T2 - ANALISI ATTIVA - William Shakespeare, Essere o non essere (da Amleto)

analisi attiva

T2

William Shakespeare

Essere o non essere

  • Tratto da Amleto (atto III, scena I)
  • Titolo originale Hamlet, 1600-1602
  • Lingua originale inglese
William Shakespeare nasce nel 1564 a Stratford-upon-Avon, una piccola cittadina dell’Inghilterra centrale; il padre è commerciante di pelli e la madre una proprietaria terriera. Le notizie sulla sua vita sono scarse e non del tutto certe. Si sa che intorno al 1590 si trasferisce a Londra, dove comincia ad affermarsi nell’ambiente del teatro come drammaturgo, attore e impresario. In questo periodo si lega alla compagnia dei Lord Chamberlain’s Men, protetta dalla corte, e nel 1599 inaugura un nuovo teatro, il Globe Theatre, dove fa rappresentare i suoi drammi più importanti. Curiosamente, Shakespeare non pubblica mai le sue opere, che circolano solo in forma di copione a uso della compagnia: ne scrive 37, fra tragedie e commedie, spesso ispirandosi a cronache storiche e a novelle, in alcuni casi italiane. Tra le sue tragedie più importanti, ricordiamo Romeo e Giulietta (1595 ca.), dedicata all’amore impossibile tra due giovani appartenenti a famiglie nemiche, Amleto (1600-1602) e Macbeth (1605-1608), storia della sanguinosa ascesa di un re al trono di Scozia. Diventato ricco, dal 1613 Shakespeare si ritira nella cittadina natale, dove muore tre anni più tardi.

Amleto, principe di Danimarca, incontra lo spettro di suo padre, morto da poco tempo. Il fantasma gli rivela di essere stato ucciso dal fratello Claudio, che ora ha sposato la sua vedova Gertrude e usurpato il trono. Benché sia divorato dai dubbi, Amleto giura vendetta, e comincia a comportarsi come un pazzo, per evitare di destare sospetti. Tuttavia Polonio, consigliere del re, sospetta che tale pazzia sia dovuta all’amore non ricambiato per la bella Ofelia, sua figlia. D’accordo con il re Claudio, dunque, Polonio organizza un incontro tra Ofelia e Amleto per comprendere la reale natura della follia di quest’ultimo. Mentre Polonio, Claudio e Gertrude si nascondono per assistere alla scena, Amleto sopraggiunge in preda al furore nella sala del trono e, prima che arrivi Ofelia, incomincia un angosciante soliloquio.

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Audiolettura

Essere, o non essere: la domanda

è questa: se sia più degno soffrire nella mente

fiondate e frecce della  labile fortuna,

o prender l’armi contro un mar di guai

5      e resistendo farsene travolgere. Morire… dormire,

è tutto; e con quel sonno smette

il crepacuore, i mille assalti che per natura

toccano a ogni carne: annientamento

in cui sperar con fede. Morire; dormire;

10    dormire, sognare, magari – e qui è l’ostacolo:

perché l’idea di sogni che ci colgano

in quel sonno di morte, sfilati che ci siam di dosso

ogni mortal gravame, ci ferma – e questo

prolunga in noi e vita e angoscia. Chi

15    reggerebbe frustate e scherno di quest’epoca,

torti degli oppressori, insulti dei superbi,

fitte d’amor sprezzato, lungaggini dei giudici,

insolenza dei burocrati, e il sarcasmo

che il merito paziente ottiene dagli indegni,

20   quando da sé può chiuder quel conto in quiete:

basta un pugnale!? Chi, con grugniti e sudore,

porterebbe il peso di una vita stanca,

non fosse la paura di qualcosa

dopo la morte, il paese mai scoperto

25   dai cui confini nessun viaggiatore mai ritorna;

e così la volontà si smaga e pare meglio

sopportare i mali che già abbiamo

piuttosto che fuggire ad altri ignoti?

È la coscienza che ci fa vigliacchi, tutti,

30    e il color rosso della decisione illividisce

alla pallida ombra del pensiero;

e in grandi imprese di gran forza e scopo

si perde ogni corrente fuorviata

perdendo dell’azione il nome stesso… Ma zitti ora!

35    La bella Ofelia! Ninfa, nelle tue orazioni,

ricorda i miei peccati.


