T1 - TESTO GUIDA - Honoré de Balzac, La pensione Vauquer (da Papà Goriot)

testo guida

T1

Honoré de Balzac

La pensione Vauquer

  • Tratto da Papà Goriot
  • Titolo originale Le Père Goriot, 1834
  • Lingua originale francese
  • romanzo
Honoré de Balzac nasce nel 1799 a Tours, una cittadina francese nella Valle della Loira, da una famiglia della media borghesia. Nell’adolescenza si trasferisce a Parigi, dove studia diritto e intraprende la carriera di giornalista. La sua esistenza dispendiosa lo porta alle soglie della povertà, ma l’attività di romanziere migliora la sua condizione economica. Poco più che trentenne pubblica i primi capolavori: Eugénie Grandet (1833) e Papà Goriot (1834), dove si dimostra acutissimo osservatore della vita contemporanea. L’instancabile impegno letterario è interrotto soltanto dalle serate mondane, alle quali si concede volentieri, e da qualche viaggio, in Svizzera, in Russia, in Italia, dove conosce Manzoni. Decide intanto di raccogliere tutta la sua produzione narrativa sotto un unico titolo, La commedia umana: da un romanzo all’altro tornano personaggi, scenari, idee che compongono un amplissimo quadro della società francese della prima metà dell’Ottocento, ritratta con implacabile precisione a tutti i livelli, dalla plebe all’aristocrazia, da Parigi al fondo delle campagne. Balzac è uno scrittore amatissimo, ma il dispendioso tenore di vita e i molti affari sbagliati lo costringono a incredibili ritmi di lavoro: i romanzi pubblicati in vent’anni di attività si avvicinano al centinaio. Il matrimonio con una ricca contessa polacca, nel 1850, sembrerebbe prospettargli una serena vecchiaia, ma lo scrittore muore nello stesso anno, a Parigi.

Balzac apre il romanzo Papà Goriot con un’attenta descrizione della pensione gestita dall’anziana signora Vauquer. Lo scrittore istituisce una perfetta corrispondenza tra questo luogo misero, situato in un avvilente quartiere di Parigi, e la sua proprietaria: tutta la sua persona spiega la pensione come la pensione implica la sua persona.

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Audiolettura

La signora Vauquer, nata de Conflans,1 è una vecchia donna che, da
quarant’anni, conduce2 a Parigi una pensione familiare situata in
rue Neuve-Sainte-Geneviève, tra il quartiere latino e il sobborgo
Saint-Marceau.3 La pensione, conosciuta sotto il nome di Casa Vauquer,

5      accoglie senza distinzione uomini e donne, giovani e vecchi,
senza che la maldicenza abbia mai potuto fare appunti alla moralità
di questa rispettabile casa.4 Ma è pur vero che da trent’anni non ci
si era mai veduta una persona giovane, e, se un giovane vi dimora, è
perché la sua famiglia deve corrispondergli un ben magro mensile.5

10    Tuttavia, nel 1819, epoca in cui
questo dramma ha inizio, vi si
trovava una povera ragazza.6
Per quanto la parola dramma
sia caduta in discredito7 per il

15    modo abusivo e ingiusto col
quale è stata prodigata8 in questi
tempi di penosa letteratura,
qui è necessario adoperarla;
questa storia non è drammatica

20    nel vero senso della parola,
ma, al termine dell’opera, qualche
lacrima potrà esser versata “intra muros” ed “extra”.9 Sarà capita
fuori di Parigi? È permesso dubitarne. I particolari di questa vicenda
piena d’osservazioni e di colori locali possono essere apprezzati solo

25    fra le alture di Montmartre e quelle di Montrouge,10 in quella famosa
valle di ruderi  fatiscenti11 e di ruscelli neri di melma; valle colma di
sofferenze reali, di gioie spesso false, e così tremendamente agitate,
che occorre non so che cosa di eccessivo per produrvi una sensazione
di qualche durata.12

30    Tuttavia, ci si incontrano qua e là dolori che l’accumularsi dei vizi
e delle virtù rende grandi e solenni; di fronte a essi, gli egoismi, gli
interessi si arrestano e si fanno pietosi; ma l’impressione che ne ricevono
è come un frutto saporoso presto divorato. Il carro della civiltà,
simile a quello dell’idolo di Jaggernat,13 obbligato a rallentare

