3. La produzione in lingua d’oc

3. LA PRODUZIONE IN LINGUA D’OC

Parallelamente allo sviluppo, nel Nord della Francia, di una letteratura in lingua d’oïl, si diffonde nella Francia meridionale, nella regione che oggi chiamiamo Occitania, l’uso in ambito letterario della lingua d’oc (dalla particella affermativa che significa “sì” in provenzale), parlata nelle corti e utilizzata dai trovatori in una cospicua produzione i n versi, detta appunto trobadorica.
Della lirica trobadorica ci sono pervenuti circa 2600 componimenti poetici, ma solo 260 delle melodie che normalmente li accompagnavano. I trovatori appartengono talvolta alla nobiltà, essendo principi, cavalieri o, in qualche caso, dame; altre volte sono poeti di mestiere, che si spostano di corte in corte: tutti, a ogni modo, provengono dalle corti signorili, dove risiedono e lavorano a beneficio di un pubblico selezionato, che trova ribadita in questa produzione la propria etica feudale, improntata alle virtù cortesi della lealtà, della misura e della liberalità. Sia che compongano per diletto (come capita ad alcuni potenti signori) sia che lo facciano per professione (come avviene ai trovatori di origine più modesta), essi promuovono una cultura laica, del tutto emancipata dai valori religiosi, veicolo di un immaginario galante fondato sull’eros e sull’esaltazione gioio­sa della bellezza.

I trovatori cantano di guerra, a volte danno ammonimenti morali, non tralasciano del tutto la politica, ma è l’amore il centro della loro ispirazione. Come viene prescritto nel trattato De amore di Andrea Cappellano (1150 ca.-1220), che teorizza i princìpi dell’amore cortese influenzando tutta la lirica provenzale ( Doc. 5, p. 600), l’amore nasce dalla vista e si alimenta attraverso un’ossessiva immaginazione destinata a modificare le capacità intellettuali dell’amante. Si tratta – per usare un’espressione chiave provenzale – di un «fin’amor» (amore perfetto), di un sentimento inteso come forma di elevazione spirituale del poeta il quale, attraverso l’esperienza totalizzante del culto e della venerazione di una donna, innalza il proprio spirito.

L’amore è infatti elaborato secondo i codici stabiliti dai rapporti feudali: il poeta si relaziona alla donna amata come un vassallo al suo signore, offrendo una dedizione esclusiva e una promessa di devota sottomissione. Ciò spiega il suo atteggiamento reverenziale, l’adorazione discreta, la lode smisurata: tutti aspetti che configurano il suo corteggiamento come una vera e propria “servitù d’amore”. Da parte sua, la donna appare quasi irraggiungibile, arbitro assoluto di una relazione gerarchicamente sbilanciata: è per lo più una signora sposata, oggetto di una passione che non può essere soddisfatta, creatura inavvicinabile e innominabile al punto da essere evocata solo tramite un senhal, cioè uno pseudonimo volto a tutelarne l’onore dai pettegolezzi delle malelingue. Il desiderio, del resto, tende tanto più a crescere quanto più è concretamente irrealizzabile (non a caso una delle forme più frequenti di amore cortese è il cosiddetto amor de lonh, l’amore lontano).

Tuttavia la distanza incolmabile tra lo spasimante e l’oggetto della sua passione non annulla la portata sensuale del sentimento: sebbene la poesia trobadorica contenga molti tratti idealizzanti, traspare chiaramente anche la dimensione fisica del rapporto amoroso. Il corteggiamento implica certamente pazienza, umiltà e timidezza, ma anche l’aspirazione all’appagamento dei sensi.

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Dal punto di vista stilistico, la produzione dei trovatori è caratterizzata da una grande perizia formale. A differenza degli autori delle canzoni di gesta, essi hanno un forte senso della loro individualità e possiedono raffinati strumenti tecnici: sono, in altri termini, abilissimi artefici, capaci di muoversi con disinvoltura tra forme metriche diverse e un ampio bagaglio di soluzioni linguistiche. Possiamo distinguere due diverse e opposte soluzioni espressive: il trobar clus e il trobar leu. Il trobar clus (“poetare chiuso”) è uno stile intenzionalmente difficile, che ricorre a parole rare, strutture ritmiche e sintattiche complesse, artifici retorici, raffinatezze formali e concettuali. Il trobar leu (“poetare leggero”) è invece lo stile agevole e piano di quei poeti che rifiutano polemicamente le acrobazie retoriche della prima tendenza, in nome di una poetica semplice e facilmente accessibile.

La sperimentazione formale dei trovatori si riflette inoltre nel ventaglio di generi praticati, ciascuno riconoscibile per costruzione metrica e soprattutto per contenuto. Il genere lirico maggiormente attestato in tutta la tradizione provenzale è la canzone (in provenzale cansó), caratterizzata da una serie di strofe di numero variabile, con versi di varia lunghezza e dall’argomento amoroso.

Due forme “minori”, che mettono in scena sempre la medesima situazione e hanno un carattere popolareggiante (in relazione sia al tema sia alla struttura, imperniata sul ritornello), sono l’alba e la pastorella: la prima descrive il risveglio di due amanti costretti a separarsi dal sorgere del sole; la seconda vede come protagonista un cavaliere che si propone di sedurre una contadina ritrosa.

Diversi sono invece i temi del sirventese, di carattere satirico, moraleggiante e soprattutto politico, in cui il trovatore si fa portavoce di una posizione, personale o del suo signore, intorno a una causa di discordia. Infine vanno ricordati il planh (“compianto”), un lamento funebre su una personalità da poco scomparsa o su un evento tragico; il tenso (“tenzone”), in cui una certa vicenda politica o di attualità viene dibattuta da due interlocutori secondo lo schema della disputa; il plazer (“piacere”), consistente in un elenco di desideri o situazioni piacevoli, e il suo opposto, l’enueg (“noia”), catalogo di fastidi o situazioni spiacevoli.

Gli autori più significativi sono Guglielmo IX d’Aquitania (1071-1127, signore feudale amante dell’arte, della guerra e della letteratura), Jaufré Rudel (morto prima del 1164, cantore dell’“amore lontano”), Bernart de Ventadorn (1130 ca-1200, da molti ritenuto, all’interno di questa corrente, il più importante autore di liriche amorose) e Arnaut Daniel (vissuto circa tra il 1150 e il 1210, tra i maestri del trobar clus).

La dolce fiamma - volume B plus
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Poesia e teatro - Letteratura delle origini