;

ma dopo averti, Achille, predato le tue belle armi,

restituirò il morto agli Achei; tu fa’ altrettanto».

260 A lui, guardandolo storto, disse Achille, veloce nei piedi:

«Ettore, tu, maledetto, non parlarmi di accordi!

Come non esistono patti affidabili tra i leoni e gli uomini,

né possono lupi ed agnelli avere cuore concorde,

ma sempre gli uni degli altri vogliono il male,

265 così non possiamo tu ed io essere amici, né ci saranno

patti fra noi, prima che uno dei due caduto

sazi di sangue Ares, il guerriero armato di scudo.

Raccogli tutta la tua bravura: ora devi davvero

essere uomo di lancia e guerriero animoso.

270 Per te non c’è scampo ormai, ben presto Pallade Atena

t’abbatterà con la mia lancia; adesso pagherai tutti insieme

i lutti dei miei compagni, che hai ucciso infuriando con l’asta».

Disse, e palleggiando scagliò la sua lunga lancia;

la vide venire Ettore splendido e la schivò:

275 pronto si rannicchiò, e sopra passò la lancia di bronzo,

andò a piantarsi a terra; la raccolse Pallade Atena,

e la dette indietro ad Achille, di nascosto ad Ettore pastore di genti.

Ettore disse allora al Pelide perfetto:

«Hai fallito, non era vero, Achille simile a un dio,

280 che la mia morte sapevi da Zeus; eppure l’hai detto:

ma eri bravo a parlare, ingannavi con i discorsi,

perché per paura di te scordassi il valore e la forza.

Non potrai mentre fuggo piantarmi la lancia nel dorso,

ma trafiggimi il petto, mentre ti vengo incontro,

285 se te l’ha concesso un dio; ora schiva però la mia lancia

di bronzo: la prendessi tutta nel corpo!

Più leggera sarebbe la guerra ai Troiani

se tu fossi morto: sei per loro la pena più grande».

Disse, e palleggiando scagliò la sua lunga lancia,

290 lo scudo del Pelide colse nel centro, non sbagliò il colpo;

ma rimbalzò lontano dallo scudo la lancia; Ettore andò in furia

che a vuoto il dardo veloce gli fosse sfuggito di mano,

rimase confuso, non aveva altra lancia di frassino.

Chiamava Deifobo dal bianco scudo, gridando a voce spiegata:

295 gli chiedeva una lancia lunga; ma quello non gli era vicino;

Ettore allora comprese in cuor suo e disse:

«Ahimè, davvero gli dèi m’hanno invitato alla morte:

io credevo mi fosse vicino l’eroe Deifobo,

invece è dentro le mura ed Atena m’ha tratto in inganno.

300 M’è accanto ormai la morte funesta, non è più lontana,

e non c’è scampo: da un pezzo questo volevano

Zeus ed il figlio di Zeus, il Saettatore, che pure in passato

benigni mi proteggevano; ma adesso m’incalza il destino.

Che almeno non abbia a morire senza battermi e senza gloria,

305 ma compiendo qualcosa di grande, che si sappia anche in futuro!».

Detto così, sfoderò la spada affilata,

ch’era appesa al suo fianco, grande e pesante,

s’avventò, stretto in guardia, come aquila che vola in alto

e scende sulla pianura attraverso nuvole fosche

310 a ghermire tenero agnello o timida lepre:

Ettore venne all’assalto così, brandendo la spada affilata.

Gli andò incontro Achille, pieno di furia selvaggia

in cuor suo, davanti al petto tenendo lo scudo

bello, ben lavorato, e scuotendo l’elmo lucente

315 a quattro strati; ondeggiavano i bei crini d’oro,

che Efesto aveva applicati folti intorno alla cresta.

Come nel cuor della notte s’avanza tra gli astri la stella

di Espero, che nel cielo è l’astro più bello,

veniva luce così dalla punta aguzza dell’asta, che Achille

320 agitava nella sua destra, volendo la morte d’Ettore divino,

scrutando il suo bel corpo, dove più restasse scoperto.

In ogni altra parte gli coprivano il corpo le armi di bronzo,

belle, tolte di forza a Patroclo, dopo averlo ammazzato;

ma restava scoperto dove divide il collo dalle spalle la clavicola,

325 alla gola, dove la fuga della vita è più rapida:

lì lo colpì Achille divino con l’asta, mentre attaccava,

la punta passò parte a parte, attraverso il tenero collo;

ma il frassino armato di bronzo non tagliò la trachea,

affinché potesse parlargli, rispondendo alle sue parole.

