T4 - L’incontro di Ettore e Andromaca (libro VI, vv. 392-502)

T4

L’incontro di Ettore e Andromaca

  • Tratto da Iliade, libro VI, vv. 392-502

Il libro VI è uno dei più belli dell’Iliade: dopo la pagina dell’incontro tra Glauco e Diomede e la considerazione sulla precarietà della condizione umana, l’attenzione torna a Ettore e alla dimensione familiare. Seguendo l’esortazione del fratello Eleno, l’eroe incontra la madre Ecuba e, subito dopo, decide di salutare la moglie Andromaca e il figlioletto Astianatte. Non li trova in casa, perché sono andati sulle mura, preoccupati per la sua sorte. Il celebre incontro tra Ettore, la moglie e il figlioletto avviene quindi presso le porte Scee, uno degli ingressi della città di Troia.

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Audiolettura

E quando, attraversata la gran città, giunse alle porte

Scee, da cui doveva uscir nella piana,

qui la sposa ricchi doni gli venne incontro correndo,

395 Andromaca, figliuola d’Eezìone magnanimo,

Eezìone, che sotto il Placo selvoso abitava

Tebe Ipoplacia, signore di genti cilice;

la sua figlia appartiene ad Ettore elmo di bronzo.

Dunque gli venne incontro, e con lei andava l’ancella,

400 portando in braccio il bimbo, cuore ingenuo, piccino,

il figlio d’Ettore amato, simile a una vaga stella.

Ettore lo chiamava Scamandrio, ma gli altri

Astianatte, perché Ettore salvava Ilio lui solo.

Egli guardando il bambino, sorrise in silenzio:

405 ma Andromaca gli si fece vicino piangendo,

e gli prese la mano, disse parole, parlò così:

«Misero, il tuo coraggio t’ucciderà, tu non hai compassione

del figlio così piccino, di me sciagurata che vedova presto

sarò, presto t’uccideranno gli Achei,

410 balzandoti contro tutti: oh, meglio per me

scendere sotto terra, priva di te; perché nessun’altra

dolcezza, se tu soccombi al destino, avrò mai,

solo pene! il padre non l’ho, non ho la nobile madre.

Il padre mio Achille glorioso l’ha ucciso,

415 e la città ben fatta dei Cilici ha atterrato,

Tebe alte porte; egli uccise Eezìone,

ma non lo spogliò, ché n’ebbe tema in cuore;

e lo fece bruciare con le sue armi belle,

e gli versò la terra del tumulo sopra; piantarono olmi intorno

420 le ninfe montane, figlie di Zeus egìoco.

Erano sette i miei fratelli dentro il palazzo:

ed essi tutti in un giorno scesero all’Ade di freccia,

tutti li uccise Achille glorioso rapido piede,

accanto ai buoi gambe storte, alle pecore candide.

425 La madre – che regnava sotto il Placo selvoso –

poi che qui la condusse con tutte le ricchezze,

la liberò, accettando infinito riscatto,

ma là in casa del padre, la colpì Artemide arciera.

Ettore, tu sei per me padre e nobile madre

430 e fratello, tu sei il mio sposo fiorente;

ah, dunque abbi pietà, rimani qui sulla torre,

non fare orfano il figlio, vedova la sposa;

ferma l’esercito presso il caprifico, là dove è molto

facile assalir la città, più accessibile il muro;

435 per tre volte venendo in questo luogo l’hanno tentato i migliori

compagni dei due Aiaci, di Idomeneo famoso,

compagni degli Atridi, del forte figlio di Tideo:

o l’abbia detto loro chi ben conosce i responsi,

oppure ve li spinga l’animo stesso e li guidi!»

440 E allora Ettore grande, elmo abbagliante, le disse:

«Donna, anch’io, sì, penso a tutto questo; ma ho troppo

rossore dei Teucri, delle Troiane dal lungo peplo,

se resto come un vile lontano dalla guerra.

