T2 - Bruce Chatwin, Il deserto della Patagonia (da In Patagonia)

T2

Bruce Chatwin

Il deserto della Patagonia

  • Tratto da In Patagonia, 1977
  • Lingua originale inglese
  • diario di viaggio
Bruce Chatwin nasce a Sheffield nel 1940, figlio di un ufficiale inglese di marina. Passa gran parte dell’infanzia a vagabondare per l’Inghilterra, in compagnia della madre. Conclusi gli studi superiori, a diciotto anni inizia a lavorare come catalogatore per la prestigiosa casa d’aste londinese Sotheby’s. Nel 1966 si licenzia per studiare archeologia presso l’Università di Edimburgo e più tardi, nel 1973, viene assunto dal “Sunday Times Magazine” come giornalista corrispondente, riuscendo così a conciliare il lavoro con la sua più grande passione, il viaggio. Nel 1974 trascorre sei mesi in Patagonia, a cui dedica il primo libro – In Patagonia (1977), appunto – che gli conferisce notevole popolarità. Tra le opere successive, che spaziano tra romanzo e resoconto di viaggio, ricordiamo Il Viceré di Ouidah (1980), storia di un mercante di schiavi, e Le vie dei canti (1987), in cui si sofferma sui canti rituali degli aborigeni australiani. Chatwin muore a Nizza nel 1989.

Partito da Buenos Aires con un autobus notturno, un anonimo viaggiatore si dirige a sud, verso l’ultimo lembo di terra del continente sudamericano. Fermatosi in una cittadina sulla strada, conosce Bill, un allevatore locale, che lo ospita e gli presenta la famiglia. Dopo aver visitato la fattoria di uno scozzese, Bill porta il viaggiatore fino a Bahía Blanca, l’ultima città prima che inizino le sterminate e aride distese della Patagonia.

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Audiolettura

Bahía Blanca1 è l’ultimo posto importante prima del deserto della Patagonia.

Bill2 mi lasciò all’albergo vicino alla stazione degli autobus. La sala del bar

era verde, illuminata e gremita3 di uomini che giocavano a carte. Un giovane

contadino stava in piedi, al banco: malfermo sulle gambe ma a testa alta come

5      un gaucho.4 Era un bel ragazzo, con capelli neri ricciuti ed era proprio molto

ubriaco. La moglie del proprietario mi mostrò una stanza a due letti, calda,

senz’aria, con le pareti rosso-porpora. La stanza non aveva finestra e la porta

dava su un cortile coperto da un lucernario,5 il prezzo era basso e la donna non

accennò al fatto che dovevo dividerla con qualcuno.

10    Stavo giusto per addormentarmi quando il giovanotto che stava al bar entrò

barcollando, si buttò sull’altro letto, cominciò a lamentarsi, poi si tirò su

e vomitò. Continuò a vomitare a intervalli per un’ora, poi si mise a russare.

Quella notte non ho dormito sia per il fetore del vomito che per il russare.

Così il giorno dopo, mentre l’autobus attraversava il deserto, guardavo assonnato

15    i brandelli di nuvole d’argento che si spostavano in cielo, e il mare grigioverde

di sterpaglia spinosa sparsa sulle ondulazioni del terreno e la polvere

bianca che il vento sollevava dalle saline6 e, all’orizzonte, la terra e il cielo che

si fondevano, mescolando e annullando i loro colori.

La Patagonia comincia sul Río Negro.7 A mezzogiorno l’autobus attraversò

20    un ponte di ferro sul fiume e si fermò davanti a un bar. Una donna india scese

col figlio. Con la sua roba aveva occupato due posti. Masticava aglio e portava

dei tintinnanti orecchini di oro vero e un cappello bianco rigido, appuntato

con spilloni alle trecce. Una smorfia di disgusto passò sul volto del figlio mentre

la donna trafficava per scendere coi suoi pacchi sulla strada.

25    Le case del villaggio erano di mattoni, con tubi di stufa neri e sopra un

intrico di fili elettrici. Dove finivano le case di mattoni, cominciavano le

catapecchie degli indios,8 fatte con casse da imballaggio, fogli di plastica e

tela di sacco.

Un uomo risaliva la strada, con un cappello di feltro9 marrone tirato giù

30    sulla faccia. Portava un sacco di tela e camminava in mezzo a nuvole di polvere

bianca, diretto verso la campagna. Alcuni bambini, riparati sotto l’arco di una

porta, tormentavano un agnello. Da una capanna usciva il rumore di una radio

e di grasso che friggeva. Apparve un braccio rigonfio che gettò un osso a un

cane, che lo prese in bocca e scappò via.

