T2 - Archiloco, Lo scudo

T2

Archiloco

Lo scudo

  • Frammento 5 West
  • Data di composizione VII secolo a.C.
  • Lingua originale greco antico
  • Metro della traduzione versi liberi
Nato nell’arcipelago delle Cicladi, a Paro, Archiloco vive intorno alla metà del VII secolo a.C. Il padre appartiene alla nobiltà locale, mentre la madre è forse una schiava. Le poche notizie sicure sulla sua vita si ricavano dai circa trecento frammenti sopravvissuti alla perdita della sua vasta opera. La bravura e la versatilità dimostrata in tutti i generi poetici in voga al suo tempo hanno portato gli antichi a celebrarlo come un maestro indiscusso, del livello di Omero. La caratteristica principale dei suoi versi è l’invettiva, che usa con toni molto accesi ai danni dei suoi nemici personali. Di certo Archiloco combatte come soldato mercenario; il mestiere delle armi lo fa approdare sulle coste anatoliche, a Creta e a Taso, un’isola situata nel Nord del mar Egeo, dove i suoi antenati avevano fondato una colonia. Qui, impegnato a più riprese nel sedare le rivolte delle popolazioni locali, muore durante un combattimento.

Durante una battaglia Archiloco si trova nella necessità di abbandonare al nemico il suo bellissimo scudo. Si tratta di un gesto che i contemporanei considerano deplorevole e che tacciano come segno di viltà, ma di cui il poeta non si vergogna perché rivendica un valore molto più alto: quello della vita.

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Audiolettura

Del mio scudo si fa bello

uno dei Saii. Presso un cespuglio

lo dovetti lasciare; e non volevo.

Che bellezza di scudo! Ma salvai

5      la pelle. Alla  malora! Non m’importa

più. Ne avrò un altro, migliore.


Archiloco, Frammento 5 West, trad. di M. Valgimigli, in Saffo, Archiloco e altri lirici greci, Mondadori, Milano 1968

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A tu per tu con il testo

A chi riserviamo oggi il termine “eroe”? Di solito a qualcuno che compie un eccezionale atto di coraggio, sacrificandosi per gli altri o in nome di qualche nobile idea. Può essere il negoziante che si rifiuta di pagare il pizzo, il medico che rischia di infettarsi pur di fermare un’epidemia, il passante che si tuffa in mare vedendo un bambino che rischia di annegare. L’eroismo di Achille o di Ettore era di un’altra specie. Nelle società tradizionali, e dunque anche nell’antica Grecia, il campo nel quale si misurava il valore di un uomo era innanzitutto la guerra. Nessuna onta era superiore alla fuga dinanzi al nemico. Archiloco ne è consapevole, ed è proprio tenendo presente la mentalità comune ai suoi tempi che rivendica il buon senso grazie al quale ha salvato la sua vita. Sa che gli daranno addosso per avere abbandonato lo scudo, e non gli importa. Il coraggio non è incoscienza. Quante volte capita anche a noi di fare una stupidaggine, pur di non rischiare di passare per codardi?

Questo oplita (soldato di fanteria), rappresentato sulla sua stele funeraria, non è ritratto con l’enfasi celebrativa delle odi per gli eventi bellici, ma con lo sguardo malinconico e assorto di chi ripensa alla propria vita.

Analisi

Archiloco è fra i primi poeti a mettere in campo la propria esperienza personale per affrontare un argomento delicato come la guerra. Nei suoi versi, più che i momenti drammatici della battaglia o quelli ufficiali delle celebrazioni, ricorrono pause e riflessioni disinvolte, nelle quali emerge un carattere deciso, litigioso, estraneo alla retorica. Se Omero parlava di leggendarie imprese compiute da eroi di inarrivabile valore, egli trae spunto dalle situazioni che si è trovato a vivere quotidianamente in qualità di soldato, costretto a combattere non in nome di ideali, ma per guadagnarsi da vivere: «Nella lancia ho il pane, nella lancia il vino» si legge in un altro suo frammento. Prima della gloria, per lui contano il buon senso e l’abilità nell’evitare i pericoli per “salvare la pelle” (vv. 4-5). Achille, o un qualunque altro eroe epico, non avrebbe mai ragionato in questo modo: meglio una morte onorevole in battaglia che fuggire volgendo le spalle al nemico.