Né lo vuole il mio cuore, perché ho appreso ad esser forte

445 sempre, a combattere in mezzo ai primi Troiani,

al padre procurando grande gloria e a me stesso.

Io lo so bene questo dentro l’anima e il cuore:

giorno verrà che Ilio sacra perisca,

e Priamo, e la gente di Priamo buona lancia:

450 ma non tanto dolore io ne avrò per i Teucri,

non per la stessa Ecuba, non per il sire Priamo,

e non per i fratelli, che molti e gagliardi

cadranno nella polvere per mano dei nemici,

quanto per te, che qualche Acheo dal chitone di bronzo

455 trascinerà via piangente, libero giorno togliendoti:

allora, vivendo in Argo, dovrai per altra tessere tela,

e portar acqua di Messeide o Iperea,

costretta a tutto: grave destino sarà su di te.

E dirà qualcuno che ti vedrà lacrimosa:

460 “Ecco la sposa di Ettore, che era il più forte a combattere

fra i Troiani domatori di cavalli, quando lottavan per Ilio!”.

Così dirà allora qualcuno; sarà strazio nuovo per te,

priva dell’uomo che schiavo giorno avrebbe potuto tenerti lontano.

Morto però m’imprigioni la terra su me riversata,

465 prima ch’io le tue grida, il tuo rapimento conosca!»

E dicendo così, tese al figlio le braccia Ettore illustre:

ma indietro il bambino, sul petto della bàlia dalla bella cintura

si piegò con un grido, atterrìto all’aspetto del padre,

spaventato dal bronzo e dal cimiero chiomato,

470 che vedeva ondeggiare terribile in cima all’elmo.

Sorrise il caro padre e la nobile madre,

e subito Ettore illustre si tolse l’elmo di testa,

e lo posò scintillante per terra;

e poi baciò il caro figlio, lo sollevò fra le braccia

475 e disse, supplicando a Zeus e agli altri numi:

«Zeus, e voi numi tutti, fate che cresca questo

mio figlio, così com’io sono, distinto fra i Teucri,

così gagliardo di forze, e regni su Ilio sovrano;

e un giorno dirà qualcuno: “È molto più forte del padre!”

480 quando verrà dalla lotta. Porti egli le spoglie cruente

del nemico abbattuto, goda in cuore la madre!»

Dopo che disse così, mise in braccio alla sposa

il figlio suo; ed ella lo strinse al seno odoroso,

sorridendo fra il pianto; s’intenerì lo sposo a guardarla,

485 l’accarezzò con la mano, le disse parole, parlò così:

«Misera, non t’affliggere troppo nel cuore!

nessuno contro il destino potrà gettarmi nell’Ade;

ma la Moira, ti dico, non c’è uomo che possa evitarla,

sia valoroso o vile, dal momento ch’è nato.

490 Su, torna a casa, e pensa all’opere tue,

telaio e fuso; e alle ancelle comanda

di badare al lavoro; alla guerra penseran gli uomini

tutti e io sopra tutti, quanti nacquero ad Ilio».

Parlando così, Ettore illustre riprese l’elmo

495 chiomato; si mosse la sposa sua verso casa,

ma voltandosi indietro, versando molte lacrime;

e quando giunse alla comoda casa

d’Ettore massacratore, trovò dentro le molte

ancelle, e ad esse tutte provocò il pianto:

500 piangevano Ettore ancor vivo nella sua casa,

non speravano più che indietro dalla battaglia

sarebbe tornato, sfuggendo alle mani, al furore dei Danai.


