T1 - Marco Balzano, Il piccolo emigrante

T1

Marco Balzano

Il piccolo emigrante

  • romanzo

Alla fine degli anni Cinquanta Milano era in un momento di straordinaria crescita economica, che finì con l’attrarre moltissimi immigrati dall’Italia meridionale. Marco Balzano (n. 1978), scrittore e insegnante, immagina la storia di uno di loro. Ninetto – un bambino siciliano di nove anni – decide di lasciare il paese per cercare fortuna nel ricco capoluogo lombardo. Dopo un lungo viaggio in treno e una notte passata all’addiaccio, di fianco alla stazione, arriva a Baranzate, nell’hinterland milanese, dove i parenti di un compaesano sono pronti a ospitarlo. Il mattino dopo il giovane si reca in centro, deciso a trovare subito lavoro. Il momento sembra propizio, ma non è facile confrontarsi con una città dove la gente parla e si veste in un modo tanto diverso dal suo. Per fare fortuna servono pazienza, umiltà e tenacia: doti che a Ninetto non mancano.

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Audiolettura

Tirava un vento grosso1 e appena sceso dal tram mi arrivò addosso una coppola2
a quadri volata dalla capa3 pelata di un signore. Subito me la infilai in testa
e quando quello si guardò attorno disperato entrai in un vicoletto come pure
ce ne sono a Milano se li sai cercare.

5      Cominciai dai barbieri. Entravo, mi toglievo la coppola che mi arrivava sul
naso e chiedevo.
«Napulì4 non ne vogliamo», rispondevano certi senza nemmeno lasciarmi
finire la domanda.
Chiariamoci subito: questa storia di essere chiamato napulì l’ho sopportata

10    perché giravo con un maglione cucito da mamma mia con al centro una
bella N, che però era quella di Napoleone, il generale vittorioso, non di Ninetto
e tanto meno di napulì. Io credevo che fosse per la lettera del maglione
che mi chiamavano in quel modo e allora lasciai correre, mica potevo
ogni volta stare a spiegare che io a Napoli non c’ero stato mai e sapevo solo

15    la scheda di geografia.5 Uscivo dalle botteghe e nella loro lingua strana mi
gridavano di chiudere bene la porta. A furia di chiedere capii che i barbieri
avevano già tanti picciriddi6 che spazzavano per terra e passavano forbici,
pennellesse7 e pomate, allora entrai in una decina di bar, ma niente. In una
panetteria. In una pizzeria. In una libreria. In una camiceria! Un negozio

20    mai visto, con camicie ovunque, ma niente pure lì. Finché il corso terminò.

Davanti a me cominciava un’altra strada larga e poi i giardini di Porta Venezia.
Mi fermai con le mani a visiera sulla fronte a guardarmi in giro. Feci
ballare gli occhi e vidi dall’altra parte della strada nuovi negozi. Su uno c’era
scritto «Lavanderia del Corso». Andai a vedere. Dietro i vetri c’erano quattro

25    ragazze che stiravano e sbuffi di vapore gli facevano le guance rosse come
pesche. Erano belle, ma più di tutte una, bionda e con le minne8 abbondanti!
Un cartello sulla porta diceva «Cercasi galoppino».9 Di scatto mi pettinai
con le mani ed entrai. Una di loro mi guardò senza interesse e chiamò la
padrona. Quella gridò: «Chiedigli se può cominciare oggi! Chiedigli se ha la

30    bicicletta!», finché la ragazza mi accompagnò nella stanza da dove arrivava
quella voce sgraziata. Prima di farmi entrare mi disse nell’orecchio: «Quando
ti chiede se conosci le strade di Milano, rispondi sempre sì, altrimenti niente
lavoro», e mi spinse dentro.
Dietro a un tavolo c’era una grassona con gli occhiali in punta di naso e le

35    mani piene di ricevute, fatture e cartacce.
«Mi devo fidare di te o sei come gli altri napulì?».
«Neanche per sogno, signora mia».
«Conosci le vie di questa zona?».
«A menadito».10

40    «Sicuro che non sei come gli altri napulì?».
«Signora, ve lo giuro», e mi baciai le dita a croce.
«Per la bicicletta mi devi lasciare tre giorni di caparra.11 Lo stipendio è di
1800 lire12 alla settimana, ti pago il sabato».
«Signora, io sono pronto, la paga mi va bene, ma purtroppo non so cos’è

45    questa caparra altrimenti ve la lasciavo».
Borbottava e sbruffava13 la grassona ma ormai ce l’avevo in pugno. Le raccomandazioni
che mi faceva sull’educazione da tenere coi signori a cui dovevo
consegnare vestiti e con i camerieri dei ristoranti a cui dovevo portare tovaglie
e tovaglioli erano aria fritta.14 Avevo un lavoro e una bicicletta! Mi venne

50    voglia di scrivere una lettera con la carta velina per dare la notizia a tutta San
Cono.15 Sul momento mi sentii eccezionale e fortunatissimo, ma la verità è
che il lavoro, in quegli anni, e anche in quelli dopo, non mancava mai. Potevi
permetterti di mandare pure il padrone a farsi fottere, lui e tutta la sua razza,
che uscivi disoccupato il venerdì e il lunedì avevi rimediato da un’altra parte.