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Nella Grecia classica lo scudo era un oggetto prezioso, fosse un acquisto, un’eredità di famiglia, o bottino di guerra strappato al nemico. «O con questo o sopra questo», dicevano le madri spartane, indicando lo scudo, nel congedare i figli in partenza per la guerra, e intimando loro di tornare vittoriosi o piuttosto morti, adagiati sullo scudo dai compagni superstiti. Secondo la morale dell’epoca Archiloco, che ha lasciato il proprio scudo Presso un cespuglio (v. 2), appare dunque responsabile di una grave mancanza. In effetti il poeta si dice molto seccato dall’accaduto, e in particolare dall’opportunità offerta a qualcuno dei Sai di pavoneggiarsi con il suo equipaggiamento. Sulla vergogna prevale tuttavia il dispiacere per la perdita di un ottimo strumento di combattimento, il cui valore simbolico lo lascia pressoché indifferente. In fin dei conti, esso ingombra e rende difficoltosa la ritirata, e questo è tutto: meglio liberarsene.
Siamo dunque al cospetto di un inno alla codardia? Certo, la sfida alla morale del tempo è spavalda ed esplicita: la sincerità con cui scrive Archiloco in epoca antica scandalizzò molti, e non mancarono le invettive nei suoi confronti. Sarebbe erroneo tuttavia credere che voglia in qualche modo esaltare un atto di viltà, o difendere una mentalità incline al pacifismo. Tutt’altro. I versi del frammento appartengono probabilmente a un componimento destinato ai suoi commilitoni, per spronarli alla rivincita. Un soldato morto è un soldato che non combatterà mai più. Un soldato che si salva potrà invece tornare all’attacco contro i nemici. Una volta che si sarà procurato uno scudo migliore (v. 6), potrà trovare presto l’occasione per riscattarsi.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Un soldato dei Sai si fa bello (v. 1) con lo scudo del poeta, ovvero

  • a ritiene che lo scudo gli stia addosso molto bene. 
  • b ritiene che lo scudo stia molto bene con il resto dell’armatura. 
  • c usa lo scudo come ornamento. 
  • d si vanta di averlo strappato al nemico. 


2. Che cosa è successo allo scudo?

  • a È stato perso.
  • b È stato abbandonato.
  • c È stato preso come bottino dal nemico.
  • d Si è rotto.


3. Che cos’ha intenzione di fare il poeta?

  • a Procurarsi un nuovo scudo.
  • b Tornare a recuperare lo scudo.
  • c Lasciare il mestiere delle armi.
  • d Arruolarsi con il nemico.

ANALIZZARE E INTERPRETARE

4. Il componimento è in forma di

  • a dialogo con un commilitone.
  • b discorso indiretto libero.
  • c monologo interiore.
  • d flusso di coscienza.


5. Quale valore espressivo hanno le esclamazioni presenti nel testo?


6. A quale registro linguistico appartiene il lessico usato? Rispondi fornendo gli opportuni esempi. Perché è usato proprio questo registro?


7. Individua nel testo le parti in cui il poeta e­­sprime:

a) sollievo per essersi salvato;

b) rimpianto per aver lasciato lo scudo;

c) desiderio di riscatto;

d) noncuranza per il giudizio altrui.

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COMPETENZE LINGUISTICHE

8. Lessico. I superlativi e i comparativi. “Migliore” è il comparativo di “buono” e deriva direttamente dal latino. Così come “buono”, altri aggettivi qualificativi di uso molto comune hanno comparativi e superlativi di origine latina, che non si formano, come di consueto, con la forma perifrastica (“più buono”) o con il suffisso “-issimo” (“buonissimo”). Con l’aiuto del dizionario individuali e poi scrivi una frase per ciascuno di essi.