Omero, Iliade, libro VI, vv. 392-502, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino 2005

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A tu per tu con il testo

Non c’è incontro più toccante di quello di Ettore con la moglie Andromaca nel libro VI dell’Iliade, né separazione più netta dei ruoli tra uomo e donna come quella che traspare dalle parole dell’eroe troiano, rassegnato a compiere fino all’ultimo il suo dovere verso la patria. Tutti vorremmo che Ettore cedesse alla richiesta di Andromaca di non andare incontro alla morte e potesse curare gli affetti familiari, l’amore, il figlioletto, la felicità domestica. Una legge non scritta, però, impone all’eroe di combattere, non solo per contribuire alla salvezza della patria, e sperare quindi di poter tornare per sempre alla propria famiglia, ma anche per salvare il proprio onore davanti ai Troiani. La guerra è, infatti, un motivo di onore, ben più rilevante di ogni altro valore.

Ettore insegna, così, l’importanza della fede assoluta in una causa, ma anche il prezzo assurdo che essa comporta: anche in questo possiamo cogliere il senso dell’eroismo che anima il mondo antico.

Analisi

I clamori della battaglia, le gesta degli eroi, le morti dei guerrieri sono sullo sfondo: la scena è ora dominata dal colloquio intimo tra due giovani sposi, angosciati dal futuro che li attende e dalla sinistra percezione della rovina incombente.

In preda all’ansia, portando con sé un’ancella e il figlio, Andromaca si appella subito ai diritti della famiglia e dell’affetto privato ricordando al marito Ettore i gravi lutti che lei ha già dovuto subire: cosciente del futuro di schiavitù che la attende se resterà vedova, la donna afferma di essere disposta a morire piuttosto che affrontare la solitudine e la privazione della libertà (oh, meglio per me / scendere sotto terra, priva di te; perché nessun’altra / dolcezza, se tu soccombi al destino, avrò mai / solo pene!, vv. 410-413). In alcuni versi destinati a divenire immortali (vv. 429-430) Andromaca descrive il ruolo che Ettore ha nella sua vita, ben più che un semplice marito, avendo lei già perso il padre, la madre e i fratelli: egli rappresenta il suo unico punto di riferimento, la sola persona al mondo che provveda a lei e la protegga dopo la morte dei genitori.

D’altra parte la donna non chiede all’eroe di ritirarsi vilmente dalla guerra, bensì di combattere vicino al fico selvatico, un luogo che gli permetterebbe facilmente di riparare in città, senza avventurarsi altrove. Solo così Ettore potrebbe salvaguardare il futuro del figlioletto, che altrimenti rischia di rimanere orfano e affrontare grandi difficoltà senza l’aiuto paterno.

La risposta di Ettore (vv. 441-465), nella seconda parte del brano, fa riferimento a un codice etico diverso: a determinare la sua ostinazione a combattere fino alla morte sono il rispetto del ruolo assegnatogli dalla comunità a cui appartiene, il timore di passare per vile e la reputazione di combattente intrepido e valoroso (vv. 441-446).

L’uomo e il guerriero non possono andare d’accordo: anche se il primo teme per la sorte della moglie, avendo per di più il chiaro presentimento della caduta imminente di Troia e del doloroso destino che attende la sua famiglia, il secondo non può fare a meno di obbedire ai canoni di quella che gli antropologi hanno definito «civiltà di vergogna», secondo cui la considerazione sociale conta più della coscienza individuale e di ogni esigenza personale o privata: sottrarsi al proprio dovere significa perdere la propria autostima ed essere condannati dalla collettività al biasimo e all’emarginazione.

Tuttavia il senso del dovere dell’eroe non cancella la tenerezza affettuosa e la dolcezza struggente dell’uomo, il quale non nasconde che il suo primo pensiero andrà sempre alla moglie e al figlio, ai suoi affetti più stretti, il giorno in cui Andromaca dovesse lavorare come schiava in qualche città greca. Al piccolo Astianatte Ettore augura persino di essere più forte di lui (v. 479), dimostrando così la non comune generosità del padre, che non teme di essere superato un giorno dal figlio in forza e coraggio.