35    Gli indios erano lavoratori emigrati dal Cile meridionale. Erano indios araucani.

Un centinaio d’anni fa gli araucani erano incredibilmente feroci e coraggiosi.

Si dipingevano il corpo di rosso, scorticavano vivi i nemici e succhiavano

il sangue dal cuore dei morti. L’educazione dei figli consisteva in hockey,

cavalcate, bevande alcooliche, arroganza e atletica sessuale. Per tre secoli gli

40    araucani fecero impazzire di paura gli spagnoli. Nel sedicesimo secolo Alonso

de Ercilla10 scrisse un poema epico in loro onore e lo intitolò La Araucana. Voltaire

lo lesse e per opera sua gli araucani divennero candidati a impersonare il

Nobile Selvaggio (versione violenta).11 Gli araucani sono ancora molto forti e

ancor più lo sarebbero se smettessero di bere.

45    Fuori dal villaggio c’erano piantagioni irrigate di mais e di zucche e frutteti

di ciliegi e di albicocchi. Lungo la riva del fiume i salici erano tutti germogliati

e mostravano l’argento che brilla sotto le loro foglie. Gli indios avevano

tagliato dei vincastri,12 lasciando

sui tronchi delle bianche ferite e

50    nell’aria l’odore della  linfa. Il fiume,

gonfio per lo scioglimento

delle nevi sulle Ande, scorreva

veloce, facendo frusciare le canne.

Rondini rossastre davano la

55    caccia agli insetti. Quando volavano

sopra la scogliera, il vento

le afferrava e ne invertiva di colpo

il volo finché calavano di nuovo

basse sul fiume.

60    La scogliera si elevava a picco

sull’approdo di un traghetto. Mi arrampicai su per un sentiero e dall’alto guardai

controcorrente verso il Cile. Vedevo il fiume scorrere lucente fra scogliere

bianche come ossa, con strisce smeraldine di terra coltivata da ogni lato. Lontano

dalle scogliere c’era il deserto. Nessun suono tranne quello del vento, che

65    sibilava fra i cespugli spinosi e l’erba morta, nessun altro segno di vita all’infuori

di un falco e di uno scarafaggio immobile su una pietra bianca.

Il deserto della Patagonia non è un deserto di sabbia o di ghiaia, ma una

distesa di bassi rovi dalle foglie grigie, che quando sono schiacciate emanano

un odore amaro. Diversamente dai deserti dell’Arabia non ha prodotto nessun

70    drammatico eccesso dello spirito, ma ha certamente un posto nella storia dell’esperienza

umana. Darwin trovò le sue qualità negative irresistibili. Ricapitolando

Il viaggio della Beagle13 tentò, senza riuscirvi, di spiegare perché, più di tutte le

meraviglie da lui viste, questo «arido deserto» aveva tanto colpito la sua mente.


Bruce Chatwin, In Patagonia, trad. di M. Marchesi, Adelphi, Milano 1977

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Come continua

Dopo l’ingresso in Patagonia, il narratore punta verso sud, giungendo in un’area abitata da coloni gallesi, emigrati in seguito all’esaurirsi delle miniere di carbone da cui traevano sostentamento. Trascorre un breve periodo a Gaimán, capoluogo della zona, entrando in contatto con diversi abitanti, tra cui un giovane pianista e un anziano, solitario poeta. Quest’ultimo, che vive ritirato in una piccola capanna nei pressi di un fiume, afferra un braccio del viaggiatore e gli grida che la Patagonia è un’ammaliatrice, che stringe senza più lasciarti. Da qui l’uomo riparte, a piedi, e poi in camion, addentrandosi sempre più in quella terra stregata, che, oltre ai paesaggi indimenticabili, possiede un’impensabile varietà umana, tra abitanti autoctoni e immigrati, venuti ai confini del mondo per cercare fortuna.

 >> pagina 567

A tu per tu con il testo

In un’intervista, Bruce Chatwin rovescia così le nostre idee su che cosa significa viaggiare: «In Occidente vige l’idea che il viaggiatore debba ingoiare il luogo che descrive, debba influenzarlo, cambiarlo a seconda del proprio gusto. Io ho voluto sopprimere la prima persona dal racconto per evitare la tirannia del viaggiatore. È un po’ come accade nella letteratura orientale: il luogo sopraffà il viaggiatore». A chi legge In Patagonia e ha la fortuna di trovarsi in quelle lande remote succede proprio questo: invece di fare suo il libro, ne diventa prigioniero, scompare dentro i suoi spettacoli, viene risucchiato dalla forza di quelle terre. Nel suo sguardo si stendono deserti senza termine, fiumi d’argento e le Ande, con la loro foresta di lame affilate, maestose e cattive. In questa terra – che ci pare ancora primordiale e selvaggia – sfumano i confini tra le cose. Il viaggiatore è subito rapito: immerso nella vastità, diventa l’occhio con cui il paesaggio contempla se stesso.

