T5 - Fosco Maraini, Il giorno ad urlapicchio (da Gnòsi delle fànfole)

T5

Fosco Maraini

Il giorno ad urlapicchio

  • Tratto da Gnòsi delle fànfole, 1978
  • Metro quartine di endecasillabi a rima alternata ABAB
Fosco Maraini nasce a Firenze nel 1912: il padre è un noto scultore; la madre è una scrittrice. Accompagnando i genitori in frequenti viaggi, Fosco sviluppa grande curiosità per le diverse culture. Nel 1935 sposa la pittrice Topazia Alliata, di antico casato siciliano: la prima figlia, Dacia, diventerà una famosa scrittrice. Nel 1937, dopo un viaggio in Tibet, decide di dedicarsi allo studio dell’Oriente e con tutta la famiglia si trasferisce, nel 1939, in Giappone, dove pubblica importanti ricerche scientifiche. Qui, tra il 1943 e il 1945, viene internato con i suoi in un campo di concentramento, perché antifascista in un periodo in cui il Giappone è alleato in guerra con l’Italia di Mussolini. Nel dopoguerra, continua a viaggiare in tutto il mondo, pubblica studi etnografici e antropologici, volumi fotografici e cura film documentari sui luoghi visitati. È autore inoltre di testi poetici con una tecnica da lui definita “metasemantica”, consistente nell’utilizzo di parole inventate che assumono significato grazie al suono e al contesto in cui vengono adoperate. Maraini muore a Firenze nel 2004.

Questa poesia gioca con il linguaggio in modo divertente, per comunicare la gioia provata dall’autore in un giorno per lui del tutto speciale.

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Audiolettura

Ci son dei giorni smègi e lombidiosi

col cielo dagro e un fònzero gongruto

ci son meriggi gnàlidi e budriosi

4      che plògidan sul mondo infrangelluto,


ma oggi è un giorno a zìmpagi e zirlecchi

un giorno tutto gnacchi e timparlini,

le nuvole buzzìllano, i bernecchi

8      ludèrchiano coi fèrnagi tra i pini;


è un giorno per le vànvere, un festicchio

un giorno carmidioso e prodigiero,

è il giorno a cantilegi, ad urlapicchio

12    in cui m’hai detto “t’amo per davvero”.


Fosco Maraini, Gnòsi delle fànfole, Baldini & Castoldi, Milano 1994

 >> pagina 289

A tu per tu con il testo

L’amore è il sentimento che, più di ogni altro, condiziona la nostra esistenza: a volte ci fa sentire malinconici, e anche la natura ci appare grigia; altre, invece, una gioiosa esaltazione ci anima, e tutto si trasforma in un’entusiasmante festa attorno a noi. Come rendere sulla pagina la felicità dei momenti migliori, l’euforia che contagia l’animo umano quando si vive un amore ricambiato? L’autore di questa poesia ha scelto un modo del tutto originale per dare forma all’emozione, giocando con le parole, sfruttando la flessibilità del linguaggio, il potere evocativo di ogni suono. Come il pittore che impasta i colori, il musicista che accorda i timbri, lo scultore che modella la materia, il poeta si serve di ogni termine come fosse, al di là del suo significato, un generatore di corrispondenze, sogni e percezioni soggettive. Il suo è un gioco di prestigio linguistico, che mescola ironia e creatività: anche questi possono essere gli ingredienti per provare a rendere con i versi la meraviglia e l’unicità sorprendente dell’amore.

Analisi

Che cosa sono i giorni smègi e lombidiosi (v. 1) che troviamo all’inizio di questa poesia? E il fònzero gongruto (v. 2)? E che cosa significano tutte le altre parole che si susseguono nel resto del componimento? Poiché nessun vocabolario né l’autore ce lo dicono, il testo parrebbe a prima vista un giocoso nonsense, che presenta temi, caratteri, azioni e personaggi grotteschi, al fine di disorientare il lettore grazie ad accostamenti paradossali. Tuttavia il nonsense si avvale di parole realmente esistenti, mentre in questo caso Maraini fa qualcosa di diverso. Egli, infatti, mescola parole vere a termini di sua invenzione, creando così una lingua strampalata, fatta di vocaboli apparentemente vuoti e senza senso.

Ciononostante, possiamo ricavare dal testo un significato preciso, scandito dalla semplice linearità della sua struttura. Nella prima quartina, l’autore esprime un cupo senso di tristezza mista a noia, in un giorno dall’atmosfera grigia e uggiosa. Dalla seconda quartina invece, introdotta da un ma (v. 5), tutto cambia e anche lo stato d’animo dell’io lirico si trasforma: un’euforia irrefrenabile si trasmette agli elementi naturali come le nuvole (v. 7) e i pini (v. 8). Qual è la ragione di un mutamento così vistoso? Lo chiarisce l’ultima quartina, nella quale il poeta ci informa che oggi, in questo giorno ad urlapicchio (v. 11), egli ha finalmente saputo di essere amato per davvero (v. 12) dalla persona da lui amata.