35    di ben poco la corsa da un cuore meno degli altri facile a lasciarsi
stritolare e a cui ostacoli la ruota, lo ha presto infranto e continua
la sua marcia gloriosa. Così farete voi, voi che tenete questo libro in
una mano bianca, voi che ve ne state sprofondato in una morbida
poltrona dicendovi: «Forse questo mi divertirà». Dopo aver letto le

40    segrete infelicità di papà Goriot pranzerete con appetito, imputando
la vostra insensibilità all’autore, tacciandolo14 d’esagerazione, accusandolo
di aver fatto della letteratura. Ah!, sappiatelo: questo dramma
non è né una invenzione né un romanzo. “All-is-true”,15 è così
vero, che ognuno può riconoscerne gli elementi presso di sé, forse

45    nel suo stesso cuore.

La casa in cui viene esercitata la pensione familiare è della signora
Vauquer. È situata nel tratto basso della rue Neuve-Sainte-Geneviève,
nel punto in cui il piano stradale digrada verso la via dell’Arbalète con
un pendio così brusco e aspro, che i cavalli la salgono o la scendono

50    di rado. Tal circostanza è favorevole al silenzio che regna in queste
strade strette fra la cupola di Val-de-Grâce e quella del Panthéon,16
due monumenti che fanno mutare le condizioni dell’atmosfera gettandovi
toni gialli, tutto oscurando con le tinte severe proiettate dalle
loro cupole. Là, il selciato è arido, i rigagnoli non hanno né melma né

55    acqua, l’erba cresce lungo i muri. L’uomo più spensierato vi si rattrista
come ogni altro passante, il rumore di una carrozza è un avvenimento,
le case sono tetre, le mura fanno pensare a una prigione. Un parigino
smarrito vedrebbe là solo pensioni familiari o istituti, miseria e
noia, vecchiaia che muore, allegra gioventù costretta a lavorare. Nessun

60    quartiere di Parigi è, più di questo, orribile e, diciamolo pure, più
sconosciuto. La rue Neuve-Sainte-Geneviève, soprattutto, è come una
cornice di bronzo,17 la sola che convenga a questo racconto, per preparare
la comprensione del quale non saranno mai troppi i colori foschi
e le idee gravi; proprio come, di gradino in gradino, la luce diminuisce

65    e la voce della guida si fa cavernosa quando il viaggiatore discende
nelle catacombe. Paragone esatto! Chi deciderà che cosa è più orribile
a vedersi: cuori inariditi, o crani vuoti?18 […]

Il pianterreno, naturalmente destinato all’esercizio della pensione
familiare, si compone di un primo vano che prende luce dalle due finestre

70    che danno sulla strada e in cui si entra per una porta-finestra.
Questa sala comunica con quella da pranzo, separata dalla cucina dalla
tromba di una scala i gradini della quale sono di legno e di mattonelle
colorate e lustrate. Nulla è più triste di questa sala, ammobiliata con
poltrone e seggiole foderate di stoffa di crine19 a righe alternativamente

75    opache e lucide. Al centro c’è una tavola rotonda con un piano di marmo
Sant’Anna20 decorata da uno di quei vassoi di porcellana bianca filettata21
d’oro mezzo cancellato, che oggi si trovano dappertutto. La stanza,
pavimentata piuttosto male, è rivestita di legno ad altezza d’uomo. Il
resto delle pareti è tappezzato con una carta da parato sulla quale sono

80    raffigurati i principali fatti di Telemaco22 e i cui classici personaggi sono
colorati. Il pannello tra le finestre a grate presenta ai pensionanti23 il
quadro del festino offerto al figlio d’Ulisse da Calipso.24 Da quarant’anni
tale pittura provoca i motteggi25 dei giovani pensionanti, i quali si ritengono
superiori alla loro posizione dileggiando26 il pranzo cui le ristrettezze

85    li condannano.

Il camino in pietra, con focolare sempre pulito, dimostrazione che il
fuoco vi si accende solo nelle grandi occasioni, ha per ornamento due
vasi pieni di fiori artificiali, stinti e pigiati, e una pendola di marmo bluastro
di pessimo gusto. In questa prima sala si respira un cattivo odore

90    indefinibile, che potrebbe esser chiamato “odor di pensione”. Odore di
rinchiuso, di muffa, di rancido;27 mette freddo, è umido al naso, penetra
negli abiti; ha il tanfo di una sala dove si è mangiato; puzza di servitù,
di dispensa, di ospizio. Forse potrebbe essere descritto se si trovasse
un procedimento per analizzare le quantità elementari e nauseabonde

