Tra inchiostri e pergamene
Un supporto prezioso
Nell’Alto Medioevo la carta e la stampa non erano state ancora inventate e i monaci scrivevano sulla pergamena, cioè sulla pelle di pecora, di capra o di vitello. Per ottenerla si toglievano tutti i peli dalla pelle dell’animale e la si immergeva in un bagno di acqua e calce per sgrassarla e per impedirle di marcire. Poi essa veniva tesa su un telaio per non farla accartocciare, raschiata, battuta e frizionata con la pietra pomice fino a renderla morbida, sottile e bianca, e infine tagliata in fogli regolari. Sul foglio, per essere sicuri di non scrivere storto, i monaci tracciavano righe accurate: pensiamo che per copiare tutta la Bibbia occorreva la pelle di almeno cento pecore, l’equivalente di un intero gregge.
«Tre dita scrivono, ma è l’intero corpo che soffre»
Solo pochi frammenti delle opere scritte dagli antichi sono giunti in originale fino a noi: tutto il resto lo possiamo leggere grazie al fatto che è stato copiato nel corso del Medioevo. I monaci utilizzavano il calamo (una cannuccia di legno vuota) o una penna d’oca, entrambi appuntiti. A portata di mano tenevano il calamaio (di solito un corno di mucca svuotato) e il raschietto per cancellare le parole sbagliate o per premere sul foglio in modo che la pagina si mantenesse ben spianata. Di solito il monaco che scriveva non era lo stesso che disegnava, dato che per questo occorreva un talento particolare. Quando tutti i fogli erano stati scritti e miniati venivano cuciti e rilegati, a volte con copertine in oro o avorio e pietre preziose.
I monaci spesso erano costretti a lavorare tenendo il manoscritto sulle ginocchia, assumendo così una posizione molto scomoda. L’unica illuminazione era la piccola luce di una candela o di una lucerna, quando la luce del giorno non era sufficiente. Un copista dell’VIII secolo ha scritto in fondo a un libro: «Carissimo lettore, prendi il libro soltanto dopo esserti ben lavato le mani, gira i fogli con delicatezza, tieni lontano il dito dalla scrittura, per non sciuparla. Chi non sa scrivere crede che non occorra alcuna fatica. E invece quanto è dolorosa l’arte dello scrivere: affatica gli occhi, spezza la schiena; tutte le ossa fanno male! Tre dita scrivono, ma è l’intero corpo che soffre».