1. Arti sorelle

1. ARTI SORELLE

Sin dall’antichità l’aspetto sonoro e le capacità evocative della poesia hanno creato legami con la musica da un lato e con le arti visive dall’altro. «La pittura è poesia silenziosa, la poesia è pittura che parla», scrisse il lirico greco Simonide duemilacinquecento anni or sono. Più tardi il latino Orazio (65-8 a.C.) coniò la formula ut pictura poësis (“come la pittura, così la poesia”) per sottolineare come la miglior poesia sia in grado di dare in poche sillabe l’acuta rappresentazione di un carattere o di un paesaggio.

Le relazioni fra le due arti in effetti sono sempre state strettissime: non a caso parecchi autori si sono cimentati in entrambe, di solito eccellendo nell’una o nell’altra. Sono infatti rarissime le eccezioni del calibro di Michelangelo (1475-1564), incomparabile scultore e pittore ma anche insigne poeta, in grado di comporre straordinari sonetti nelle pause del lavoro alla Cappella Sistina. In generale va osservato come l’arte figurativa abitualmente rappresenti episodi e personaggi letterari e la poesia si ispiri volentieri all’arte: innumerevoli versi sono stati scritti per descrivere o commentare quadri, fotografie, sculture, monumenti.

Certo, esistono differenze sostanziali: la letteratura è un’espressione artistica fortemente legata al tempo, che prende forma nel flusso continuo della lettura, mentre l’arte visiva ha una natura spaziale, poiché un quadro, per esempio, si ammira per intero, con uno sguardo, simultaneamente. Fra i due ambiti esistono tuttavia forme di contaminazione: sono i casi in cui all’aspetto visuale delle poesie è conferita un’importanza primaria.

Quando un componimento in versi si pone l’obiettivo di descrivere un’opera d’arte realizza un’ecfrasis. Il termine deriva dal greco ékphrasis: non sorprende perciò scoprire che proprio in quella cultura il procedimento acquisì una notevole importanza. Uno degli esempi più celebri al riguardo è il racconto delle scene rappresentate sullo scudo di Achille, proposto da Omero nel libro XVIII dell’Iliade. Ma l’ecfrasis è frequente anche nella poe­sia medievale e moderna: la si ritrova nei grandi capolavori della letteratura italiana, come la Divina Commedia e l’Orlando furioso, e ricorre in mae­stri come Foscolo, Leopardi, d’Annunzio. L’ecfrasis del resto è spesso presente in tutte le letterature occidentali, a cominciare da quella inglese: si possono ricordare al proposito l’Ode su un’urna greca di John Keats (1795-1821) e la poesia Musée des Beaux Arts di Wystan Hugh Auden (1907-1973), ispirata da un quadro di Bruegel il Vecchio ammirato in un museo di Bruxelles ( T4, p. 338).

2. GUARDARE LE PAROLE

Sono molteplici le forme di poesia fatte per essere guardate oltre che lette. Intanto bisogna tener conto del potenziale estetico delle lettere alfabetiche: prima di essere segni combinati per formare le parole, esse costituiscono vere e proprie immagini, che un artista può elaborare. La cultura araba, così come quella cinese e quella giapponese, ha portato a eccelsi livelli di virtuosismo l’arte della scrittura. Quanto all’Europa, pensiamo ai miniatori medievali, che lavoravano i manoscritti con abilità e infinita pazienza, trasformando i capilettera (cioè le lettere iniziali di un testo) in piccoli capolavori.

Inoltre spicca nelle culture occidentali una pratica che si impose nella Grecia antica, il “calligramma” (da kállos, “bellezza”, e dal tema di grápho, “scrivo”). Di che cosa si tratta? Di versi disposti sulla pagina in modo da formare un disegno, in genere legato all’argomento del testo. Questa forma poetica, che i latini chiamarono carmen figuratum, è rimasta viva sino in epoca moderna. Ha ricevuto anzi un notevole rilancio all’inizio del XX secolo, grazie al francese Guillaume Apollinaire (1880-1918), autore di una serie di geniali calligrammi dalle forme bizzarre e sorprendenti ( T2, p. 331).

Apollinaire era fortemente influenzato dalle avanguardie sia pittoriche sia letterarie, che all’epoca guardavano con particolare interesse agli intrecci di parole e immagini. Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), fondatore nel 1909 del movimento artistico e culturale chiamato Futurismo, aveva lanciato per esempio le cosiddette «parole in libertà», cioè prive di legami sintattici e grammaticali: questa teoria stilistica ispirava poesie dalla forte carica onomatopeica, in cui si mescolavano corpi e caratteri tipografici diversi.

In nome della modernità i Futuristi intendevano distruggere la sintassi tradizionale, rifuggivano da aggettivi e avverbi, e sostituivano la punteggiatura con segni matematici e notazioni musicali. Qualche anno più tardi approdarono alle tavole parolibere, che enfatizzavano ancor più la presenza di illustrazioni e disegni, per giungere a una «immaginazione senza fili», fondata cioè sulla ricerca di analogie immediate e strabilianti. Queste strategie trovarono esiti particolarmente felici in alcune composizioni di Corrado Govoni (1884-1965), come Il Palombaro ( T1, p. 328).

Altre avanguardie come Dadaismo e Surrealismo influenzano pochi anni più tardi l’opera del pittore e fotografo statunitense Man Ray (1890-1976), caratterizzata dal rapporto rivoluzionario e anticonformista con il prodotto artistico: i suoi lavori contaminano il testo e l’immagine con ardite manipolazioni, fino a fondere l’uno nell’altra, come si vede nel Poema ottico, in cui i versi vengono cancellati da un tratto nero ( T3, p. 334).
Anche sulla scia di simili sperimentazioni, nella seconda metà del Novecento la nascita di nuovi movimenti d’avanguardia ha comportato un ritorno di interesse verso la cosiddetta “poe­sia visiva”. Autori come Lamberto Pignotti (n. 1926) e Adriano Spatola (1941-1988) si sono mossi in direzione di un’osmosi fra poesia e pittura, saggiando le tecniche del collage e del fotomontaggio, con fini satirici nei confronti del consumismo dilagante.

La poesia è per la strada

Sui muri di città avrai letto dichiarazioni d’amore, insulti, slogan politici… ma una poesia? L’hai mai incontrata? Una forma particolare di street art è la poesia di strada. Interi poemi, frasi brevi e illuminanti, testi originali o di autori famosi… i poe­ti di strada animano con le parole angoli inaspettati del mondo. I loro interventi sono sia testuali sia visivi. Vecchi edifici distrutti e fatiscenti, oppure angoli pieni di traffico dove la gente corre indaffarata possono diventare il punto migliore per intercettare gli sguardi di passanti frenetici, disincantati e distratti, riuscendo a far loro guardare il quotidiano con occhi diversi.

Verifica delle conoscenze

1. Che cosa significa la formula ut pictura poësis?
2. Quali differenze corrono fra poesia e arti visive?
3. Che cosa si intende per ecfrasis?
4. In che modo i segni alfabetici hanno ispirato gli artisti?
5. Che cos’è un calligramma?
6. Chi ha inventato le tavole parolibere?
7. Che cosa si intende per “poesia visiva”?
8. Cita il nome di almeno un poeta visivo.

La dolce fiamma - volume B plus
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Poesia e teatro - Letteratura delle origini