Analisi

L’episodio racconta dell’ingresso del protagonistaalter ego dell’autore – in Patagonia, una regione dell’America Latina che comprende parte dell’Argentina e del Cile, e che termina con la leggendaria Terra del Fuoco, arcipelago situato all’estremità meridionale del continente. La Patagonia – famosa per i vasti altipiani, i picchi inaccessibili e le coste frastagliate – conserva qualcosa di arcaico e primordiale, specie agli occhi degli occidentali, abituati a paesaggi e atmosfere molto diversi: non è strano che Chatwin, uomo irrequieto, nomade e anticonformista, ne fosse attratto e affascinato.
Il brano si apre con una sequenza narrativo-descrittiva dedicata all’arrivo dell’uomo nella città di Bahía Blanca, al soggiorno in una stanza soffocante, a fianco di un gaucho ubriaco, al viaggio sull’autobus che, diretto a sud, fende le distese della Patagonia. Nella rappresentazione emerge la componente cromatica (La sala del bar era verde, rr. 2-3; una stanza a due letti, calda, senz’aria, con le pareti rosso-porpora, rr. 6-7), ma affiorano anche i toni evocativi della poesia. Il paesaggio visto dall’autobus è tratteggiato attraverso una fitta rete di immagini liriche (guardavo assonnato i brandelli di nuvole d’argento […] il mare grigioverde di sterpaglia […] e la polvere bianca […], la terra e il cielo che si fondevano, mescolando e annullando i loro colori, rr. 14-18). Più avanti, il narratore si arrampica su una postazione elevata, e da lì ammira il fiume scorrere lucente fra scogliere bianche come ossa, con strisce smeraldine di terra coltivata da ogni lato (rr. 62-63), dove la similitudine e, ancora, i colori sono adoperati nella suggestiva descrizione degli scorci naturali (sul bianco degli scogli risalta, per contrasto, il verde dei campi coltivati).
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Il paesaggio, tuttavia, non è quasi mai composto di soli elementi naturali. Infatti, appena entrato in Patagonia, il narratore si imbatte negli esotici indios araucani. Muovendosi dalle singole scene verso una prospettiva via via più ampia, prima riporta l’aneddoto della madre india che scende dall’autobus, poi la descrizione corale del villaggio, anch’essa ricca di vari dettagli (l’uomo con il cappello di feltro, i bambini che giocano con l’agnello, l’osso gettato a un cane), e infine una digressione etnografica e storica sui caratteri degli araucani, nella quale trovano spazio riferimenti ad autori del passato, come il poeta-conquistador Alonso de Ercilla e il filosofo Voltaire.

Del resto, nel mondo moderno, quando ormai quasi ogni angolo del globo è stato esplorato, è impossibile addentrarsi in un paesaggio completamente incontaminato. Anche la Patagonia possiede una tradizione culturale, e spostarsi per i suoi spazi remoti significa anche viaggiare su e giù per la Storia, ricordando gli uomini che, in epoche diverse, hanno vissuto e immaginato la mitica regione. Ne è esempio la sequenza finale: la descrizione del deserto sembra tratta da un saggio geografico o da un’enciclopedia (Il deserto della Patagonia non è un deserto di sabbia […] emanano un odore amaro, rr. 67-69), ed è seguita da un aneddoto colto relativo al naturalista Charles Darwin, che fu molto impressionato da quei paesaggi durante un suo viaggio intorno al mondo.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Sono numerosi i luoghi visitati e citati nel testo. Associa correttamente i termini corrispondenti.

  • a) Bahía Blanca
  • b) Río Negro
  • c) Cile
  • d) Ande

1) fiume

2) paese

3) catena montuosa

4) cittadina


2. Che cosa accade al protagonista nell’albergo di Bahía Blanca?


3. Quali tra le seguenti informazioni implicite puoi desumere dal testo? (sono possibili più risposte)

  • a A Bahía Blanca è abitudine comune condividere le stanze d’albergo. 
  • b Le stanze degli alberghi di Bahía Blanca sono ampie e comode. 
  • c Gli indios araucani sono molto poveri. 
  • d Le donne araucane hanno molti figli. 
  • e Tra gli indios araucani è diffuso l’alcolismo. 
  • f Gli indios strappano e rovinano i salici. 


4. Il brano che hai letto è prevalentemente

  • a descrittivo. 
  • b narrativo. 
  • c riflessivo. 
  • d argomentativo. 

