1. Il dramma borghese

1. IL DRAMMA BORGHESE

Nel corso dell’Ottocento, e sempre più verso la fine del secolo, si sviluppa una nuova forma drammatica, che si allontana dalla fisionomia tradizionale della commedia e della tragedia, proponendo agli spettatori contenuti, toni e atmosfere diversi. Infatti l’interesse del teatro non è più narrare eventi straordinari, destini ineluttabili e valori assoluti, ma evidenziare i problemi concreti e ordinari che gli esseri umani si trovano ad affrontare all’interno della società. Non a caso a questo tipo di produzione viene data l’etichetta di “dramma borghese” proprio perché l’ambientazione è quella quotidiana e domestica (il salotto, per esempio) dove si svolge l’esistenza privata delle famiglie della classe media, che vedono così rispecchiati sulla scena i propri costumi e le proprie inquietudini.

Le situazioni e le vicende rappresentate rientrano in un orizzonte rea­listico, del tutto privo di slanci eroici e fatti eccezionali: domina anzi un’atmosfera di grigia routine, che mette bene in risalto le ristrettezze di vedute e la povertà culturale che spesso caratterizzano la mentalità della borghesia in ascesa in quei decenni. L’osservazione minuta di piccoli e insignificanti fatti di tutti i giorni fotografa così impietosamente la vita prosaica e dimessa di uomini e donne senza qualità e privi di passioni autentiche. Crisi coniugali, triangoli amorosi, relazioni familiari dominate da interessi meschini e ipocriti formalismi, rapporti tra genitori e figli sempre più minacciati da incomprensione e incomunicabilità, improvvise difficoltà economiche che alterano un benessere precario, un profondo disagio esistenziale che si insinua nella psiche dell’individuo: queste le tematiche più ricorrenti, affrontate con uno sguardo spesso amaro e pessimistico.

Di conseguenza anche la fisionomia individuale dei personaggi muta profondamente: archiviate le azioni esemplari degli eroi che popolavano il teatro tragico, ora vediamo muoversi figure di inetti e di sconfitti, che si dibattono tra verità e menzogna, sogno e realtà, desiderio di fuga e conformismo, ossessionati dalla tutela della propria reputazione sociale.

La tendenza a riprodurre più fedelmente la realtà si accompagna inoltre a significative innovazioni formali: si passa dalla prevalente scrittura in versi a quella in prosa, più adatta a rendere con efficacia scene caratterizzate non certo dallo sviluppo di una trama avvincente, ma da una costante riflessione sull’interiorità mediante dialoghi e monologhi. Per questo, alla movimentata azione scenica delle tragedie e delle commedie tradizionali, subentra una certa immobilità, nella quale è fondamentale il contenuto delle battute dei personaggi (per questo si parla di “teatro di parola”).
I padri del dramma moderno, a cavallo fra Ottocento e Novecento, sono considerati il norvegese Henrik Ibsen (1828-1906) e il russo Anton Cˇechov (1860-1904): nelle loro opere è rappresentata una società ipocrita e corrotta che si muove in un’atmosfera stagnante di rimpianti e malinconia. Convenzioni e rituali artificiosi albergano anche nelle figure messe in scena da Luigi Pirandello (1867-1936), che declina con amaro umorismo un universo nel quale la forma e l’apparenza prevalgono sulla vita e sull’autenticità. Incapaci di trovare un’identità definita, i suoi personaggi evidenziano la debolezza dell’uomo contemporaneo: in un mondo dominato dal relativismo, non si può più avere alcuna certezza, degli altri come di se stessi. I protagonisti dei drammi pirandelliani si esprimono così attraverso comportamenti grotteschi e inverosimili – in ciò si coglie un elemento di distanza dal realismo tipico del dramma borghese – e si trovano ingabbiati entro il sistema delle regole sociali, imposto dal perbenismo dilagante. Ognuno recita una parte voluta dagli altri, indossando una maschera che lo rende riconoscibile e gli consente di vivere nel ruolo che la società gli ha assegnato ( T1, p. 509).
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2. LA SPERIMENTAZIONE NOVECENTESCA

L’affermazione delle avanguardie storiche (Futurismo, Dadaismo, Surrealismo) determina un radicale cambiamento della rappresentazione teatrale: lo spazio scenico viene dissolto, il pubblico è coinvolto in modo diretto e spesso provocato polemicamente, i linguaggi vengono rivoluzionati e si aprono alla dimensione irrazionale del sogno.