330 Cadde nella polvere; Achille divino disse trionfante:

«Ettore, forse credevi, mentre toglievi le armi a Patroclo,

di farla franca, non avevi paura di me che ero lontano,

sciocco! Pur lontano da lui, guerriero molto più forte

in riserva alle navi ricurve restavo io,

335 che t’ho piegato i ginocchi: di te cani ed uccelli

faranno scempio, a lui sepoltura daranno gli Achei».

Stremato gli rispose Ettore dall’elmo ondeggiante:

«Per la vita ti prego, per le ginocchia, per i tuoi genitori,

non lasciare che i cani mi sbranino accanto alle navi degli Achei,

340 accetta invece a iosa il bronzo e l’oro,

i doni che ti faranno mio padre e la nobile madre,

ma da’ indietro il mio corpo alla mia casa, perché con il fuoco

mi onorino, quando sia morto, i Troiani e le loro donne».

A lui, guardandolo storto, disse Achille, veloce nei piedi:

345 «Non starmi, cane, a pregare per ginocchia e per genitori!

Mi bastassero animo e rabbia a sbranare e divorare

io stesso le tue carni crude, per quello che hai fatto,

come non c’è nessuno che possa al tuo corpo risparmiare i cani,

nemmeno se dieci, se venti volte il riscatto venissero

350 qui a portarmi, ed altro ancora ne promettessero,

nemmeno se desse ordine di pagarti a peso d’oro

Priamo Dardanide; nemmeno in quel caso la nobile madre

potrà piangerti steso sul letto, lei che t’ha partorito,

ma tutto intero ti mangeranno cani ed uccelli».

355 Gli rispondeva in punto di morte Ettore dall’elmo ondeggiante:

«Bene ti vedo, ben ti conosco, non era destino

che ti piegassi: è di metallo il tuo cuore nel petto.

Bada piuttosto ch’io non diventi per te vendetta divina

quel giorno nel quale Paride e Febo Apollo,

360 per quanto bravo, t’ammazzeranno alle Porte Scee».

Mentre così gli diceva, l’ora della morte l’avvolse,

l’anima volò via dalle membra e se ne scese nell’Ade,

rimpiangendo il proprio destino, lasciando la forza e la giovinezza.

L’ultimo oltraggio

Achille chiede ai Greci di continuare l’attacco contro la città, ma il pensiero del cadavere di Patroclo, ancora insepolto, lo spinge a tornare e a compiere l’ultimo oltraggio al corpo di Ettore.

395 Disse, e meditava un oltraggio contro Ettore divino.

Forò i tendini dietro l’uno e l’altro piede,

tra calcagno e malleolo, vi passò le cinghie di cuoio,

che poi legò al carro, lasciò penzolare la testa,

salito quindi sul carro e caricate le belle armi,

400 sferzò per farli partire, né contro voglia presero il volo.

Intorno a lui, trascinato, s’alzò un polverone; si sparsero

i capelli neri, era immersa tutta nella polvere

la testa poco prima bellissima: quel giorno Zeus ai nemici

concesse di farne scempio nella sua stessa terra nativa.


Omero, Iliade, libro XXII, vv. 188-213, 224-363, 395-404, trad. di G. Cerri, Rizzoli, Milano 2015

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A tu per tu con il testo

Il momento della resa dei conti rappresenta la massima soddisfazione per un guerriero, nel mondo greco e nella poesia epica di ogni civiltà. Lo scontro finale tra Ettore e Achille è, per questo, la scena di guerra più importante e spietata dell’Iliade e anche, per Achille, l’occasione della vendetta per la morte del carissimo Patroclo. I due eroi, i più forti tra gli eserciti che si scontrano a Troia, così diversi per indole, eppure costretti dalla guerra a un comune destino di odio e di lotta, si trovano finalmente soli sul campo di battaglia e si misurano in uno scontro memorabile, che non lascerà scampo al perdente e significherà gloria eterna per il vincitore.

Nel momento più teso e concentrato del poema, le parole di Ettore morente condensano il nucleo dell’eroismo antico: compiere qualcosa di grande per essere ricordati in futuro, in modo da avere dato un senso alla propria esistenza.

Analisi

Una lunga fuga attorno le mura, ripetuta ritualmente per tre volte, e l’intervento traditore della dea Atena ci preparano all’ultimo scontro tra Ettore e Achille. Prima che a decidere le sorti sia la spietatezza delle armi, infatti, dominano ancora sentimenti umani, soprattutto la paura di Ettore. La dilatazione dei tempi non corrisponde soltanto a una precisa tecnica, tesa ad aumentare la Spannung (il momento di massima tensione) della narrazione, ma è anche un grande segno di realismo: l’iniziale ritrosia di Ettore non è codardia, semmai dimostra un forte attaccamento alla vita e la sua vocazione agli affetti privati, che l’eroe aveva espresso nell’ultimo incontro con Andromaca e il figlioletto Astianatte (libro VI). Il guerriero, condannato a una morte precoce e gloriosa, testimonia così una debolezza che lo rende più simpatico e più umano.

