CARTA CANTA - Un nuovo papiro di Archiloco

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Un nuovo papiro di Archiloco

Come del maiale, anche del papiro non si butta via niente. O almeno è ciò che accadeva nell’antico Egitto, dove quest’elegante pianta palustre veniva usata nella tessitura, come combustibile, come materiale per utensili, calzature, imbarcazioni. Ma soprattutto, il chiaro, leggero, pieghevole papiro fu il principale supporto per la scrittura fino al Medioevo, anche in Europa, come lasciano capire molte lingue che tuttora ne serbano traccia: carta infatti in inglese si dice paper, in tedesco e francese papier, in spagnolo papel.

Un gran numero di testi classici ci è giunto grazie a papiri, recuperati nel corso di scavi archeologici. Sensazionale fu la scoperta che ebbe luogo a Ossirinco, circa 150 km a sud-est del Cairo, dove i greci avevano fondato una città che è stata a lungo fiorente. A fine Ottocento due studiosi inglesi vi trovarono la più sorprendente delle discariche, sepolta sotto uno strato di sabbia. Nel tempo gli abitanti vi avevano stipato un enorme mucchio di cartacce, ovvero papiri, conservati grazie al clima secco. Ne è affiorato un affascinante squarcio sulla vita quotidiana: ricevute di tasse, contratti, testamenti, editti, inventari, atti di compravendita e lettere... persino una ricetta per combattere i postumi delle sbornie, e il frammento di un poema omerico usato come carta igienica!


Diversi papiri in effetti presentano un contenuto letterario: passi noti ma anche brani di opere andate disperse, di maestri come Saffo, Alceo, Bacchilide, Callimaco, Menandro. Sino a oggi sono già stati pubblicati oltre ottanta volumi, ma nelle scatole ora conservate a Oxford attendono di vedere la luce migliaia di brandelli, che promettono di riservare parecchie sorprese.

Un valido aiuto da questo punto di vista è fornito dalle nuove tecnologie, come il multispectral imaging, che permette di decifrare minime tracce d’inchiostro. È stato così possibile migliorare la comprensione di un testo attribuibile ad Archiloco di Paro (680-645 a.C. ca.), noto con la sigla P Oxy. 4708. Pubblicato per la prima volta nel 2004, è in pessime condizioni e privo dell’inizio, ma nelle parti leggibili presenta una ventina di versi dal valore inestimabile: uno dei primi esempi noti di uso del mito nella poesia lirica del periodo arcaico. Per risollevare gli animi di un gruppo di coloni greci, costretti alla fuga, Archiloco rievoca un episodio della spedizione contro Troia: diretti verso la città nemica gli Achei perdono la rotta e finiscono in Misia, una regione dell’Asia Minore, dove l’eroe Telefo li ricaccia indietro, facendone strage. La sorte ha dunque voluto che pervenisse nelle nostre mani il racconto di un’altra disfatta, che si affianca al celeberrimo frammento in cui il poeta si vanta d’aver perduto lo scudo, ma salvato la vita.

La dolce fiamma - volume B plus
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Poesia e teatro - Letteratura delle origini