ANALIZZARE E INTERPRETARE

5. Il narratore è

  • a esterno onnisciente.
  • b esterno con focalizzazione interna.
  • c interno testimone.
  • d interno protagonista.

6. È possibile affermare che il narratore è colto? Perché?


7. Il protagonista arriva all’albergo e chiede una stanza: il prezzo era basso e la donna non accennò al fatto che dovevo dividerla con qualcuno (rr. 8-9). Questa frase, letta nell’architettura complessiva del brano, è

  • a un’ellissi.
  • b un flashback.
  • c un’anticipazione.
  • d un riassunto.

8. Che differenza c’è tra le case del villaggio e quelle degli indios? Perché il narratore si sofferma su questo particolare?

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COMPETENZE LINGUISTICHE

9. Lessico. Individua a quali parole presenti nel testo si riferiscono le seguenti definizioni.


a) Roccia incoerente formata da piccoli ciottoli, usata per pavimentare strade:

 


b) Emettere fischi sottili e acuti:

 


c) Affaccendarsi, darsi da fare con impegno:

 


d) Togliere la pelle:

 


e) Piccole parti strappate da qualcosa, pezzi, frammenti:

 


f) Causare pene e tormenti, infliggere sevizie:

 


g) Atteggiamento insolente di superiorità:

 


h) Provenire da una fonte – detto di odore, calore e simile:

 


10. Lessico. I suffissi. … il mare grigioverde di sterpaglia spinosa (rr. 15-16). Sterpaglia è un sostantivo composto da sterpo con l’aggiunta del suffisso -aglia, che talvolta conferisce al sostantivo con cui si unisce un valore dispregiativo (una sterpaglia è infatti un “ammasso informe di sterpi, di rovi”). Tra i seguenti sostantivi formati in modo analogo, ce n’è solo uno in cui il suffisso -aglia assume un valore altrettanto dispregiativo: qual è?

  • a Schermaglia.
  • b Muraglia.
  • c Gentaglia.
  • d Boscaglia.

11. Lessico. I sinonimi. Un sinonimo di catapecchie (r. 27) è

  • a case.
  • b capanne.
  • c abitazioni.
  • d tuguri.

PRODURRE

12. Scrivere per raccontare Nel testo che hai letto si accenna alla presenza di alcuni bambini degli indios araucani: che cosa sarebbe successo se il viaggiatore ne avesse incontrato uno? Racconta in massimo 20 righe.

SPUNTI DI RICERCA interdisciplinare

STORIA

Se la storia della conquista spagnola del Messico e del Perù, a opera dei conquistadores Hernán Cortés e Francisco Pizarro, è piuttosto nota, molto meno lo è quella di terre vaste e desolate come la Patagonia: prova a ricercare in rete alcune notizie, partendo dagli spunti che ti offre il testo.

SPUNTI PER discutere IN CLASSE

Oggi possono ancora esistere luoghi lontani, impervi e desolati, in cui la natura subisce pochissimi interventi da parte dell’uomo?

 >> pagina 570

Se ti è piaciuto

Viaggiare senza valigie

Non porta nel taschino la Moleskine, l’inseparabile taccuino su cui Bruce Chatwin annotava le sue impressioni di viaggi: è invece un cigarillo a fare compagnia a Corto Maltese, il marinaio con berretto da capitano, orecchino da corsaro e cappotto dai bottoni dorati che scorrazza senza sosta alla ricerca di nuove terre da esplorare. Alter ego del suo creatore, il veneziano Hugo Pratt (1927-1995), questo vecchio lupo solitario è molto più di un leggendario personaggio dei fumetti: piuttosto è l’incarnazione dell’avventuriero spinto dal soffio della libertà.

Anche il cinema parla spesso di un mondo che non ha pareti: lo attraversano gli eccentrici protagonisti a due ruote di Easy Rider (1969), il famoso road movie ambientato lungo le strade statunitensi, oppure i rampolli di buone famiglie che in Into the Wild. Nelle terre selvagge (2008) rinunciano alle comodità della vita borghese. L’assunto è che viaggiare significa di per sé essere rivoluzionari: una vocazione confermata dalle scorribande sudamericane immortalate nei Diari della motocicletta (2004) e compiute da un ragazzo di nome Ernesto che cavalca una Norton 500 prima di diventare Che Guevara.

Solo in America è possibile abbattere le frontiere dell’ignoto? Niente affatto: l’esotico e la scoperta sono a portata di mano anche dietro casa. La bellezza è ovunque, come scopre un gruppo di giovani musicisti sulle strade polverose della bellissima Lucania: perché non imitarli, tra una serenata alla luna e un bicchiere di aglianico improvvisando, come nella pellicola di Rocco Papaleo (2010), una Basilicata coast to coast?

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