Il passaggio alla fase successiva, pertanto, è deciso da Zeus, che all’inizio della quarta corsa attorno alle mura pesa le sorti di entrambi gli eroi: il giorno segnato di Ettore inclinò verso il basso, / se n’andava a casa di Ade, Febo Apollo l’abbandonava (vv. 212-213). L’esito del duello è così predeterminato: il figlio di Priamo dovrà andare incontro al proprio destino.

Il successivo intervento di Atena, infatti, teso a incoraggiare Achille prima dello scontro e a raggirare Ettore, che viene indotto a credere di avere accanto il fratello Deifobo (vv. 226-246), ha tutto il sapore di una congiura degli dèi contro il troiano. Rispetto all’ambiguità della dea, le parole di apprezzamento di Ettore verso il fratello colpiscono per la loro sincerità (Deifobo, a me sempre sei stato di molto il più caro / di tutti i fratelli, che Ecuba e Priamo dettero alla luce, vv. 233-234).

Nel momento in cui Ettore si decide ad affrontare la furia dell’avversario tanto temuto, si profila più chiaramente la contrapposizione tra un Achille feroce e implacabile (vv. 261-272) e la dolente complessità della personalità del troiano, alla descrizione della quale Omero riserva un’attenzione particolare. Il poeta delinea la parabola dei suoi stati d’animo facendo emergere, durante lo scontro decisivo, una graduale evoluzione dalla sicurezza manifestata in un primo momento (vv. 250-253) alla delusione di chi ha capito di non avere scampo: amaro disincanto e rassegnazione al destino, infatti, investono Ettore quando l’eroe si rende conto della propria solitudine e dell’inganno di Atena (M’è accanto ormai la morte funesta, non è più lontana, / e non c’è scampo, vv. 300-301).

Secondo un intelligente stratagemma narrativo Achille colpisce l’avversario al collo, lasciando intatta la trachea (vv. 324-329). Solo in questo modo tra i due potrà avvenire l’ultimo scambio di parole e l’eroe sconfitto riceverà l’onore che merita. L’orgoglio di Ettore si esprime, così, nel desiderio di una morte gloriosa e nella preoccupazione che il suo corpo possa ottenere gli onori funebri da parte dei genitori e dei concittadini (Per la vita ti prego, per le ginocchia, per i tuoi genitori, / non lasciare che i cani mi sbranino accanto alle navi degli Achei, / accetta invece a iosa il bronzo e l’oro, / i doni che ti faranno mio padre e la nobile madre, / ma da’ indietro il mio corpo alla mia casa, perché con il fuoco / mi onorino, quando sia morto, i Troiani e le loro donne, vv. 338-343). La risposta di Achille, tuttavia, non ammette sconti al suo desiderio di vendetta (vv. 345-354): Patroclo avrà solenni esequie, mentre il suo uccisore sarà pasto di cani e uccelli, la fine peggiore per un eroe, sottratto agli onori estremi dei funerali.

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Gli eroi condividono lo stesso codice di comportamento, essendo mossi dalla timé, dall’onore, l’uno per vendicare Patroclo, l’altro per difendere la propria città. Ettore, per esempio, ormai consapevole del destino di morte imminente, afferma lucidamente di inseguire la fama presso le generazioni future (Che almeno non abbia a morire senza battermi e senza gloria, / ma compiendo qualcosa di grande, che si sappia anche in futuro!, vv. 304-305), la stessa fama ricercata da Achille.

Eppure i due personaggi restano agli antipodi. Achille si fa dominare dall’ira e dalla sete di vendetta: non solo si rifiuta di venire a patti con il nemico, ma ne oltraggia senza ritegno il corpo, trascinandolo sul campo davanti alle mura (Forò i tendini dietro l’uno e l’altro piede, / tra calcagno e malleolo, vi passò le cinghie di cuoio, / che poi legò al carro, lasciò penzolare la testa, / salito quindi sul carro e caricate le belle armi, / sferzò per farli partire, né contro voglia presero il volo. / Intorno a lui, trascinato, s’alzò un polverone; si sparsero / i capelli neri, era immersa tutta nella polvere / la testa poco prima bellissima, vv. 396-403). Ettore, invece, cerca fino all’ultimo di porre dei limiti alla violenza e di stabilire regole condivise con l’avversario, a tutela dell’onore di entrambi.

