T4 - Ágota Kristóf, Casa mia

T4

Ágota Kristóf

Casa mia

  • Tratto da La vendetta
  • Titolo originale Chez moi, 2005
  • Lingua originale francese
  • racconto
Ágota Kristóf nasce in Ungheria nel 1935. Durante l’invasione sovietica del 1956, fugge dal suo paese con il marito e la figlia appena nata: attraversa a piedi il confine con l’Austria e si stabilisce nella Svizzera francese, dove lavora per qualche anno in una fabbrica di orologi. L’espatrio la segna traumaticamente, come traspare nell’autobiografia L’analfabeta (2004). Un angoscioso disorientamento è frequente nei suoi lavori, scritti direttamente in francese. Il suo primo romanzo è Il grande quaderno (1986); seguono La prova (1988) e La terza menzogna (1991): le tre opere compongono la Trilogia della città di K. L’autrice ha pubblicato anche poesie, drammi e raccolte di racconti (La vendetta, 2005). È morta in Svizzera nel 2011.

Una donna, di cui non sappiamo quasi nulla, sogna di tornare a casa sua. La vediamo percorrere le vie e salutare gli abitanti del quartiere mentre si dirige, tra le strade buie, verso la propria abitazione. Ma è reale il luogo di cui parla? E veramente il suo è un ritorno possibile?

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Audiolettura

Sarà in questa o in un’altra vita?

Tornerò a casa.

Fuori gli alberi urleranno, ma non mi faranno più paura, e neanche le nuvole

rosse, né le luci della città.

5      Tornerò a casa, una casa che non ho mai avuto, o troppo lontana perché me

ne ricordi, perché non era, non è mai stata veramente casa mia.

Domani, finalmente, avrò casa mia, in un quartiere povero di una grande

città. Un quartiere povero, perché come si può diventare ricchi con niente,

quando si viene da altrove, da nessuna parte, e senza il desiderio di diventarlo?

10    In una grande città, perché le piccole città non hanno che qualche casa

cadente, solo le grandi città hanno strade buie all’infinito dove si rifugiano

quelli come me.

In queste strade camminerò verso casa.

Camminerò in queste strade spazzate dal vento, illuminate dalla luna.

15    Donne obese che prendono il fresco mi guarderanno passare in silenzio.

Saluterò tutti, piena di gioia. Bambini quasi nudi mi ruzzoleranno tra le gambe,

li prenderò in braccio ricordando i miei che saranno grandi, ricchi, e felici

da qualche parte. Li accarezzerò, questi figli di chiunque, e regalerò loro cose

luccicanti e preziose. Rialzerò anche l’ubriaco caduto nel canale di scolo,  consolerò

20    la donna che corre gridando nella notte, ascolterò le sue pene, la

calmerò.

Arrivata a casa sarò stanca, mi distenderò

sul letto, un letto qualunque,

le tende ondeggeranno come ondeggiano

25    le nuvole.

Così il tempo scorrerà via.

E, sotto le mie palpebre, scorreranno

le immagini di quel brutto sogno

che fu la mia vita. Ma non mi faranno

30    più male.

Sarò a casa mia, sola, vecchia e felice.


Ágota Kristóf, Casa mia, da La vendetta, trad. di M. Balmelli, Einaudi, Torino 2005

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A tu per tu con il testo

Perché invitiamo l’ospite a fare come se fosse a casa sua? Come mai, quando ci troviamo bene, diciamo di sentirci a casa nostra? Qual è il senso profondo di queste consuete espressioni? La casa non è soltanto il posto dove mangiamo e dove dormiamo, la sede materiale dei nostri oggetti: essere a casa trasmette un senso di appartenenza, di familiarità e di protezione; è un dato rassicurante, che ci dà forza e solidità. Tornare a casa, allora, è un impulso che avvertiamo quando stanchezza o difficoltà ci vincono, quando eventi ed emozioni ci travolgono: ritroviamo, con la casa, tranquillità e quiete, rifugio e consolazione. Ma chi non ha dove andare? Dove ritorna quando è triste o stanco? Come si ripara dalle fatiche e dai pericoli della vita? Come vive l’esiliato, l’espatriato, il nomade? Una donna, lasciata stanca e sola dalla vita, cerca di compensare la sua desolazione vagheggiando un immaginario ritorno: le sue parole, allo stesso tempo serene e visionarie, mostrano gli struggimenti e le speranze di chi, perdute le radici e senza luogo, cerca di ritrovare almeno sé stesso.

