A tu per tu con l’autore
Leggere Caproni è un’esperienza suggestiva. Da una parte i suoi versi toccano il cuore: ora ci commuovono, ora ci rallegrano, ora ci sorprendono; ora evocano il falò di una notte d’estate fra amici o l’allegro scampanellare di una bicicletta che scorre via sul lungomare, ora i ricordi struggenti di persone amate e perdute. Un’infinità di colori e di sfumature arricchisce la sua tavolozza sentimentale, insieme a un vivido e umanissimo repertorio di figure e di affetti schietti, ma vibranti. Basta un evento minimo, un’esperienza autobiografica, un ricordo fulmineo ed ecco che scaturiscono improvvise folgorazioni, sospese tra il mito e un’amara ironia.
Dall’altra parte, però, le parole di Caproni si rivolgono anche al nostro intelletto ponendoci interrogativi cruciali sul senso della vita e della morte, sul significato degli altri per noi e di noi per gli altri: sempre senza il conforto di risposte sicure e di formule magiche, ma con il disincanto di chi è consapevole di essere lontano da ogni verità definitiva o assoluta.
Temi complessi, sui quali Caproni si interroga con profonda semplicità (l’ossimoro non è casuale) e senza il compiacimento dell’intellettuale che parla e si confronta con pochi eletti. La sua è una poesia densa, ma che non rinuncia mai allo scopo di comunicare grazie alla scorrevolezza dei versi, alla facilità delle parole e alla chiarezza delle situazioni e delle storie raccontate. Da quell’abile musicista che era, Caproni si serve di un ritmo incalzante che agevola la comprensione del senso, di una sonorità originale, un po’ spigolosa e un po’ pungente, e di una sapiente manipolazione delle parole che porta il lettore a seguire, come incantato dalle note più acute di un violino, ciò che il poeta vuole comunicargli.