DALL’OMOGENEITÀ LINGUISTICA ALLE LINGUE ROMANZE
Con il crollo dell’Impero romano d’Occidente e le invasioni barbariche, in Europa viene meno l’unità linguistica: nelle realtà locali poco romanizzate il latino scompare, in altre è soppiantato dalle lingue romanze, dialetti sorti dal latino che poi sviluppano caratteri propri, sempre più lontani dalla radice classica, e che si affermano in seguito come idiomi comuni regionali o nazionali. La lingua scritta e quella parlata si diversificano, e quest’ultima conosce una continua evoluzione. Il latino medievale resta una lingua “internazionale” solo per gli uomini colti e gli ecclesiastici.
Nella scrittura il volgare s’impone gradualmente nell’ambito politico-burocratico e nelle elaborazioni artistiche: nascono così le letterature nazionali. Nell’VIII secolo vedono la luce due poemi epici, l’inglese Beowulf e il tedesco Hildebrandslied. Più tardi, in Francia i generi letterari si ampliano, e oltre all’epica fioriscono – grazie a trovieri (al Nord) e trovatori (al Sud) – il romanzo e la lirica.