Sulla strada della rottura dei canoni si pone anche la produzione più matura del già citato Pirandello, che sperimenta la tecnica del metateatro o “teatro nel teatro”: in esso gli spettatori assistono alla recita di attori che a loro volta sono protagonisti inconsapevoli di un dramma che travalica i confini stessi del palcoscenico, confondendo finzione e vita. Si abbatte così la cosiddetta “quarta parete”, cioè quel muro invisibile che da sempre divide scena e platea e che fino a quel momento aveva permesso di distinguere con chiarezza ciò che è spettacolo da ciò che è vita vera.

Infrange la tradizione ottocentesca anche l’opera del tedesco Bertolt Brecht (1898-1956, T2, p. 518), che mira ad alimentare nel pubblico una coscienza critica dinanzi alla violenza e ai condizionamenti indotti da una società cinica, dominata dalla logica spietata del sistema capitalistico. Nella sua opera si passano in rassegna le grandi problematiche della modernità, dalle condizioni economiche delle classi disagiate al rapporto dell’individuo con il potere. Brecht definisce il suo teatro “epico” proprio per evidenziare la sollecitazione continua dello spettatore – anche con strumenti non convenzionali, come cartelli, voci fuori campo… – a ragionare di fronte alle questioni sociali e politiche rappresentate.

Nuove forme drammatiche maturano più avanti, nella seconda metà del Novecento: si sperimentano soluzioni teatrali diverse, tese ormai a vanificare la distinzione tradizionale tra commedia e tragedia. La crisi del soggetto e la messa in discussione dell’uomo come consapevole motore della società determinano conseguenze radicali sul piano della scrittura e della recitazione teatrali. L’obiettivo principale è quello di dissacrare e demistificare la realtà, mostrando la totale insensatezza del mondo e il disorientamento dell’uomo, incapace di dare uno scopo alla sua esistenza e di uscire dalla vuota, ripetitiva banalità della sua esistenza quotidiana.

Il risultato più importante di questa tendenza della drammaturgia contemporanea è il cosiddetto “teatro dell’assurdo” del francese di origini rumene Eugène Ionesco (1909-1994; T3, p. 523) e dell’irlandese Samuel Beckett (1906-1989). Nel capolavoro di quest’ultimo, Aspettando Godot, l’azione è praticamente assente: ai due protagonisti non capita nulla di importante. Tra argomenti futili e banali litigi, essi si limitano ad attendere un qualcuno che non arriverà mai: un’eloquente metafora, questa, della solitudine degli uomini e della loro completa incomunicabilità.

Un teatro futuristico

Scrisse Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) nel Manifesto dei drammaturghi futuristi che il loro era «un teatro dello stupore, del record, della fisicofollia», nato «dalla fulminea intuizione, dalla attualità suggestionante e rivelatrice». Il teatro futurista non accoglie testi drammatici “classici”, ma è dominato dall’azione, intesa come gestualità. Uno dei suoi aspetti più caratteristici è la scenografia. Grazie all’apporto di artisti figurativi come Enrico Prampolini (1894-1956), Giacomo Balla (1871-1958), Fortunato Depero (1892-1960), si rivoluziona il rapporto tra lo spazio del palcoscenico e lo spettatore. La scena diventa allora non spazio rappresentato ma attivo, pieno di elementi plastici e dinamici e dominato da un acceso colorismo. Gli oggetti – animati per mezzo della suggestione coordinata della musica, della scenografia e del gesto – assurgono al ruolo di protagonisti al pari degli attori.

L’assurdità del conformismo

Il conformismo della società che soffoca gli individui, spesso raccontato dal dramma moderno, è anche uno dei temi dell’album The Wall (1979) dei Pink Floyd e dell’omonimo film di Alan Parker (1982). La scuola è qui descritta come un terribile ingranaggio che rende tutti gli alunni automi, identici gli uni agli altri, fino letteralmente a “tritarne” le individualità.

Verifica delle conoscenze

1. Che cosa si intende con “dramma borghese”?
2. Quali sono i suoi contenuti ricorrenti?
3. Quali sono le caratteristiche dei personaggi messi in scena?
4. In che cosa consiste il “teatro di parola”?
5. Che cosa si intende per “teatro nel teatro”?
6. Quali novità teatrali porta l’affermazione delle avanguardie, all’inizio del Novecento?
7. Come è definito il teatro di Brecht?
  • a Epico.
  • b Leggendario.
  • c Dell’assurdo.
  • d Civile.

8. Chi è l’autore di Aspettando Godot?
  • a Luigi Pirandello.
  • b Samuel Beckett.
  • c Eugène Ionesco.
  • d Bertolt Brecht.

La dolce fiamma - volume B plus
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Poesia e teatro - Letteratura delle origini