Analisi

Il racconto si apre con la domanda dell’io narrante che si chiede quando avverrà il suo ritorno, se in questa o in un’altra vita (r. 1). È difficile interpretare le sue parole: siamo di fronte alla profezia di un evento che accadrà in un lontano futuro? O si tratta di una momentanea fantasticheria, che ha luogo solo nell’interiorità di chi sta parlando? Solitamente la narrativa introspettiva chiama in causa il passato inducendo l’io narrante a riflettere sulle esperienze vissute, ma in questo caso la riflessione è volta a un futuro nebuloso. La logica viene sfidata dall’immaginazione: la protagonista afferma, con una serie di paradossi, che tornerà in una casa che non ha mai avuto (r. 5) e di cui non si può ricordare perché non era casa sua. Ma com’è possibile che ciò avvenga? Come si può pensare di venire, nello stesso tempo, da altrove e da nessuna parte (r. 9)?

Nei recessi della coscienza umana, realtà esteriore e sogno si intrecciano in modo inestricabile, e il flusso del tempo può subire inversioni inaspettate: desiderio e ricordo possono allora sovrapporsi, come si vede in questo racconto enigmatico, nel quale si oscilla tra piani inconciliabili: la concretezza delle luci della città (r. 4) e del quartiere povero (r. 7); il ricordo di una passata paura (r. 3), finalmente scomparsa; la presenza, irreale e spaventosa, degli alberi (r. 3) urlanti e delle nuvole rosse (rr. 3-4). Confondendo reale e simbolico, la voce narrante ci accompagna in una strana dimensione, che affascina e al tempo stesso turba profondamente.

 >> pagina 508 

Nella seconda parte del racconto, siamo trasportati in una grande città, sul cui nome si mantiene un fitto mistero. Ci troviamo, con la narratrice, a passeggiare lungo le strade buie (r. 11) ma illuminate dalla luna (r. 14) di un quartiere povero: man mano che ci inoltriamo in questo scenario notturno, siamo toccati da un complesso sentimento nel quale, alla mesta desolazione del paesaggio, si mescola l’impeto del vento (r. 14) lungo le vie che si perdono all’infinito (r. 11). Come improvvise e silenziose apparizioni, donne obese (r. 15) osservano la protagonista che torna verso casa; ad esse si accompagnano le altre presenze, vaghe e tuttavia riconoscibili, che popolano il quartiere: i bambini (r. 16), l’ubriaco caduto (r. 19), la donna che corre gridando (r. 20) rappresentano un’umanità da un lato sofferente, ma dall’altro autentica e viva.

Per queste persone la protagonista avverte uno slancio impulsivo, che la rende piena di gioia (r. 16): riconosce i propri figli nei piccoli che le ruzzolano tra le gambe (rr. 16-17), soccorre e consola gli sfortunati che incontra. A loro, priva com’è di ricchezze materiali, offre il suo incondizionato aiuto senza pretendere nulla in cambio: compiuta la sua missione, si ritira, stanca (r. 22) ma felice (rr. 31-32), nella solitudine della sua casa ritrovata.

La suggestione percepita durante la lettura è provocata in gran parte dal modo in cui l’autrice si serve del linguaggio. Le frasi del racconto sono caratterizzate da brevità e semplicità di costruzione: la narrazione sembra, infatti, procedere da sé, attraverso oggetti, figure, immagini d’impatto. La coerenza razionale sembra sospesa: al futuro lontano dell’altra vita (r. 1) si contrappone la vicinanza del domani (r. 7); la povertà della protagonista sembra smentita dai regali luccicanti e preziosi (r. 19) per i bambini; alla solitudine e alla vecchiaia dell’ultima riga si accompagna, del tutto inaspettata, la felicità. È una fitta trama di incongruenze, come per dire che la vita interiore di ciascuno di noi si nutre di contraddizioni, e che la logica normale, delle cose che sono ciò che sono, non sempre riesce a spiegare ciò che sentiamo dentro di noi.

Per queste ragioni, insieme all’asciuttezza delle parole, sperimentiamo una potente forza evocativa, che si impenna nelle ultime righe del racconto. Giunta a casa, e stesa in una stanza dove le tende ondeggiano come le nuvole (r. 3), la protagonista può finalmente riposare. Con gli occhi chiusi, rivede la sua affannosa vita scorrere sotto le palpebre (r. 27), in immagini ora prive di dolore. Che cos’è questo sonno che l’allontana dalla vita? E cosa significa che il tempo scorrerà via (r. 26)? Nelle domande che solleva, più che nelle risposte che fornisce, risiede la peculiare espressività di questo racconto.

