A tu per tu con l’autore

A tu per tu con l’autore

Leggere Caproni è un’esperienza suggestiva. Da una parte i suoi versi toccano il cuore: ora ci commuovono, ora ci rallegrano, ora ci sorprendono; ora evocano il falò di una notte d’estate fra amici o l’allegro scampanellare di una bicicletta che scorre via sul lungomare, ora i ricordi struggenti di persone amate e perdute. Un’infinità di colori e di sfumature arricchisce la sua tavolozza sentimentale, insieme a un vivido e umanissimo repertorio di figure e di affetti schietti, ma vibranti. Basta un evento minimo, un’esperienza autobiografica, un ricordo fulmineo ed ecco che scaturiscono improvvise folgorazioni, sospese tra il mito e un’amara ironia.

Dall’altra parte, però, le parole di Caproni si rivolgono anche al nostro intelletto ponendoci interrogativi cruciali sul senso della vita e della morte, sul significato degli altri per noi e di noi per gli altri: sempre senza il conforto di risposte sicure e di formule magiche, ma con il disincanto di chi è consapevole di essere lontano da ogni verità definitiva o assoluta.

Temi complessi, sui quali Caproni si interroga con profonda semplicità (l’ossimoro non è casuale) e senza il compiacimento dell’intellettuale che parla e si confronta con pochi eletti. La sua è una poesia densa, ma che non rinuncia mai allo scopo di comunicare grazie alla scorrevolezza dei versi, alla facilità delle parole e alla chiarezza delle situazioni e delle storie raccontate. Da quell’abile musicista che era, Caproni si serve di un ritmo incalzante che agevola la comprensione del senso, di una sonorità originale, un po’ spigolosa e un po’ pungente, e di una sapiente manipolazione delle parole che porta il lettore a seguire, come incantato dalle note più acute di un violino, ciò che il poeta vuole comunicargli.

1. LA VITA E LE OPERE

Giorgio Caproni nasce a Livorno, nel 1912, da Attilio, ragioniere e violinista dilettante, e Anna Picchi, ricamatrice e sarta: l’atmosfera marina della città ritornerà in molte sue poesie. La famiglia si trasferisce, nel 1922, a Genova: qui Caproni lavora come commesso, impiegato e, dopo il diploma magistrale, come maestro elementare, professione scelta a scapito della pur promettente carriera musicale, che lo aveva portato a suonare il violino nell’orchestra del Teatro Regio di Torino.

Nel 1936 muore la fidanzata Olga Franzoni, a pochi giorni dalle nozze. La crisi che ne segue viene superata grazie a Rina (Rosa Rettagliata), che Caproni sposa nel 1938. Sono di questi anni le prime raccolte: Come un’allegoria (1936) e Ballo a Fontanigorda (1938).

Richiamato alle armi durante la guerra, combatte sulle Alpi Marittime e in Veneto. Dopo l’8 settembre 1943 aderisce alla Resistenza e si unisce a gruppi partigiani operanti in Val Trebbia, sui monti fra l’Emilia e la Liguria. Nel frattempo escono presso l’editore Vallecchi di Firenze le poesie di Cronistoria (1943).

Nel dopoguerra si stabilisce a Roma, dove accosta alla sua professione di maestro il lavoro di traduttore, specie dal francese, e la collaborazione con giornali e riviste letterarie, dove pubblica poesie, cronache, recensioni, reportage e racconti. I versi della sua fase matura sono raccolti in Il passaggio d’Enea (1956), Il seme del piangere (1959), Congedo del viaggiatore cerimonioso & altre prosopopee (1965).

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Una volta in pensione, Caproni prosegue il lavoro di traduttore e di poeta, pubblicando svariate raccolte: Il muro della terra (1975), Il franco cacciatore (1982), Il conte di Kevenhüller (1986). Res amissa (1991) esce postuma: Caproni infatti muore a Roma nel 1990.

2. LA PRIMA FASE

Nella prima stagione della produzione poetica di Caproni, al centro dell’attenzione si staglia il paesaggio naturale con le atmosfere e i momenti inebrianti che esso sollecita: aromi, odori, balli e cori della Val Trebbia sono evocati con tratti di pungente sensualità. Compaiono, tra i versi che esprimono l’incanto delle stagioni e la vita del paese, evanescenti figure femminili: donne che cantano al fiume, ragazze affacciate alla finestra, fanciulle che ridono. E compaiono i luoghi e i momenti del giorno che contraddistingueranno le ambientazioni di gran parte della poesia di Caproni: osterie di paese, latterie popolari, albe e mattine nebbiose.

La presenza della natura fornisce a prima vista l’impressione di un idillio, vale a dire di un’armonica e felice immersione del soggetto in una natura amica e rassicurante. Ma non è sempre così: spesso affiorano infatti la malinconia e una vaga stanchezza con la quale il poeta esprime il senso di una precarietà esistenziale, di una transitorietà del tempo e delle cose in mezzo a cui egli si sente, in fondo, come un ospite provvisorio e fuori luogo. La percezione della fragilità della vita è in effetti un elemento ricorrente della poesia di Caproni, accentuato nelle prime raccolte dall’improvvisa morte della fidanzata.