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Il contesto è tra i più alti e solenni dell’epica greca: la guerra, l’amore, la donna, la famiglia impongono un registro segnato da passioni contrapposte, in cui prevale – fatto inusuale per l’Iliade, così solitamente vibrante dei rumori della battaglia e dello stridore delle armi – il tono sentimentale di una scena domestica, resa drammatica dall’accettazione del destino. Ettore e Andromaca, per esempio, si compatiscono reciprocamente, definendosi miseri, perché sventurati (vv. 407 e 486). Rispetto agli altri eroi del poema, tuttavia, Ettore dimostra una comprensione maggiore dei sentimenti femminili e una spiccata delicatezza (vv. 484-485): ciò gli deriva anche dalla lucidità, che lo porta a prevedere la sorte di Troia e la propria fine personale, come si vede dalle prolessi (cioè l’anticipazione di eventi posteriori al tempo della narrazione) dei vv. 447-448 (Io lo so bene questo dentro l’anima e il cuore: / giorno verrà che Ilio sacra perisca) e dei vv. 487-488 (nessuno contro il destino potrà gettarmi nell’Ade; / ma la Moira, ti dico, non c’è uomo che possa evitarla).

Pur nel quadro di una società arcaica, Omero riesce così a rendere la psicologia di una famiglia, costretta a misurarsi quotidianamente con il pericolo e il timore della morte, della deportazione e della schiavitù. Anche per questo avverte il bisogno di stemperare la forte tensione emotiva che percorre le parole della coppia, esemplari di un discorso d’addio, attraverso un intermezzo affettuoso più dolce, una sorta di pausa emotiva, stilisticamente raffinatissima. Lo fa attraverso il sorriso complice, quello che solo un padre e una madre possono scambiarsi, di fronte al timore del loro bambino, atterrito dall’elmo di Ettore perché decorato con crini di cavallo (vv. 466-475). Si tratta dell’unico momento di distensione degli animi, prima che Ettore ritorni sulle sue posizioni e ricordi alla donna la sua funzione nella società (vv. 490-492).

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Che cosa chiede Andromaca al marito?


2. Quale stratagemma militare consiglia Andromaca a Ettore?


3. Come reagisce Astianatte alla vista del padre

ANALIZZARE E INTERPRETARE

4. Il brano contiene una previsione negativa del futuro di Troia e di Ettore e Andromaca (prolessi), ma anche un flashback (o analessi) nelle parole di Andromaca. Individualo e riassumilo.


5. Individua nel brano gli epiteti riferiti ai personaggi elencati nella tabella.


Ettore

Andromaca

Troiani

Troiane


6. La morte è un tema che percorre l’intero brano, spesso affiorando in ricordi del passato o in fosche previsioni del futuro. Individua i riferimenti alla morte e ai riti funebri nel mondo omerico.


7. In quali punti del brano emerge la preoccupazione del giudizio degli altri? Individua i momenti del dialogo tra marito e moglie in cui si avverte maggiormente l’orizzonte culturale della cosiddetta «civiltà di vergogna».


8. Il brano illustra in modo emblematico non solo il rapporto tra un guerriero e il piccolo figlio nel mondo omerico, ma anche aspetti universali del rapporto tra padri e figli. Scegli l’affermazione corretta tra le seguenti.

  • a Ettore augura al figlio di eguagliare il padre per forza e coraggio. 
  • b Astianatte non condivide gli stessi valori del padre. 
  • c Ettore augura al figlio di essere un giorno più forte di lui stesso. 
  • d Astianatte rende più difficile la comunicazione tra i genitori. 