95    immessevi dalle atmosfere catarrali e “sui generis”28 di ciascun pensionante,
giovane o vecchio. Eppure, malgrado tali orrende volgarità, se
paragonaste questa sala a quella da pranzo, che le è attigua, trovereste
la prima elegante e profumata come uno spogliatoio per signora. La sala
da pranzo, dalla parete interamente rivestita di legno, fu tinta un tempo

100  d’un colore oggi indistinto, che forma un fondo su cui l’unto ha impresso
i suoi strati in modo da disegnarvi figure bizzarre. Ai muri, credenze29
appiccicose sulle quali sono disposte caraffe sbeccate,30 appannate, tondi
di metallo marezzato,31 pile di piatti di spessa porcellana, orlati di blu,
fabbricati a Tournai.32 In un angolo c’è una scatola a caselle numerate

105  che serve a tenere riposte le salviette, sporche e macchiate di vino, di
ciascun pensionante. Vi si trovano poi quei mobili indistruttibili, ovunque
proscritti,33 ma messi là come i resti della civiltà agli Incurabili.34
Vi vedrete un barometro col cappuccino che esce fuori quando piove,35
incisioni esecrabili36 da togliere l’appetito incorniciate in legno nero

110  verniciato a filetti d’oro, una pendola di madreperla incrostata di rame,
una stufa verde, lucerne d’Argand37 dove la polvere si combina con l’olio,
una lunga tavola coperta d’incerata unta quanto basta perché un allegro
studente in medicina “esterno” ci scriva il proprio nome servendosi
del dito come di uno stilo,38 sedie zoppe, miserevoli piccole stuoie di

115  sparto39 che si disfa sempre e non finisce mai, poi scaldini dai buchi
rotti, dalle cerniere sconnesse, dove il legno si carbonizza. Per spiegare
quanto questa mobilia è vecchia, screpolata, tarlata, tremolante, logora,
monca, orba, invalida, spirante,40 se ne dovrebbe fare una descrizione
che ritarderebbe troppo l’interesse di questa storia e che i lettori che

120  hanno fretta non perdonerebbero. Il pavimento, rosso, è pieno di avvallamenti
prodotti dallo strofinio o dalle riverniciature. Insomma, là
regna la miseria senza poesia; una miseria economa, concentrata, consunta.
Se non è ancora infangata, è per lo meno macchiata; se non ha né
buchi né stracci, sta per andare in putrefazione.

125  Questa stanza è in tutto il suo splendore nel momento in cui, verso
le sette del mattino, il gatto della signora Vauquer precede la sua padrona;
salta sulle credenze, vi annusa il latte contenuto in varie tazze
coperte dal piattino, e fa sentire il suo ronron mattinale.41 Subito dopo
appare la vedova, agghindata con la sua cuffia di tulle42 sotto la quale

130  pende un giro di capelli finti, in disordine; essa cammina trascinando
le sue pantofole raggrinzite. Il viso vecchiotto, grassottello, dal mezzo
del quale esce un naso a becco di pappagallo, le piccole mani paffutelle,
il personale43 grassoccio come un “topo di chiesa”, il seno troppo
pieno e ondeggiante, sono in armonia con la sala che trasuda l’infelicità,

135  dove s’è rannicchiata44 la speculazione e di cui la signora Vauquer
respira l’aria calda e fetida45 senza esserne disgustata. Il viso fresco
come una prima gelata d’autunno, gli occhi pieni di rughe, l’espressione
dei quali passa dal sorriso prescritto46 alle ballerine all’amaro
cipiglio47 dell’esattore, insomma tutta la sua persona spiega la pensione

140  come la pensione implica la sua persona. Il bagno penale non può
non avere l’aguzzino,48 non potreste immaginarvi l’uno senza l’altro.
La pinguedine49 pallida di questa piccola donna è il prodotto di questa
vita, come il tifo50 è la conseguenza delle esalazioni d’un ospedale.
La sua sottana di lana a maglia, più lunga della gonna ricavata da un

145  abito vecchio e la cui imbottitura esce dalle fenditure della stoffa scucita,
compendia51 il salotto, la sala da pranzo, il giardinetto, annuncia
la cucina e fa presentire i pensionanti. Quando lei è là, lo spettacolo è
completo. Di circa cinquant’anni, la signora Vauquer somiglia a tutte
le donne che hanno subito disgrazie. Ha l’occhio vitreo, l’aria innocente