3. LA MATURITÀ

Nella fase successiva della produzione di Caproni, si assiste a una progressiva sostituzione del paesaggio naturale con l’ambiente urbano. Nel Passaggio d’Enea e nel Seme del piangere, infatti, acquistano rilevanza le due “città dell’anima” del poeta: la Genova della sua crescita umana e artistica e la Livorno della sua infanzia ma, soprattutto, della giovinezza della madre. Con precisione toponomastica, Caproni descrive vie e quartieri delle due città, luoghi quotidiani come bar, androni e banchine, cose comuni come ascensori, biciclette, lampadine e bicchieri. Non si tratta, tuttavia, di mero realismo: una lirica come Alba ( T1, p. 411) mostra come l’autore miri a trasfigurare i singoli oggetti, le singole situazioni e li circondi di un’atmosfera nebbiosa, tra il sogno e la visione, come se fossero astratti, isolati dal contesto, come suggestioni o evocazioni sospese a mezz’aria. In tal modo Genova e Livorno appaiono luoghi veri e insieme irreali, dove l’ascensore può portare in paradiso, e dove si conserva, negli angoli delle vie, o negli slarghi sul lungomare, la presenza immateriale di chi non c’è più.

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Contemporaneamente il poeta approfondisce la propria riflessione sull’esistenza, concepita come una sorta di passaggio transitorio, un esilio, un purgatorio destinato a scomparire, nel quale non possiamo mai veramente afferrare la realtà delle cose. Si capiscono, così, la frequente presenza dei mezzi di trasporto – treni, biciclette, funivie – e la centralità del tema del viaggio, dichiarata anche nel titolo Il passaggio d’Enea. Qui, identificandosi con l’eroe virgiliano, Caproni si sente vicino al personaggio classico in fuga dall’incendio di Troia mentre porta, distrutto il passato e incerto il futuro, l’anziano padre sulle spalle e il figlioletto per mano.

Attraverso il mito, l’autore riflette sulla precarietà dell’esistenza moderna, sul crollo delle certezze e sulla problematicità del senso e della direzione dell’essere nel mondo. Soprattutto in , il viaggio dà forma poetica alla visione della realtà come qualcosa in costante mutamento, in un continuo dissolvimento, in cui anche noi ci troviamo irrimediabilmente immersi e irrecuperabilmente spaesati.

Accanto alla città e al viaggio, un altro grande tema della poesia di Caproni è quello incentrato sulla figura della madre ( T2, p. 415; T3, p. 418), morta nel 1950. Con grazia e tenerezza affettuosa, l’autore tratteggia la giovinezza materna, immaginandosi coetaneo della donna, giovane fidanzato di questa madre-fanciulla, così viva nella sua mente. Qui, la mescolanza di realtà e immaginazione si combina con l’espressione accorata di un nostalgico amore filiale, e con la consapevolezza dell’irrecuperabilità di ciò che è passato ma, nello stesso tempo, può illusoriamente continuare a esistere nei versi di una poesia.
Nella sua maturità, Caproni sembra abbandonare l’insistenza sulle emozioni e le esperienze dell’io lirico che avevano segnato le prime raccolte. Nei libri di questi anni, infatti, accanto alla figura della madre, compaiono veri e propri alter ego dell’autore, persone interposte tra il suo io e il pubblico dei lettori che, come il viaggiatore cerimonioso dell’omonima raccolta ( T4, p. 422), prendono direttamente la parola. Anche lo stile sembra favorire questa tendenza alla narratività: ai versi brevi e spezzati, che troviamo nelle prime raccolte, spesso subentra una maggior ampiezza del discorso poetico. Ciò si deve soprattutto all’uso degli endecasillabi in strofe rimate che Caproni utilizza per i poemetti in cui racconta, attraverso vicende che mescolano finzione e storia, la condizione dell’uomo del suo tempo.
Gli anni Settanta e Ottanta presentano ancora un altro Caproni: nei suoi versi aleggia un’atmosfera sempre più rarefatta, che evoca frontiere desolate e terre disabitate, vuoto, immobilità, silenzio. Prevale la sensazione di un’amara incomunicabilità tra gli uomini, insieme a un sentimento di profonda inquietudine. Anche in questo caso le scelte formali sono strettamente correlate a quelle contenutistiche: il poeta frantuma le strofe, allarga gli spazi bianchi, utilizza poche parole che si stagliano, solitarie, sulla pagina e si interroga, con ansia febbrile, sull’esistenza di Dio.

Una funicolare per il Paradiso

La funicolare di Castelletto, storico impianto di risalita (inaugurato nel 1909) per le zone collinari della città di Genova, è stata descritta da Giorgio Caproni nella poesia L’ascensore, di cui riportiamo di seguito i vv. 5-10.


Quando mi sarò deciso
d’andarci, in paradiso
ci andrò con l’ascensore
di Castelletto, nelle ore notturne,
rubando un poco
di tempo al mio riposo.

Verifica delle conoscenze

1. Qual è il lavoro principale svolto per tutta la vita da Caproni?

2. Quali sono i temi principali delle prime raccolte poetiche di Caproni?

3. Due città hanno una particolare importanza nella vita e nell’ispirazione di Caproni: quali?

4. Perché Caproni non può essere definito un poeta realista tout court?

5. A quale eroe classico Caproni dedica una delle sue opere?

6. Quale funzione metaforica assume il viaggio nella produzione letteraria di Caproni?

7. Quali figure femminili ispirano il poeta?

8. In che modo le scelte metriche rispecchiano l’evoluzione dei contenuti e della visione del mondo di Caproni, nella stagione matura della sua opera?

La dolce fiamma - volume B plus
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Poesia e teatro - Letteratura delle origini