Laboratorio sul testo

Comprendere

1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.


a) La protagonista ha paura dell’urlo degli alberi.

  • V   F

b) La protagonista torna nella sua vecchia casa d’infanzia.

  • V   F

c) La casa in cui la protagonista tornerà è in città.

  • V   F

d) La protagonista non ha mai desiderato diventare ricca.

  • V   F

e) Le strade della città descritta sono strette e labirintiche.

  • V   F

f) La città descritta è deserta.

  • V   F

g) Il quartiere evocato è ricco ed elegante.

  • V   F

h) La protagonista immagina di comportarsi con gli abitanti del quartiere in modo amichevole e cordiale.

  • V   F

i) La protagonista ha dei figli.

  • V   F

j) Tornata a casa, la protagonista ricorderà il suo passato.

  • V   F

2. E, sotto le mie palpebre, scorreranno le immagini di quel brutto sogno che fu la mia vita. Ma non mi faranno più male (rr. 27-30). Che cosa significa questa frase?

 >> pagina 509 

Analizzare e interpretare

3. La voce narrante è:

  • a esterna onnisciente.
  • b interna testimone.
  • c interna protagonista.
  • d esterna con focalizzazione interna.

4. Solo le grandi città hanno strade buie all’infinito dove si rifugiano quelli come me (rr. 11-12). Chi sono a tuo giudizio le persone alle quali allude la narratrice nella sua frase?


5. Ciascuna delle seguenti frasi contiene una figura retorica. Individuala.


1) le tende ondeggeranno come ondeggiano le nuvole (rr. 24-25).

  • a Similitudine.
  • b Metafora.
  • c Metonimia.
  • d Nessuna di queste.

2) scorreranno le immagini di quel brutto sogno che fu la mia vita (rr. 27-29).

  • a Similitudine.
  • b Metafora.
  • c Metonimia.
  • d Nessuna di queste.

3) Fuori gli alberi urleranno (r. 3).

  • a Similitudine.
  • b Metafora.
  • c Metonimia.
  • d Nessuna di queste.

6. Come descrivi il tono dominante del racconto? (sono possibili più risposte)

  • a Lamentoso.
  • b Asciutto.
  • c Allegro.
  • d Risentito.
  • e Patetico.
  • f Evocativo.

7. Rialzerò anche l’ubriaco caduto nel canale di scolo, consolerò la donna che corre gridando nella notte, ascolterò le sue pene, la calmerò (rr. 19-21). In questa frase prevale la paratassi o l’ipotassi?

Competenze linguistiche

8. Il brano presenta frequentemente la parola chiave casa. Associa le seguenti espressioni al loro significato:

  • a) Casa di cura.
  • b) Casa di riposo.
  • c) Casa da gioco.
  • d) Casa editrice.
  • e) Casa circondariale.


1) Carcere, prigione.

2) Residenza per anziani.

3) Azienda produttrice di testi a stampa.

4) Luogo per giocare legalmente d’azzardo, casinò.

5) Clinica, ospedale.

Scrivere correttamente

9. Il brano utilizza con insolita frequenza il tempo futuro. Trasforma il passo riportato nel racconto di un episodio al passato, utilizzando gli opportuni tempi verbali e operando le necessarie modifiche al testo:


Donne obese che prendono il fresco mi guarderanno passare in silenzio. Saluterò tutti, piena di gioia. Bambini quasi nudi mi ruzzoleranno tra le gambe, li prenderò in braccio ricordando i miei che saranno grandi, ricchi, e felici da qualche parte. Li accarezzerò, questi figli di chiunque, e regalerò loro cose luccicanti e preziose. Rialzerò anche l’ubriaco caduto nel canale di scolo, consolerò la donna che corre gridando nella notte, ascolterò le sue pene, la calmerò.

Produrre

10. Scrivere per descrivere Descrivi, in 40/60 parole, un luogo dove ami ritornare periodicamente e spiega, in circa 50 parole, perché è importante per te.

p@role in rete

Immagina che il racconto letto sia un tuo sogno. Riassumilo per gli amici che ti seguono sul tuo blog. Puoi cominciare dicendo: “Ho sognato che…”; prosegui utilizzando formule come “C’erano…” o “A un certo punto…”. Non scrivere più di 80 parole ed evidenzia con il grassetto i concetti essenziali.

La dolce fiamma - volume A
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Narrativa