150  di una mezzana52 che fa la difficile per farsi pagare di più, ma invece
disposta a tutto per addolcire la sua sorte, a dar nelle mani della
giustizia Giorgio o Pichegru,53 se Giorgio o Pichegru dovessero ancora
essere arrestati. Tuttavia, è «in fondo una buona donna», dicono i
pensionanti, che la ritengono una disgraziata, sentendola gemere e

155  tossire come loro. Chi era stato il signor Vauquer? Lei non dava mai
particolari sul defunto. In che modo aveva perduto i suoi averi? Con le
disgrazie, rispondeva. Si era mal comportato verso di lei, non le aveva
lasciato che gli occhi per piangere, quella casa per vivere, e il diritto
di non compatire nessuna sfortuna perché, diceva lei, aveva sofferto

160  tutto quel che è possibile soffrire.


Honoré de Balzac, Papà Goriot, trad. di R. Mucci, Fratelli Melita Editori, La Spezia 1992

 >> pagina 387

Come continua

Nella pensione della signora Vauquer vivono i principali personaggi del romanzo, come l’ambiguo Vautrin e la tenera Victorine, innamorata di un altro ospite, Eugène de Rastignac, uno studente universitario povero ma deciso a farsi strada nella turbolenta vita cittadina. C’è anche il vecchio papà Goriot, che dà il titolo al romanzo, il quale ha dilapidato una fortuna accumulata nei commerci per la felicità delle figlie, che continuano a bussare alla sua porta per sottrargli anche gli ultimi risparmi. I destini di questi coinquilini sono destinati a incrociarsi, componendo un dramma coinvolgente, che ha fatto versare lacrime a milioni di lettori di ogni epoca e luogo: a differenza di quanto credeva Balzac, evidentemente, i particolari di questa vicenda piena d’osservazioni e di colori locali possono essere apprezzati ben oltre le alture di Montmartre.

A tu per tu con il testo

A ben pochi, nel mondo reale, verrebbe voglia di mettere piede nella squallida pensione gestita dalla signora Vauquer. Invece i lettori continuano a entrarci con entusiasmo da quasi due secoli. Come si spiega? Che cos’ha di attraente questo tugurio dall’aria viziata? I personaggi che ci abitano, la vita che ora li abbraccia ora li stritola, in una Parigi dove vicoli bui e miserabili si alternano a sale da ballo sfarzose. In queste prime pagine il narratore sta preparando lo scenario dei drammi umani che racconterà con instancabile fervore. Per ora si limita a una precisa descrizione d’ambiente, un pezzo di bravura dove già si riconosce il suo obiettivo: trattare in modo serio, e persino tragico, esistenze comuni, sepolte nelle viscere di una grande città. Come ha notato il critico Erich Auer­bach, Balzac (insieme a Stendhal) è il fondatore del Realismo moderno. Sul palcoscenico del romanzo salgono uomini come noi: non si tratta più di ammirare la virtù di eroi straor­dinari, ma di proiettare le gioie e i dolori che ci agitano in personaggi normali, a volte mediocri, o vigliacchi. In Papà Goriot tutto è così vero, che ognuno può riconoscerne gli elementi presso di sé, forse nel suo stesso cuore (rr. 43-45).

 >> pagina 388

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Dove e quando è ambientato il racconto?


2. Madame Vauquer (sono possibili più risposte)

  • a è nubile. 
  • b è vedova. 
  • c è la proprietaria della pensione. 
  • d è l’affittuaria della pensione. 
  • e è piccola e grassoccia. 
  • f è scortese e antipatica. 
  • g è attaccata al denaro. 
  • h ha circa sessant’anni. 


3. Chi alloggia, solitamente, alla pensione Vauquer?


4. Quali locali della pensione Vauquer sono descritti nel testo?


5. Che ruolo ha il gatto, nella pensione?

ANALIZZARE E INTERPRETARE

6. Come si può definire il narratore?

  • a Esterno, onnisciente, nascosto. 
  • b Esterno, onnisciente, palese. 
  • c Esterno, con focalizzazione esterna. 
  • d Esterno, con focalizzazione interna. 

7. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. Quando il narratore interviene direttamente nel testo lo fa per


a) definire dramma la storia che sta per raccontare.

  • V   F

b) affermare che il suo racconto sarà apprezzato solo dai veri parigini.

  • V   F

c) affermare che vi sono delle vicende dolorose in grado di suscitare pietà e partecipazione.