9. Quale concezione del destino emerge nelle parole di Ettore e Andromaca? Con quale termine greco viene indicato?

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COMPETENZE LINGUISTICHE

10. I registri linguistici. Al v. 414 si legge: Il padre mio Achille glorioso l’ha ucciso.


a) Qual è il soggetto della frase?

b) Nel verso riportato, la traduttrice ha voluto conservare la disposizione degli elementi della frase del testo greco per mettere in rilievo la figura del padre, ancor prima di quella dell’uccisore Achille. L’anticipazione del complemento oggetto all’inizio della frase realizzata in questo esempio è nota in grammatica come dislocazione a sinistra e implica generalmente il suo richiamo attraverso un pronome anaforico (che richiama, cioè, l’elemento precedente a cui è riferito). Questo costrutto si chiama pleonasmo ed è tipico della lingua parlata. Ti presentiamo alcuni esempi di frasi, tipiche del linguaggio colloquiale e familiare, con dislocazione a sinistra: riscrivile in modo che, sintatticamente corrette, siano adatte anche a contesti più formali.


1) I miei calzini, dove li hai messi?

2) L’esercizio non l’ho fatto.

3) I vicini, li ho visti andare via in macchina.

4) I biglietti per il concerto, li hai presi?

5) La minestra, non la voglio mangiare.

6) Quel ragazzo, lo conosci?


11. Il lessico. Sinonimi e contrari. Associa il sinonimo corretto a ciascuno dei termini elencati.

  • a) cruento
  • b) selvoso
  • c) tema
  • d) scintillante
  • e) candido
  • 1) luccicante
  • 2) sanguinoso
  • 3) bianco
  • 4) boscoso
  • 5) timore

PRODURRE

12. Scrivere per raccontare Che cosa sarebbe successo se Ettore avesse accolto la richiesta della moglie e avesse evitato i maggiori pericoli in battaglia? Immagina un successivo incontro tra i due, in una situazione ormai mutata: fra i Troiani si è diffusa la voce che Ettore non combatte più con il coraggio di prima e le morti tra le loro file sono aumentate. Raccontalo in un breve testo (massimo 15 righe).


13. Scrivere per ARGOMENTARE Nel congedarsi dalla moglie, Ettore le ricorda che la guerra è compito degli uomini, mentre la donna deve tessere e badare al lavoro delle ancelle. Sulla scorta delle tue conoscenze e della tua esperienza, scrivi un breve testo (massimo 15 righe) in cui cerchi di dimostrare che questa netta divisione dei ruoli non è giustificabile e che anche la donna possiede doti di coraggio e determinazione, in misura non inferiore rispetto agli uomini.

SPUNTI DI RICERCA interdisciplinare

Storia

Nell’antica Grecia, la donna era considerata inferiore all’uomo e non godeva degli stessi diritti civili e politici. Eppure, nelle due principali póleis greche, Atene e Sparta, la condizione femminile era molto differente: dividetevi in due gruppi e fate una ricerca sulle donne ateniesi e quelle spartane, poi confrontate i risultati del vostro lavoro.

educazione civica

In Italia, per molto tempo il ruolo della donna è stato per legge subordinato a quello del marito. A partire dal 1946, quando le donne ebbero per la prima volta il diritto di voto, è cominciato il lungo cammino verso il progressivo riconoscimento della parità di diritti e doveri con l’uomo. Ricerca i passi che garantiscono tale parità nel testo della Costituzione italiana e negli articoli del Codice Civile che regolano il matrimonio.

SPUNTI PER discutere IN CLASSE

Gli eroi omerici sono costantemente tormentati dal pensiero che le proprie azioni saranno oggetto di giudizio da parte della comunità, in quella che è stata definita «civiltà di vergogna».

La società tradizionale, che in Italia è ancora viva nei paesi e nei piccoli centri, offre vari esempi di un simile controllo della comunità sulle azioni del singolo. Questo meccanismo di autocensura si manifesta ogni volta che sentiamo dire o diciamo a noi stessi: «Che cosa penseranno gli altri di me se faccio questo?». Eppure il fenomeno non è limitato alle chiacchiere di paese: in fin dei conti anche i social network svolgono un’analoga funzione comunicativa. Rifletti su questi meccanismi di censura e autocensura che caratterizzano i rapporti tra l’individuo e la comunità di appartenenza. Sono positivi o negativi? Discutine in classe con i compagni.

La dolce fiamma - volume C
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Epica