T1 - TESTO GUIDA - Pier Paolo Pasolini, Il pianto della scavatrice (da Le ceneri di Gramsci)

testo guida

T1

Pier Paolo Pasolini

Il pianto della scavatrice

  • Tratto da Le ceneri di Gramsci, 1957
Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna nel 1922 da un ufficiale di carriera e da un’insegnante elementare friulana. Dopo vari traslochi al seguito del padre, a Bologna frequenta il liceo e si iscrive alla facoltà di Lettere, in cui si laurea nel 1945. Si è nel frattempo trasferito nel paese materno, Casarsa della Delizia, dove esordisce con una raccolta di versi in dialetto friulano, Poesie a Casarsa (1942). In guerra il padre è fatto prigioniero in Africa mentre il fratello minore Guido, che aveva aderito alla Resistenza, viene ucciso da una milizia di partigiani comunisti. La scoperta dell’omosessualità e una denuncia per corruzione di minori rendono a Pasolini la vita in Friuli sempre più difficile. Decide di trasferirsi con la madre a Roma: qui vive anni di straordinaria fertilità, frequentando gli ambienti intellettuali della capitale, ma anche le borgate di periferia, che gli offrono materiali per i due romanzi Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959). Gli studi sulla poesia dialettale e popolare, così come la raccolta poetica Le ceneri di Gramsci (1957), consolidano la sua fama, ulteriormente accresciuta dall’attività di regista cinematografico, intrapresa nel 1961 con il film Accattone. Negli anni sviluppa un pessimismo sempre più cupo nei confronti della società borghese, che attacca dalle colonne delle principali testate italiane fino al 1975, quando viene assassinato in circostanze oscure, a Ostia.

Nel poemetto Il pianto della scavatrice Pier Paolo Pasolini descrive i cambiamenti economico-sociali che, nel secondo dopoguerra, trasformarono l’Italia in un paese moderno. Nella VI sezione, qui riportata, il poeta sente il rumore di una scavatrice al lavoro in un cantiere. Il frastuono gli pare un grido pieno di angoscia: il lamento di un passato perso per sempre, travolto dallo sviluppo della civiltà industriale. Nei versi emerge la vicinanza sentimentale dell’autore agli operai e agli oppressi, che in silenzio lottano per la giustizia sociale.

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Audiolettura

Nella vampa abbandonata

del sole mattutino – che riarde,

ormai, radendo i cantieri, sugli infissi

riscaldati – disperate

5      vibrazioni raschiano il silenzio

che perdutamente sa di vecchio latte,


di piazzette vuote, d’innocenza.

Già almeno dalle sette, quel vibrare

cresce col sole. Povera presenza


10    d’una dozzina d’anziani operai,

con gli stracci e le canottiere arsi

dal sudore, le cui voci rare,


le cui lotte contro gli sparsi

blocchi di fango, le colate di terra,

15    sembrano in quel tremito disfarsi.

Ma tra gli scoppi testardi della

benna, che cieca sembra, cieca

sgretola, cieca afferra,


quasi non avesse meta,

20    un urlo improvviso, umano,

nasce, e a tratti si ripete,


così pazzo di dolore, che, umano,

subito non sembra più, e ridiventa

morto stridore. Poi, piano,


25    rinasce, nella luce violenta,

tra i palazzi accecati, nuovo, uguale,

urlo che solo chi è morente,


nell’ultimo istante, può gettare

in questo sole che crudele ancora splende

30    già addolcito da un po’ d’aria di mare…

A gridare è, straziata

da mesi e anni di mattutini

sudori – accompagnata


dal muto stuolo dei suoi scalpellini,

35    la vecchia scavatrice: ma, insieme, il fresco

sterro sconvolto, o, nel breve confine


dell’orizzonte novecentesco,

tutto il quartiere… È la città,

sprofondata in un chiarore di festa,

40    – è il mondo. Piange ciò che ha

fine e ricomincia. Ciò che era

area erbosa, aperto spiazzo, e si fa


cortile, bianco come cera,

chiuso in un decoro ch’è rancore;

45    ciò che era quasi una vecchia fiera


di freschi intonachi sghembi al sole,

e si fa nuovo isolato, brulicante

in un ordine ch’è spento dolore.