Le sue ultime parole (vv. 356-360) serviranno a compensare l’eccesso della rabbia di Achille, profetizzandogli la morte per mano di Paride e Apollo, in un futuro non lontano, alle porte Scee. Il motivo della predizione indirizzata dallo sconfitto al vincitore non è nuovo: era già contenuto nelle parole rivolte a Ettore da Patroclo morente (libro XVI). Del resto anche se la fine di Achille non è trattata nell’Iliade, costituiva argomento ben noto al pubblico dell’epoca, che la conosceva dagli altri poemi del ciclo troiano.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. In che modo Zeus interviene nel duello?


2. Per quale motivo Ettore decide di porre fine alla fuga e di affrontare l’avversario?


3. Che cosa propone Ettore ad Achille prima di iniziare lo scontro?

  • a Di impegnarsi reciprocamente a restituire il corpo dell’avversario sconfitto.
  • b Di rimandare lo scontro a un momento più favorevole.
  • c Di invocare gli dèi perché siano imparziali.
  • d Di limitarsi all’uso della spada.

4. Chi scaglia la lancia per primo? Con quale esito?


5. Quando Ettore si rende conto del tradimento della dea?


6. Che cosa chiede ad Achille Ettore, già colpito mortalmente?


7. Che cosa predice Ettore morente ad Achille?

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ANALIZZARE E INTERPRETARE

8. Quale significato assume, secondo te, la proposta fatta da Ettore ad Achille prima del duello?


9. Per quale motivo Achille è particolarmente spietato nelle risposte rivolte a Ettore?


10. Che cosa implica l’intervento di Atena a favore di Achille?

  • a Senza l’agire divino i due eroi sono di pari valore.
  • b Il vero valore è degli dèi, gli eroi non sono autosufficienti.
  • c Achille in realtà è codardo.
  • d Ettore è troppo ingenuo per vincere Achille.


11. Il testo è molto ricco di similitudini. Individuale e indica a quale area semantica rimandano e per quale motivo, secondo te.

COMPETENZE LINGUISTICHE

12. Storia della lingua. Nel brano si fa ricorso più volte al verbo ammazzare, formato a partire dalla parola mazza e dalla preposizione a(d), il cui significato originario doveva essere pertanto “colpire, uccidere con la mazza”. Anche il suo sinonimo assassinare ha una storia interessante: assassino deriva da una parola araba che significa “fumatore di hashish”. Erano chiamati così i membri di una setta musulmana nata in Persia nel Medioevo, che si drogavano prima di compiere azioni omicide in Siria e Palestina.

Quale/i altro/i verbo/i conosci, sinonimo/i di ammazzare e assassinare? Quali differenze di significato e di registro noti tra i vari sinonimi?


13. Storia della lingua. La locuzione farla franca (v. 332), che significa “uscire senza danno da un’azione illecita”, trae origine da un’accezione sviluppata dall’aggettivo franco nel Medioevo, quando in ambito burocratico-commerciale passò a significare “libero”, “esente da imposta”. La più antica attestazione della locuzione con il verbo fare fa riferimento alla decisione presa dalla città di Firenze di non far pagare le tasse ai mercanti stranieri in occasione della festa di san Giovanni, il 24 giugno dell’anno 1322. Scrivi cinque frasi usando questa espressione colloquiale, cercando il più possibile di riprodurne gli effettivi ambiti d’uso.

PRODURRE

14. Scrivere per raccontare Immagina quale esito diverso avrebbe avuto il duello se non fosse intervenuta Atena a favore di Achille. Scrivi un testo narrativo (massimo 20 righe) in cui cerchi di ricreare un duello non alterato dall’agire degli dèi. Chi avrebbe vinto?

SPUNTI DI RICERCA interdisciplinare

Storia

Ettore propone ad Achille un accordo (non straziare il corpo del vinto e restituirlo alla famiglia) che lascia intuire l’importanza dei riti funebri presso gli antichi Greci. Per quale motivo era ritenuto molto grave il fatto che un defunto non potesse ricevere una degna sepoltura?

Rispondi a questo interrogativo anche con l’aiuto dell’insegnante di Storia.

SPUNTI PER discutere IN CLASSE

Fino ai primi decenni del Novecento era ancora possibile apprendere la notizia della morte di qualcuno ucciso in un duello. La pratica del duello tra due uomini, in Italia vietata per legge nel 1930, affonda le sue radici in epoche in cui era necessario ottenere per ogni affronto quella che si chiamava soddisfazione. Alla base vi era, esattamente come nell’epica omerica, il concetto di onore. In che misura è importante difendere l’onore? Come si concilia la cultura della non violenza con il concetto di onore? Discutine in classe con i compagni.

La dolce fiamma - volume C
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