Il romanzo cortese: la materia classica e il ciclo bretone

Il romanzo cortese: la materia classica e il ciclo bretone

Sempre nel Nord della Francia e in lingua d’oïl trovano origine e diffusione i cicli romanzeschi di materia cortese. Si tratta in alcuni casi di narrazioni ispirate a opere classiche di autori latini quali Virgilio, Ovidio e Stazio, assiduamente letti nelle scuole medievali: da queste fonti si trae spunto per rielaborare le vicende della guerra di Troia, della città di Tebe, di Enea, di Alessandro Magno ecc., adattandole però al contesto elegante e mondano della corte. Gli eroi antichi vengono infatti, per così dire, travestiti da cavalieri e diventano protagonisti di imprese fiabesche in un universo dominato dal meraviglioso e intriso di elementi magici, assenti nei testi antichi.

Tuttavia il principale nucleo tematico di questi romanzi è costituito da un repertorio folclorico e leggendario di matrice celtica. Tale materia narrativa deriva soprattutto da un’opera pseudostorica, l’Historia regum Britanniae (Storia dei re di Britannia, 1136), del chierico gallese Goffredo di Monmouth, vissuto all’incirca tra il 1100 e il 1155. Nei testi del ciclo bretone vengono rappresentati gli incantesimi di Merlino, le vicende della regina Ginevra e «le bellissime avventure di re Artù», come le definirà Dante Alighieri nel De vulgari eloquentia, insieme a quelle dei cavalieri della Tavola Rotonda, quali Lancillotto, Perceval, Galaad.

Mentre nell’epica carolingia il soggetto principale delle storie è costituito dalle armi e dai valori guerreschi, i romanzi del ciclo bretone celebrano il percorso di formazione del perfetto cavaliere, che costruisce la propria identità non solo grazie al coraggio e alla fierezza, ma anche attraverso sentimenti e valori non meno importanti quali l’amore, la nobiltà d’animo, la generosità.

Inoltre, se le chansons de geste evidenziano una concezione “centripeta” e statica dell’esistenza, in cui ogni manifestazione dell’agire umano converge verso il centro unificante della devozione verso il re e la fede cristiana, le narrazioni cavalleresche esprimono una visione “centrifuga” e dinamica del mondo e della vita: ogni guerriero è individualmente impegnato in una ricerca personale (sia quella di una donna o di un oggetto simbolico come il Graal, la coppa che avrebbe raccolto il sangue sgorgato dalle piaghe di Gesù) che lo conduce ad affrontare sempre nuove prove e avventure, esponendosi anche a errori e fallimenti.
Infine, muta anche il pubblico di riferimento: non troviamo più il popolo indistinto, che affolla piazze, mercati e sagrati delle chiese per ascoltare dalla voce dei giullari le imprese dei paladini di re Carlo, bensì il raffinato e aristocratico mondo della corte, attratto da romanzi che non sono solo specchio di alti valori morali e culturali, ma anche strumento di piacevole intrattenimento.

L’autore che sa articolare in un sistema di grande efficacia fantastica e narrativa questo universo ideologico, fondato sui valori della cavalleria, dell’amore e della cortesia, è Chrétien de Troyes, chierico vissuto nella seconda metà del XII secolo, attivo a lungo presso la corte di Maria di Champagne e autore di cinque fondamentali romanzi, in cui il complesso delle forme, degli ideali e dei comportamenti feudali trova una significativa rappresentazione.

La dolce fiamma - volume B plus
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Poesia e teatro - Letteratura delle origini