Piange ciò che muta, anche

50    per farsi migliore. La luce

del futuro non cessa un solo istante


di ferirci: è qui, che brucia

in ogni nostro atto quotidiano,

angoscia anche nella fiducia


55    che ci dà vita, nell’impeto gobettiano

verso questi operai, che muti innalzano,

nel rione dell’altro fronte umano,


il loro rosso straccio di speranza.


Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci, Einaudi, Torino 1981

 >> pagina 244

A tu per tu con il testo

La città è il luogo migliore per osservare l’avanzata del progresso, ma anche per comprendere i costi, spesso altissimi, che comporta. Ogni cambiamento del resto implica una perdita, e solo in futuro sapremo se ne sia valsa davvero la pena. Gli anni in cui Pasolini scrive Il pianto della scavatrice sono gli anni del cosiddetto “boom economico”, ma anche della dissennata speculazione edilizia che sfigurò la nostra penisola, causando danni gravissimi, che solo oggi vediamo con chiarezza. Tanti italiani allora non ci badavano, troppo impegnati a conquistarsi un’esistenza dignitosa, a scuotersi di dosso una povertà secolare. Proviamo allora a chiederci che cosa penseranno di noi i nostri nipoti, quando si guarderanno indietro, per considerare il modo in cui avremo affrontato le drammatiche emergenze ambientali del nostro tempo.

Laboratorio sul testo

comprendere

1. In quale momento del giorno il poeta sente vibrazioni che squassano il silenzio?

  • a Nel primo pomeriggio. 
  • b Nel cuore della notte. 
  • c Verso il tramonto. 
  • d Di mattina. 

2. Come vengono descritti gli operai presenti nel cantiere?


3. Che cosa fa la scavatrice, umanizzata?


4. Quale azione compiono gli operai, nella parte finale del componimento? Qual è il significato di tale gesto?

Analizzare e Interpretare

5. Tra i vv. 41 e 48, l’autore pone in antitesi il vecchio mondo contadino e quello, nuovo, della città. Indica sul quaderno le immagini usate per descrivere l’uno e l’altro.


6. La rima tra i vv. 25 e 27 (violenta : morente) è

  • a difficile.
  • b ricca.
  • c identica.
  • d quasi-rima.


7. Il componimento presenta una continua alternanza di tipologie di versi, ma in chiusura la loro misura si regolarizza. Gli ultimi tre versi sono infatti tutti

  • a ottonari.
  • b novenari.
  • c endecasillabi.
  • d dodecasillabi.

Competenze linguistiche

8. Nella poesia sono presenti sostantivi e aggettivi oggi poco usati nel linguaggio quotidiano. Oltre a quelli indicati in nota, aggiungi almeno un sinonimo alle seguenti voci:


stridore

 

rancore

 

stuolo

 

sghembo

 

sterro

     

Produrre

9. Scrivere per descrivere Indossa i panni del cronista e descrivi con piglio realistico la scena che il poeta ha rappresentato nel componimento. La tua cronaca dovrà essere priva dei connotati simbolici presenti nella poesia e non supererà le 30 righe.

SPUNTI DI RICERCA interdisciplinare

Storia

Pasolini scrive questi versi agli albori del cosiddetto “boom economico”, quando l’Italia conobbe una vorticosa crescita industriale. Svolgi una ricerca su questo periodo storico, chiedendo, se possibile, anche una testimonianza diretta a chi l’ha vissuta. Quindi prepara una relazione orale di circa cinque minuti.

SPUNTI PER discutere IN CLASSE

L’autore ritiene che lo sviluppo industriale e l’abbandono delle campagne siano stati fenomeni negativi. Discutete questo suo punto di vista dividendovi tra chi è d’accordo con lui e chi invece non rimpiange il mondo contadino, con i suoi costumi e le sue tradizioni.

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Poesia e teatro - Letteratura delle origini