William Shakespeare, Amleto, trad. di L. Fontana, il Saggiatore, Milano 2011

 >> pagina 470

Come continua

Ofelia chiede ad Amleto – reduce dal suo tormentato soliloquio – di rinnovare le sue antiche promesse d’amore. Il principe la respinge in modo brutale, consigliandole di farsi suora e accennando in modo criptico al suo progetto omicida. Nel frattempo Claudio inizia a sospettare che Amleto conosca la verità sul suo misfatto. Poco dopo il principe raggiunge alcuni teatranti e li istruisce a proposito dello spettacolo in programma per la sera stessa. Facendo assistere Claudio a un dramma che ricalca da vicino l’assassinio del padre, egli spera che il re rimanga turbato, finendo per tradirsi. Il piano riesce e, avuta conferma che Claudio è colpevole, Amleto decide di passare all’azione: al posto dello zio, tuttavia, uccide per errore Polonio. A quel punto, Claudio manda Amleto in Inghilterra, brigando segretamente affinché sia ucciso al suo arrivo. Il principe si salva, ma al ritorno in Danimarca, dopo aver appreso la morte di Ofelia, che nel frattempo si è annegata dal dolore per la morte del padre, affronta in duello Laerte, desideroso di vendicare l’uccisione di Polonio, suo padre. Nel frattempo, Gertrude beve il vino avvelenato che Claudio aveva preparato per Amleto e muore in scena, seguita da Laerte e dal re Claudio, uccisi da Amleto, ormai anch’egli in fin di vita. Appena prima di morire, Amleto designa come nuovo re di Danimarca Fortebraccio, principe di Norvegia, che poco dopo sopraggiunge e rivendica il trono.

A tu per tu con il testo

Amleto, disperato per la morte del padre, è preda di eroici furori: intenzionato a vendicare il crudele delitto, finge di essere matto. Immaginiamo di essere spettatori a teatro: sul palco c’è un attore che simula di essere un principe che finge di impazzire. Quando si accumulano molte finzioni, una dentro l’altra, è facile smarrirsi e perdere il contatto con la realtà. Ma che cos’è la realtà? Come distinguerne, con sicurezza, i contorni? Dovè il limite tra l’oggettività delle cose e la nostra interpretazione? Possono i nostri occhi e la nostra mente capire tutto ciò che accade intorno e dentro di noi? C’è da uscirne pazzi, proprio come Amleto, che mobilita le enormi risorse della retorica e della poesia per interrogare se stesso e metterci a conoscenza dei suoi dubbi laceranti. Il ragionamento non cancella le incertezze, non dipana la verità: anzi, sembra che le parole e i pensieri di Amleto agiscano su di lui come un veleno, aprendo crepe in profondità. E tu? E noi? Trascinati nei circoli viziosi del pensiero, è facile smarrirsi, distrarsi, e infine risvegliarsi in un incubo, senza nemmeno sapere perché vi siamo entrati.

Analisi ATTIVA

Il soliloquio di Amleto si apre con un perentorio, lapidario dilemma: vivere (Essere) o darsi la morte (non essere)? Sconvolto dalla rivelazione dello spettro di suo padre, il protagonista si interroga se sia più onorevole (degno, v. 2) sopportare il dolore interiore, inflitto dalla crudeltà della sorte, oppure porre fine alla vita. Il suicidio non sarebbe certo un atto di viltà, ma al contrario una forma di eroica resistenza contro le ingiustizie e le sofferenze della vita, oltre che un dolce sonno che libera dall’angoscia e acquieta l’anima (Morire… dormire, / […] con quel sonno smette / il crepacuore, vv. 5-7).

1. Il soliloquio di Amleto è rivolto
  • a a Ofelia.
  • b al padre ucciso.
  • c allo zio Claudio, l’assassino di suo padre.
  • d a se stesso.

2. Quale espressione metaforica usata nel testo indica che la vita può essere un grave peso da sopportare?
  • a Il crepacuore.
  • b Ogni carne.
  • c Ogni mortal gravame.
  • d Frustate e scherno.

 >> pagina 471

Tuttavia la soluzione non è semplice: un ostacolo (v. 10) si frappone al compimento del gesto estremo. L’impedimento affiora sotto forma di altre, implicite domande irrisolte: che cosa c’è dopo la morte? Che cosa ci accade se, una volta abbandonata la vita terrena, fossimo angustiati da terribili incubi? Forse che le pene, magari in altre forme, possano continuare, invece di cessare? Altrimenti, si chiede Amleto, che cosa trattiene gli uomini onesti dal togliersi la vita?

Con una lunga enumerazione (Chi / reggerebbe […] indegni, vv. 14-19) il principe passa in rassegna le angustie e le difficoltà di vario genere – dagli amori infranti alla tracotanza dei potenti – che si frappongono tra gli uomini e la felicità: altrettanti argomenti a favore del suicidio. Ce n’è abbastanza per rimanere nauseati dalla vita: eppure le persone scelgono di non darsi la morte e di riporre il pugnale (vv. 20-21). Li trattiene – come biasimarli? – la paura di qualcosa / dopo la morte, il paese mai scoperto / dai cui confini nessun viaggiatore mai ritorna (vv. 23-25).