55    Il lavoro era semplice. Ritirare le vestaglie nel cellophane16 dalla Carmela,
le camicie dalla Elena, le tovaglie dalla Maria Rosa e insieme alla Lucia
sistemarle con cura nella cesta di vimini legata alla bicicletta. Le ragazze mi sorridevano
come tante mamme e ogni volta che tornavo per ricaricare la cesta
morivo dalla voglia di farmi abbracciare e infilare la testa nelle minne della

60    Maria Rosa. Le consegne erano quasi tutte sul Corso, al limite in viale Abruzzi,
e non mi perdevo perché da cercare
c’era solamente il numero civico.
Però ero lento, ancora stordito dal
treno che mi fischiava nelle orecchie,

65    il freddo nelle ossa per la notte alla
stazione, lo  squallore dell’alveare…17
Sulla bicicletta, poi, non toccavo terra
e per montare dovevo salire sul gradino
della lavanderia. Una faccenda

70    molto complicata. Forse non sono caduto
mai perché Dio mi teneva con la
sua mano grande e invisibile.


Marco Balzano, L’ultimo arrivato, Sellerio, Palermo 2014

 >> pagina 730 

Laboratorio sul testo

1. I milanesi chiamano Nino napulì perché

  • a ha la N di “Napoli” sul maglione. 
  • b viene da Napoli. 
  • c in milanese significa “ragazzino”. 
  • d è un soprannome generico per i meridionali. 

2. In quali negozi Nino va a cercare lavoro?


3. Che tipo di lavoro trova Nino alla “Lavanderia del Corso”?

  • a Deve aiutare le lavoranti a lavare i panni. 
  • b Deve aiutare la padrona con i conti e le fatture. 
  • c Deve andare a consegnare la biancheria lavata e stirata. 
  • d Deve andare a ritirare la biancheria da lavare. 


4. Quali sono le due caratteristiche richieste al galoppino della lavanderia?


5. Il narratore della vicenda è

  • a interno protagonista. 
  • b interno testimone. 
  • c esterno onnisciente. 
  • d esterno con focalizzazione interna. 


6. Il piccolo Nino, pur venendo da un contesto sociale povero e arretrato, non è del tutto incolto e analfabeta, ma ha frequentato, almeno in parte, la scuola: da che cosa lo capisci?


7. Qual è l’atteggiamento della padrona della lavanderia verso Nino?


8. Che tipo di rapporto si instaura fra Nino e le lavoranti della lavanderia?


9. Nonostante l’entusiasmo per il nuovo lavoro, la nuova vita milanese di Nino è ancora difficile: individua il passo del testo da cui lo si evince.

 >> pagina 731

Primi passi verso l’Esame di Stato: il testo argomentativo

Utilizzo della 3a persona singolare per dare autorevolezza alla dimostrazione

Strutturazione del periodo con ipotassi

Come abbiamo già detto, oggettivare un racconto (cioè renderlo più oggettivo) contribuisce a rendere più credibile l’opinione espressa. A rendere meno soggettiva una storia offre un grande aiuto l’utilizzo della terza persona singolare, che fornisce maggiore autorevolezza a quanto riportato. Per dare più efficacia a un’argomentazione, inoltre, è importante un buon impiego della ipotassi, cioè dell’insieme di quelle frasi subordinate che indicano le cause, le conseguenze, il contesto in cui avviene una determinata azione.

L’avventura di Ninetto alle prese con la ricerca di un lavoro in un ambiente a lui estraneo è raccontata da Marco Balzano in prima persona. La stessa lingua utilizzata è vivacizzata da espressioni colloquiali (capa pelata, r. 2; la scheda di geografia, r. 15), influenze dialettali a livello di sintassi o lessico (da mamma mia, r. 10; picciriddi, r. 17), espressioni gergali talvolta al limite del triviale (erano aria fritta, r. 49; farsi fottere, r. 53). La struttura sintattica, soprattutto nella parte centrale in cui si descrivono i tentativi di approccio da parte di Ninetto nei negozi di un vicolo di Milano, è caratterizzata dall’uso prevalente della paratassi, che scandisce le azioni in un ritmo più veloce e serrato.

  • Riscrivi il racconto in terza persona e in maniera oggettiva, eliminando qualsiasi particolarità linguistica utilizzata dall’autore. Nel ricostruire la storia, dovrai utilizzare una sintassi prevalentemente ipotattica, aggiungendo a ogni azione alcuni particolari sul perché, sul quando, sul come essa avviene; un aiuto fondamentale te lo daranno in questo caso i connettivi logici (in particolare le congiunzioni subordinanti), come quelle temporali (mentre, quando), causali (poiché, dal momento che, siccome), modali (come, comunque), finali (per, affinché) ecc.

La dolce fiamma - volume A
La dolce fiamma - volume A
Narrativa