T7 - Eugenio Montale, Ho sceso, dandoti il braccio (da Satura)

T7

Eugenio Montale

Ho sceso, dandoti il braccio

  • Tratto da Satura, 1971
  • Lingua originale due strofe di versi liberi
Eugenio Montale nasce nel 1896 a Genova, ultimo dei sei figli di una famiglia benestante. Studia ragioneria e comincia a prendere lezioni di canto. Durante la Prima guerra mondiale frequenta un corso per ufficiali e nel 1918 è al fronte, arruolatosi come volontario. Dopo essere entrato in contatto con alcuni tra i più importanti intellettuali del tempo, nel 1925 esordisce con la prima raccolta di versi, Ossi di seppia, che combina il paesaggio scabro della sua Liguria con un profondo slancio filosofico ed esistenziale. Alla fine degli anni Venti si impiega presso la casa editrice Bemporad, mentre dal 1929 dirige il Gabinetto Vieusseux, un’antica istituzione culturale di Firenze. In questi anni conosce Drusilla Tanzi, che in seguito diverrà sua moglie, e Irma Brandeis, la musa che ispirerà Le occasioni, il secondo libro di poesie, uscito nel 1939. Nel dopoguerra acquista una fama sempre maggiore, e dal 1948 si trasferisce a Milano, per lavorare al “Corriere della Sera”. Tra le sue opere, ricordiamo La Bufera e altro (1956) e Satura (1971), che rappresenta l’approdo a uno stile prosastico e ironico, molto lontano dalla lirica evocativa degli esordi. Nel 1975 riceve il premio Nobel per la letteratura. Muore nel 1981 a Milano.

Montale scrive questa lirica tra il 1964 e il 1967, qualche anno dopo la morte di sua moglie, Drusilla Tanzi, da lui soprannominata “Mosca” per le spesse lenti da vista che la donna portava a causa di una forte miopia. Compagna fedele di una vita, Mosca viene qui ricordata come il simbolo, dolce e indispensabile, dell’amore coniugale: la sua mancanza fa affiorare nel poeta il ricordo dei gesti semplici della quotidianità. Gesti affettuosi di una complicità che neppure la morte può cancellare.

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Audiolettura

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Il mio dura tuttora, né più mi occorrono

5      le coincidenze, le prenotazioni,

le trappole, gli  scorni di chi crede

che la realtà sia quella che si vede.


Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio

non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.

10    Con te le ho scese perché sapevo che di noi due

le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,

erano le tue.


Eugenio Montale, L’opera in versi, Einaudi, Torino 1980

 >> pagina 192

A tu per tu con il testo

Quando la persona che amiamo si allontana da noi, in che cosa e quando sentiamo la sua mancanza in modo più doloroso? Non vederne gli occhi, non sentirne la voce e la presenza fisica, certo: come negarlo? Non godere più dei gesti d’affetto e dei baci scambiati per un anno o solo per poche settimane? Ma forse, come ci fa capire Montale, la sofferenza per la separazione si avverte soprattutto nelle situazioni più semplici, nei riti che compiamo quotidianamente in modo meccanico. Il ricordo di chi manca proprio in questi momenti è struggente: davamo per scontato il suo essere accanto a noi tutti i giorni e forse non l’apprezzavamo, ma ora… Anche scendere le scale, senza di lei o senza di lui, diventa un’impresa senza protezione, che dà le vertigini.

 >> pagina 193

Analisi

Ieri e oggi: l’alternanza dei tempi verbali suggella già dai primi due versi l’oscillare della mente del poeta tra il ricordo del passato (Ho sceso) e il presente (non ci sei). La mancanza della donna amata, con la quale egli ha condiviso il percorso esistenziale, determina ora un vuoto incolmabile: il viaggio della vita insieme, che ossimoricamente è breve e al tempo stesso lungo (v. 3), si è concluso lasciando in lui un profondo senso di smarrimento. Come fare da solo? Come riuscire a vivere ogni istante senza di lei? Mancherà la guida di tutti i giorni, la presenza fidata che lo soccorreva nelle piccole e grandi difficoltà riservate dalla vita, quel sostegno complice e reciproco, lontano da ogni passione travolgente, che per il poeta costituisce il carattere fondamentale dell’amore.
Anche se la vista del poeta era migliore di quella della donna, era tuttavia quest’ultima a mostrare saggezza e lungimiranza. Le sue pupille erano offuscate (v. 11) a causa della miopia di cui soffriva, ma ciò non le impediva di cogliere la realtà più degli altri, spingendosi oltre le apparenze, intuendo la sostanza più profonda delle cose, a differenza della maggioranza degli uomini, troppo impegnati nelle inutili preoccupazioni giornaliere (le coincidenze, le prenotazioni, / le trappole, gli scorni, vv. 5-6). In tal modo, la vista assume nel componimento una valenza letterale e contemporaneamente metaforica, che si esprime attraverso l’ambiguità del verbo “vedere”. Il verso 7 rivela chiaramente questa contraddizione: la vista migliore è quella di coloro che non si accontentano della vacua e futile superficie della realtà.