  • V   F

d) affermare che il progredire della civiltà porterà benessere per chiunque.

  • V   F

e) rivolgersi in modo esplicito al proprio lettore, il quale desidera solo divertirsi.

  • V   F

f) affermare che la storia che verrà r accontata è veritiera.

  • V   F


Quale funzione hanno tutti questi interventi, rispetto al lettore?


8. Che cosa rende così triste e miserabile il quartiere in cui è ubicata la pensione Vauquer?


9. Il critico Francesco Orlando ha scritto che nella descrizione della pensione Vauquer hanno grande rilievo «i colori stinti»: individuali nel testo.


10. Balzac attiva un vero e proprio processo di “umanizzazione” degli oggetti presenti nella pensione Vauquer: individua i termini e le espressioni che lo evidenziano.


11. Che cosa significa che l’espressione degli occhi della signora Vauquer passa dal sorriso prescritto alle ballerine all’amaro cipiglio dell’esattore (rr. 138-139)?

COMPETENZE LINGUISTICHE

12. Lessico. Sinonimi e contrari. Il brano di Balzac è caratterizzato da una ricchissima aggettivazione: per ogni attributo individua un sinonimo e un contrario.


Sinonimo Contrario

stinti (r. 88)

   

pigiati (r. 88)

   

rancido (r. 91)

   

umido (r. 91)

   

nauseabonde (r. 94)

   

appiccicose (r. 102)

   

sbeccate (r. 102)

   

appannate (r. 102)

   

esecrabili (r. 109)

   

logora (r. 117)

   

 >> pagina 389 

SCRIVERE CORRETTAMENTE

13. Il narratore non nasconde il suo disgusto nella descrizione della pensione Vauquer, che appare un luogo davvero squallido e maleodorante, dove nessuno di noi vorrebbe mai soggiornare. Prova a riscrivere i seguenti passaggi, sostituendo alle locuzioni e agli aggettivi “negativi” altrettanti aggettivi o locuzioni che diano però l’impressione al lettore di trovarsi in un ambiente bello e confortevole.


Il camino di pietra ha per ornamento una pendola di marmo di pessimo gusto. In questa prima sala si respira un cattivo odore indefinibile: odore di rinchiuso, di muffa, di rancido. […] La sala da pranzo fu tinta un tempo d’un colore oggi indistinto, che forma un fondo su cui l’unto ha impresso i suoi strati in modo da disegnarvi figure bizzarre. […] In un angolo c’è una scatola a caselle numerate che serve a tener riposte le salviette, sporche e macchiate di vino, di ciascun pensionante.


14. Lessico. … tutto oscurando con le tinte severe proiettate dalle loro cupole (rr. 53-54). Il dizionario riporta accezioni diverse dell’aggettivo severo; quale tra le seguenti ti sembra più adatta al contesto?

  • a Rigoroso.
  • b Inflessibile.
  • c Sobrio.
  • d Ingente.

15. Prefissi. Il prefisso -in può essere usato per formare aggettivi o sostantivi cui esso conferisce un valore negativo (come nel caso dei mobili indistruttibili, r. 106). In quale tra i seguenti aggettivi tale prefisso non ha però questo valore?

  • a Inconcepibile.
  • b Inclinabile.
  • c Instabile.
  • d Inestricabile.

PRODURRE

16. Scrivere per descrivere Utilizzando i contrari che hai individuato nell’esercizio precedente, riscrivi la descrizione della pensione Vauquer come se fosse un luogo caldo e accogliente (massimo 20 righe).


17. Scrivere per raccontare Quali disgrazie saranno accadute al marito della signora Vauquer per farlo cadere in miseria? Racconta (massimo 15 righe).

SPUNTI DI RICERCA interdisciplinare

Arti visive e disegno

Basandoti sulla descrizione di Balzac, realizza, a tuo piacimento:

a) la pianta della pensione Vauquer;

b) il disegno di uno degli interni con la tecnica che preferisci.

SPUNTI PER discutere IN CLASSE

La pensione Vauquer e la sua padrona sono ugualmente sciatte, sporche e trascurate. Secondo molte persone, il disordine esteriore è segno di disagio interiore: sei d’accordo con questa affermazione?

p@role in rete

Hai pernottato per qualche giorno alla pensione Vauquer. Scrivi una recensione di 10 righe per un sito che pubblica le opinioni dei viaggiatori. Dalle un titolo, usa un registro stilistico personale senza essere insultante o aggressivo.

La dolce fiamma - volume A
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