T6 - Fenice, il maestro di un eroe (libro IX, vv. 432-501)

T6

Fenice, il maestro di un eroe

  • Tratto da Iliade, libro IX, vv. 432-501

Preoccupati per le ingenti perdite, i capi dei Greci tengono un consiglio e decidono, su proposta di Nestore, di inviare un’ambasceria ad Achille per convincerlo a tornare in battaglia. Ne fanno parte Odisseo, Aiace Telamonio e Fenice, il vecchio tutore dell’eroe. I tre si recano alla tenda di Achille non a mani vuote. Agamennone, infatti, è disposto anche a cedere Briseide, oltre a una serie di altre generose ricompense, pur di ottenere il ritorno in battaglia del più forte dei Greci. All’arrivo dell’ambasceria, Achille si trova nella tenda, impegnato a suonare la cetra. Dopo l’ospitalità di rito che si conviene tra eroi e il discorso di Odisseo, per ultimo prende la parola il vecchio Fenice.

Finalmente Fenice parlò, il vecchio guidatore di carri,

scoppiando in lacrime; troppo temeva per le navi achee.

«Achille glorioso, se il ritorno davvero ti sei messo nel cuore,

435 e dalle rapide navi non vuoi tener lontano

il fuoco distruttore, perché l’ira ti cadde nell’animo,

come senza di te, caro figlio, potrò rimanere

abbandonato? Peleo, il vecchio guidatore di carri, con te mi mandò

il giorno che da Ftia t’inviò in aiuto a Agamennone,

440 fanciullo, che non sapevi ancora la guerra crudele,

non i consigli, dove gli uomini nobilmente si affermano.

E mi mandò per questo, perché te li apprendessi,

e buon parlatore tu fossi e operatore di opere.

Così, figlio caro, senza te certo io non vorrei

445 rimanere, neppure se il dio di sua bocca mi promettesse,

spogliata la vecchiaia, di farmi giovinetto,

come allora che prima lasciai l’Ellade belle donne,

fuggendo la lotta col padre, Amintore Ormenìde,

che s’adirò con me per l’amante capelli leggiadri.

450 Egli amava costei e trascurava la sposa,

la madre mia. E questa sempre a supplicarmi in ginocchio

d’unirmi prima all’amante, perché ella odiasse il vecchio.

E obbedii, così feci; ma il padre mio capì subito,

molto mi maledisse, l’Erinni odiose invocò:

455 mai sulle ginocchia dovesse posare un bambino

nato da me! Compirono quella maledizione gli dèi,

Zeus infero e la tremenda Persefone.

(Allora col bronzo acuto volli ammazzarlo

ma un qualche dio calmò la mia collera e in cuore

460 mi pose la voce del popolo, il grave disprezzo degli uomini,

non mi facesse chiamare in mezzo agli Achei parricida).

Però il cuore in petto non poté più sopportare

di vivere nel palazzo del padre mio corrucciato.

Pure i parenti, e i compagni, standomi molto intorno

465 con preghiere cercavano di trattenermi a casa;

e molti forti montoni e buoi zampe curve, corna ritorte

uccidevano, e molti porci fiorenti di grasso

arrostivano stesi nella fiamma d’Efesto,

molto vino bevuto dagli otri del vecchio.

470 Nove notti dormirono stesi intorno a me, a circondarmi,

a turno facevan la guardia, mai si spegneva

il fuoco, uno sotto il portico del cortile ben chiuso,

un altro nel vestibolo, davanti alle porte del talamo.

Quando però la decima notte scese a me tenebrosa,

475 io allora, le porte del talamo, chiuse e sicure,

spezzai, venni fuori, saltai la cinta del cortile

facilmente sfuggendo ai custodi e alle schiave.

E poi fuggii lontano, per l’Ellade vasta contrada,

e venni a Ftia fertile zolla, madre di greggi,

480 presso il sire Peleo; ed egli m’accolse benigno,

m’amò, così come un padre amerebbe un suo figlio,

l’unico, sua tenerezza, erede di molte dovizie.