3. Che cosa potrebbe turbare il sonno della morte?
  • a  Il crepacuore. 
  • b  I sogni. 
  • c  L’angoscia. 
  • d  Lo scherno. 

4. Quali angosce e difficoltà della vita possono, secondo Amleto, spingere l’uomo al suicidio? (sono possibili più risposte)
  • a La mancanza di denaro. 
  • b I torti subiti dagli oppressori. 
  • c Un amore infelice. 
  • d Un lutto in famiglia. 
  • e La sopportazione schernita. 
  • f Un fallimento professionale. 

Da discorso sull’opportunità del suicidio il soliloquio di Amleto si trasforma dunque in una riflessione sul difficile rapporto fra azione e pensiero, posta in termini generali prima ancora che personali (il protagonista non dice mai “io”). Pensare troppo provoca una specie di paralisi che impedisce alle persone di agire con risolutezza. Il suicidio è soltanto un caso estremo dell’impotenza umana dinanzi ai fatti: la volontà si smaga (v. 26), i nostri propositi vengono vanificati.

Per esprimere i limiti della nostra coscienza, Shakespeare usa due metafore: la prima rappresenta la nostra determinazione ad agire come un color rosso (v. 30), destinato a sbiadire a causa del tormento interiore (la pallida ombra del pensiero, v. 31); la seconda dipinge la nostra capacità decisionale come una corrente (v. 33) che viene deviata e non raggiunge il suo obiettivo. Le azioni che vorremmo mettere in atto finiscono inevitabilmente in un nulla di fatto: quello che sembrava un dilemma insolubile – uccidersi o no – è ormai diventato per Amleto una giustificazione dell’immobilità e dell’inerzia.


5. Che cosa rende tutti gli uomini dei vigliacchi?
  • a La paura. 
  • b La coscienza. 
  • c Il senso di responsabilità. 
  • d L’amore. 

6. Che cosa accade quando si pensa troppo alla morte?
  • a Si desidera viaggiare verso quel paese mai scoperto. 
  • b La si teme e dunque si rinuncia al suicidio. 
  • c Si percepisce il peso di una vita stanca. 
  • d I mali presenti ci sembrano migliori di possibili mali ignoti. 

Laboratorio sul testo

COMPETENZE LINGUISTICHE

7. Lessico. Il verbo “illividire” significa “diventare livido, grigio-violaceo”. Elenchiamo di seguito alcuni verbi che significano “essere/diventare di un colore”: dopo averne controllato il significato sul dizionario, scrivi una frase per ciascuno di essi.


arrossire rosseggiare verdeggiare rinverdire imbrunire abbrunare imbiancare biancheggiare

PRODURRE

8. Scrivere per argomentare Sviluppa le considerazioni di Amleto in un testo argomentativo coerente di massimo 20 righe.

 >> pagina 472 

Se ti è piaciuto

Amleto al cinema

Le opere di Shakespeare hanno conosciuto un numero incalcolabile di trasposizioni cinematografiche. Fra esse, Amleto gioca la parte del leone. La prima versione fu girata addirittura nel 1900 da Clément Maurice: due minuti scarsi, in cui a vestire i panni del principe di Danimarca in un teatro è la leggendaria attrice francese Sarah Bern­hardt (1844-1923).

Bisogna però arrivare alla metà del secolo per trovare una pellicola di successo sull’Amleto: per la precisione al 1948, quando il britannico Laurence Olivier (1907-1989) scrisse, diresse e interpretò il principe in un film che vinse ben quattro Oscar, mettendo d’accordo critica e spettatori, tutti colpiti dalla capacità di rendere i tormenti interiori del protagonista, salvaguardando la carica drammatica dell’originale.

Vivace e spettacolare l’Amleto firmato nel 1990 dal fiorentino Franco Zeffirelli (1923-2019), che poté valersi di attori d’eccezione, tra cui Mel Gibson e Glenn Close.

Ambientata nel XIX secolo, eppure aderente allo spirito dell’originale, grazie anche all’eccezionale durata (240 minuti), è la trasposizione del 1996 di Kenneth Branagh (n. 1960), che figura nei ruoli di sceneggiatore, regista e attore protagonista.

Non è mancato naturalmente chi ha voluto immaginare la vicenda shakespeariana ai nostri giorni. È ciò che fa Michael Almereyda (n. 1959) in Hamlet 2000, dove il castello di Elsinore diventa un hotel, Ofelia è un’appassionata fotografa, e il duello conclusivo si svolge a colpi di pistola.

La dolce fiamma - volume B plus
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Poesia e teatro - Letteratura delle origini