Comparativo
Superlativo

a) Buono

   

b) Cattivo

   

c) Grande

   

d) Piccolo

   

e) Alto

   

f) Basso

   

PRODURRE

9. Scrivere per raccontare In quale occasione il povero Archiloco sarà stato costretto ad abbandonare il suo scudo? Racconta (massimo 15 righe).


10. Scrivere per persuadere Immagina di essere un compagno d’armi di Archiloco e di doverlo convincere a recuperare lo scudo (massimo 15 righe).

SPUNTI DI RICERCA interdisciplinare

Educazione civica

Nell’antica Grecia, tutti i cittadini che potevano permettersi la spesa di un’armatura venivano chiamati a combattere in caso di necessità. In Italia il servizio di leva è stato obbligatorio, secondo modalità differenti, dal 1861 al 2004. Oggi chi presta servizio di leva, e secondo quali norme? E negli altri paesi del mondo, com’è organizzato il servizio militare? Dividetevi in gruppi e fate una ricerca su questo argomento.

Storia

Lo scudo rotondo dei soldati greci era detto oplon: faceva parte dell’armamentario (panoplia) che tutti i cittadini in grado di combattere dovevano possedere e dava il nome alla “falange oplitica”, una particolare formazione di combattimento. Sai come funzionava? Fai una breve ricerca sull’“arte della guerra” in età greca ed esponila a voce in circa due minuti.

SPUNTI PER discutere IN CLASSE

Il soldato Archiloco abbandona il proprio scudo per salvarsi la vita: ma per un soldato è meglio sopravvivere o morire gloriosamente? Dividetevi in due gruppi e organizzate un dibattito su questo tema.

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Se ti è piaciuto

Eroi del lavoro

Non è solo sui campi di battaglia che sfolgora il coraggio. Più umili dei guerrieri, ma non per questo meno importanti, sono gli uomini che hanno perso la vita lavorando. Solo nel secondo Ottocento il loro eroismo viene riconosciuto e celebrato come merita dagli artisti. Un caso esemplare è rappresentato dal gesso che il ticinese Vincenzo Vela (1820-1891) scolpì nel 1882, commosso dalla sorte dei duecento lavoratori morti nella ciclopica impresa che portò alla costruzione nelle Alpi svizzere del tunnel ferroviario del San Gottardo, allora il più lungo al mondo. Vela rappresenta la processione di un gruppo di operai, muti e rabbuiati, che trasportano su una barella il compagno morto. I corpi muscolosi a prima vista danno l’impressione di figure classiche, ma a un esame più attento si riconoscono gli stivaloni, il martello, la lanterna, un impermeabile con il cappuccio.

Compiere il proprio dovere espone a rischi in molti altri campi. Negli anni Settanta del secolo scorso lo dimostra la rettitudine del­l’avvocato milanese Giorgio Ambrosoli, che – scoperta una serie di illeciti e contatti fra banche e malavita – continuò a svolgere il proprio lavoro senza cedere alle minacce, e venne per questo assassinato nel 1979. La vicenda ispirò al giornalista Corrado Stajano (n. 1930) il libro Un eroe borghese (1991), trasposto da Michele Placido in un film con il medesimo titolo (1995).

Nell’immaginario contemporaneo i personaggi che meglio incarnano il modello dell’eroe sono probabilmente i medici. Non a caso sono numerose, e amatissime dal pubblico, le serie tv dedicate agli infiniti casi difficili o disperati che si rincorrono nelle corsie degli ospedali, dove professionisti determinati cercano di trovare la soluzione giusta per salvare vite umane, usando insieme alle nozioni scientifiche un mix di esperienza, intuizione, audacia.

Ma eroe è oggi anche chi si sacrifica per garantire una vita dignitosa alla propria famiglia: su questo insiste uno dei pezzi più intensi del rapper pugliese Caparezza (pseudonimo di Michele Salvemini, n. 1973), Eroe (Storia di Lui­gi Delle Bicocche).

La dolce fiamma - volume B plus
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Poesia e teatro - Letteratura delle origini