Egli mi fece ricco, mi diede molte genti;

vivevo in fondo alla Ftia, regnando sui Dolopi.

485 Io ti ho fatto quale tu sei, Achille simile ai numi,

ché t’amavo di cuore; e tu non volevi con altri

né andare ai banchetti né mangiar nella casa,

senza ch’io ti ponessi sopra le mie ginocchia

e ti nutrissi di carne, tagliandola, ti dessi del vino.

490 E tu spesso la tunica mi bagnasti sul petto,

risputandolo, il vino, nell’infanzia difficile!

Così ho sofferto per te molte cose, molto ho penato,

pensando questo, che i numi non davano vita a mio seme

nato da me; di te, Achille, simile ai numi, un figlio facevo,

495 perché tu un giorno tenessi lontano da me l’oltraggiosa sventura.

Ma doma, Achille, il cuore magnanimo; non ti conviene

aver petto spietato; si piegano anche gli dèi,

dei quali certo maggiore è la forza e l’onore e il potere.

Eppure con sacrifici, con amabili suppliche,

500 con libagioni, con fumo, li piegano gli uomini,

scongiurandoli, se mai qualcuno sbaglia o devia».


Omero, Iliade, libro IX, vv. 432-501, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino 2005

 >> pagina 143 

A tu per tu con il testo

Da piccolo Achille non doveva essere un esempio di educazione. C’è da dire che non poteva distrarsi con un fumetto o un videogioco… Su che tipo di divertimenti potevano contare i bambini della Grecia arcaica? Anche allora l’infanzia aveva i propri giocattoli e i propri capricci, come quelli del piccolo Achille, incapace di separarsi dal proprio precettore. La mitologia, poi, offriva un repertorio di storie che non ha nulla da invidiare a quello dei bambini e adolescenti di oggi.

La storia di Achille e Fenice riporta così alla mente gli affetti intramontabili dell’infanzia, spesso legati a figure di babysitter, governanti, tate e precettori come l’indimenticabile Mary Poppins o la divertentissima Mrs Doubtfire. Figure, queste, fondamentali nel percorso di formazione di uomini comuni ma anche – evidentemente – di giovani eroi come Achille, bisognosi di avere accanto chi insegna la difficile arte dello stare al mondo.

 >> pagina 144

Analisi

L’Iliade non è solo il poema della guerra: lo spazio assegnato ai discorsi pronunciati dagli dèi e dagli eroi non è meno importante di quello dedicato agli scontri sul campo di battaglia.

Il discorso di Fenice è attentamente studiato al fine di muovere Achille a compassione e spingerlo a tornare in battaglia: si tratta di una forma di captatio benevolentiae, una tecnica retorica che serve a predisporre favorevolmente l’attenzione del lettore o dell’interlocutore. A tal fine l’anziano precettore prende le mosse dal ricordo del tempo in cui Achille ancora non aveva imparato l’arte della guerra (non sapevi ancora la guerra crudele, v. 440) e Fenice era per lui maestro dell’arte del parlare bene (v. 443).

Il vecchio Fenice tocca nella sua orazione le corde degli affetti: dichiara che non potrebbe rimanere a Troia senza Achille e richiama alla memoria di entrambi il tempo difficile in cui egli dovette lasciare il padre Amintore per essersi unito con la sua amante (vv. 474-477). Lo scontro con il genitore era stato allora così violento che Fenice aveva rischiato di ucciderlo e, nonostante i parenti avessero tentato di trattenerlo, aveva deciso di eludere la sorveglianza dei servi e di fuggire. Allora Peleo, il padre di Achille, lo aveva accolto come un figlio (vv. 478-484) e gli aveva affidato l’educazione del bambino (Io ti ho fatto quale tu sei, Achille simile ai numi / ché t’amavo di cuore, vv. 485-486, rivendica Fenice). Tra Achille e il suo precettore si era instaurato subito un rapporto di affetto e complicità, tanto che Achille non riusciva a separarsene, neppure in occasione di pasti e banchetti (vv. 486-491).