Con la moglie scomparsa Montale intende instaurare un colloquio semplice e intimo, rinunciando ai compiacimenti retorici e a ogni artificio fittizio. Per questo la lirica ha quasi l’andamento di un discorso in prosa, con un linguaggio e uno stile semplici, una sintassi lineare, un ritmo piano e un tono controllato che evita impennate improvvise. L’anafora Ho sceso apre le due strofe, riprendendo con leggera variazione l’iperbole (un milione, v. 1; milioni, v. 8) delle scale. È come se un pensiero ossessivo e ripetitivo ritornasse alla mente del poeta: il ricordo dell’essenza più autentica di una meravigliosa comunione di due anime.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.


a) Il poeta e la moglie hanno attraversato insieme molti momenti difficili.

  • V   F

b) Ora che la moglie non c’è più, il poeta percepisce un senso di vuoto.

  • V   F

c) Il poeta, ormai da solo, si consola viaggiando in continuazione.

  • V   F

d) Il poeta, ormai da solo, non dà più importanza alle delusioni.

  • V   F

e) Il poeta ritiene che per vedere la verità sia necessario andare oltre le apparenze.

  • V   F

f) La moglie del poeta, miope, veniva affettuosamente chiamata “quattrocchi”.

  • V   F

g) Insieme alla moglie il poeta riusciva ad avere una visione più piena della realtà.

  • V   F

h) La moglie del poeta era, fra i due, quella che meglio comprendeva la realtà.

  • V   F

 >> pagina 194 

ANALIZZARE E INTERPRETARE

2. Che cosa rappresentano, metaforicamente, le scale e i gradini?


3. Perché il tempo trascorso dal poeta con la moglie è contemporaneamente breve e lungo?


4. Qual è l’atteggiamento del poeta verso le incombenze quotidiane?


5. Che valore ha il gesto del “dare il braccio”, nella prima e nella seconda strofa? Considera anche quanto il poeta afferma a proposito del “vedere”.


6. Lo stile del componimento è volutamente prosastico e colloquiale, ma sono comunque presenti alcuni accorgimenti metrici e retorici: prova a individuarli.


7. Quale immagine del rapporto coniugale viene delineata nel componimento? Esponi le tue considerazioni.

COMPETENZE LINGUISTICHE

8. Lessico. I sinonimi. Il verbo “vedere” ha moltissimi sinonimi, ciascuno con una sfumatura differente. Te ne diamo alcuni: dopo aver controllato il loro significato sul dizionario, scrivi una frase per ciascuno di essi.


Sinonimo

Significato

Frase

scorgere

   

adocchiare

   

avvistare

   

osservare

   

assistere

   

distinguere

   

contemplare

   

spiare

   

PRODURRE

9. Scrivere per esprimere Immagina una possibile risposta della moglie del poeta a questo componimento (massimo 15 righe).

SPUNTI PER discutere IN CLASSE

  • Che cosa si prova quando si ricorda un amore che, per i più svariati motivi, non c’è più?
  • Nella tradizione lirica amorosa è molto più frequente la celebrazione del momento dell’innamoramento e dei momenti iniziali di una relazione piuttosto che quella di un amore durato a lungo nel tempo: che cosa pensi, invece, della scelta di Montale di dedicare una serie di componimenti alla moglie, con cui ha vissuto lunghi anni di matrimonio? Ti sembra che il sentimento che ne emerge sia meno intenso e sincero rispetto a quello espresso in componimenti più “tradizionali”? Confrontati con i compagni.

P@ROLE IN RETE

Hai appena rotto una relazione d’amore o di amicizia di lunga durata; per esprimere la tua sofferenza decidi di pubblicare sulla tua pagina Facebook una poesia di massimo 10 versi accompagnata da un’immagine per te significativa. Condividi con i tuoi compagni il testo scritto e l’illustrazione scelta.

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