La poesia di Maraini ha la capacità di esprimere senza avere apparentemente un significato razionale: si fonda infatti sullo sfruttamento del fonosimbolismo, sulla creazione di parole che suggeriscono con il loro suono un senso, un’immagine, una precisa condizione. Normalmente usata dai poeti per impreziosire i loro testi, questa tecnica diventa qui un vero e proprio mezzo di comunicazione, come si evince, per esempio, dall’invenzione di parole dure di difficile pronuncia (gli aggettivi dagro e gongruto, v. 2) che genera un effetto sgradevole o, al contrario, dall’allegro zampillare dei suoni acuti nella seconda quartina, legati da una saltellante zeta (zìmpagi e zirlecchi, v. 5, il verbo buzzìllano, v. 7) che trasmette un’infantile allegria.
Inoltre, per rendere possibile l’interpretazione concettuale di versi a prima vista illogici, il poeta inventa parole nuove, che però riecheggiano altre esistenti. L’attributo smègi (v. 1) con cui vengono descritti alcuni giorni ricorda un po’ gli aggettivi “smorto” e “mogio”, usati di norma per definire cose e persone prive di vigore e un po’ noiose. Allo stesso modo, il verbo “luderchiare” (v. 8) fa venire in mente l’aggettivo “ludico”, cioè “giocoso” e “scanzonato”. Possiamo continuare quasi per ogni parola: plògidan (v. 4), con l’inconsueto incontro di “p” con “l”, fa pensare alla pioggia e ai singhiozzi di chi piange, “implorando”; i cantilegi (v. 11), invece, ricordano i canti a gola spiegata di chi è felice e gode pienamente del privilegio della gioia.
 >> pagina 290

Laboratorio sul testo

Comprendere

1. Il poeta si rivolge

  • a a nessuno in particolare.
  • b alla persona amata
  • c a sé stesso.
  • d al lettore.

2. La poesia sembra essere stata scritta

  • a molti mesi dopo la dichiarazione d’amore, ormai trasformata in un ricordo.
  • b il giorno stesso della dichiarazione d’amore che, appena accaduta, fa sentire i suoi effetti nel cuore del poeta.
  • c prima della dichiarazione d’amore, non ancora avvenuta ma immaginata nella speranza del poe­ta.
  • d non importa capire quando, perché la dichiarazione d’amore non è reale ma simbolica.

Analizzare e interpretare

3. I versi 1 e 3 sono accomunati da (sono possibili più risposte)

  • a un parallelismo.
  • b un chiasmo.
  • c un’anafora.
  • d una metafora.

4. Come descriveresti il rapporto tra metro e sintassi?

  • a Di forte tensione: non coincidono quasi mai e ci sono continui enjambement, anche tra una strofa e l’altra.
  • b Di sostanziale coincidenza: la struttura delle frasi corrisponde quasi completamente a quella dei versi, e quella del periodo corrisponde a quella delle strofe.
  • c Di rigida coincidenza: ogni verso corrisponde a una frase, e ogni periodo corrisponde a una strofa, senza eccezioni.

5. Come si è detto nell’analisi, le parole inventate da Maraini ricordano parole realmente esistenti della lingua italiana. Prova a fare delle ipotesi sul significato e sull’origine del vocabolo urlapicchio, che dà il titolo alla poesia.

Competenze linguistiche

6. Associa ciascuna delle seguenti parole alla propria funzione grammaticale.


a) fònzero (v. 2); b) budriosi (v. 3); c) plògidan (v. 4); d) buzzìl­lano (v. 7); e) fèrnagi (v. 8); f) carmidioso (v. 10)


Nomi

Aggettivi

Verbi


7. “Giorno” è la parola chiave del componimento, e si trova in numerose espressioni e frasi fatte. Associa l’espressione al suo significato e scrivi una frase con ciascuna di esse.

  • a) Cento di questi giorni.
  • b) Un bel giorno.
  • c) Sul far del giorno.
  • d) Il buon giorno si vede dal mattino.
  • e) Avere i giorni contati.


1) “All’improvviso, tutto d’un tratto”. Si usa in una narrazione, per introdurre un elemento nuovo e inatteso.

2) “Che tu possa vivere molto a lungo!”. Espressione usata per fare gli auguri di buon compleanno.

3) “Se qualcosa comincia bene, andrà sicuramente bene fino alla fine”. Si usa, anche ironicamente, per esprimere impressioni e giudizi su nuovi lavori, nuovi viaggi, nuove iniziative.

4) “Al mattino, quando la luce del nuovo giorno inizia a diffondersi nel cielo”. Espressione letteraria, di registro elevato.

5) “Essere sul punto di finire”. Si usa per una persona che sta per morire, o qualche cosa che sta per essere distrutto. Ma si può anche usare per un incarico che sta per scadere, o per qualcuno che ha poco tempo in vista di una scadenza.

Produrre

8. Scrivere per raccontare Chi è l’io che pronuncia i versi della poesia? Prova a immaginare, in una storia di circa 30 righe, chi parla, perché dice ciò che dice, a chi si rivolge. Lascia andare la fantasia: puoi immaginare animali parlanti, personaggi storici, extraterrestri, tutto quello che i versi ti suggeriscono.


9. Scrivere per inventare Cerca in rete altre poesie di Fosco Maraini: ti consigliamo, in particolare, di leggere Il lonfo. Quindi prova a cimentarti anche tu nell’invenzione di un testo formato da parole inventate, che però ne evochino altre vere. Illustra poi le peculiarità e il significato del tuo componimento.

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