Un poema epico come l’Iliade, dedicato soprattutto al tema della guerra, offre così una pagina di delicati quadretti di vita domestica, come il taglio della carne per l’eroe bambino e le macchie di vino sputato dal piccolo sul petto di Fenice (vv. 489-491): il “realismo” omerico consiste anche nella narrazione di questi aneddoti.

Ma a nulla servono gli sforzi dialettici del precettore. L’appello finale (vv. 492-501) per il momento cade nel vuoto: Achille sembra inamovibile, deciso a non riconciliarsi con Agamennone e a non scendere in combattimento.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Ordina cronologicamente i seguenti eventi della vita di Fenice numerandoli da 1 a 5.

  • Fenice lascia la casa del padre e vaga in Grecia.
  • Fenice è accolto da Peleo.
  • Fenice si unisce all’amante del padre su esortazione della madre.
  • Amintore maledice Fenice.
  • Peleo affida a Fenice l’educazione di Achille.


2. In che cosa consiste la maledizione del padre di Fenice a danno del figlio?

  • a Vagare per la Grecia senza meta.
  • b Non poter avere figli.
  • c Morire giovane senza gloria.
  • d Morire nella guerra di Troia.


3. Con quale argomento finale Fenice cerca di far desistere Achille dall’ira?

ANALIZZARE E INTERPRETARE

4. Perché Fenice scoppia in lacrime appena prende la parola? Quale valore aggiungono il pianto e la commozione al suo discorso?


5. Che cosa trattiene Fenice dal commettere omicidio contro il padre? Individua nel brano i modi in cui opera la «civiltà di vergogna» e motiva la tua scelta.


6. In quali momenti si esprime maggiormente l’affetto e la complicità di Fenice con Achille? Individuali nel testo.


7. Quali epiteti usa Fenice in riferimento ad Achille? A quale caratteristica del personaggio alludono?

  • a Alla grandezza d’animo.
  • b Alla spietatezza.
  • c All’eccellenza nella corsa.
  • d All’empietà.


Per quale motivo Fenice predilige questa caratterizzazione dell’eroe?

 >> pagina 145 

COMPETENZE LINGUISTICHE

8. Coordinazione e subordinazione. Il polisindeto. Nei vv. 497-498 (si piegano anche gli dèi, / dei quali certo maggiore è la forza e l’onore e il potere) si osserva la ripetizione della congiunzione copulativa “e” (e l’onore e il potere) per collegare due sinonimi attribuendo loro la medesima importanza. La ripetizione di congiunzioni a fini espressivi, tra parole che formano una serie o tra proposizioni che formano un periodo, è detta polisindeto. Secondo te, che effetto produce il polisindeto a livello stilistico?

PRODURRE

9. Scrivere per raccontare Fenice non è certo l’unico giovane a fuggire dalla casa dei genitori a causa di contrasti con la propria famiglia. Quali pensieri agitano la mente di un ragazzo che compie questa scelta? In che modo possono essere risolti i problemi evitando eventi traumatici come la fuga? Immagina di scrivere una lettera indirizzata da un figlio al padre per comunicargli il proprio disagio (massimo 20 righe).


10. Scrivere per argomentare La storia di Fenice è interessante non solo per la tenerezza dei ricordi evocati, ma anche per il modo in cui è descritto il rapporto tra padre, madre e figlio. Fenice non va d’accordo con il padre Amintore, mentre con la madre sembra esserci un’intesa.

Che cosa caratterizza il rapporto tra un padre e il proprio figlio? In quale misura è diverso il loro rapporto da quello che lega un figlio alla madre? Scrivi un testo argomentativo mettendo in luce questi aspetti (massimo 20 righe).

SPUNTI PER discutere IN CLASSE

Gli eroi greci dell’Iliade a volte sembrano incarnare l’emotività e la suscettibilità di bambini non troppo cresciuti. Per esempio Achille, in questo frangente, non vuole abbandonare la sua posizione per principio, nonostante il commovente appello di Fenice e l’accettazione, da parte di Agamennone, delle condizioni da lui richieste nel libro I.

Rifletti e discuti in classe sui motivi della grandezza di Achille e sui suoi limiti.

La dolce fiamma - volume C
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