T4 - ANALISI ATTIVA - Giovannino Guareschi, I naufraghi dello spazio
analisi attiva
T4
Giovannino Guareschi
I naufraghi dello spazio
- Tratto da Lo spumarino pallido, 1981
- racconto
Un piccolo centro emiliano è da sempre teatro dell’accesa rivalità tra un gagliardo parroco, don Camillo, e il sindaco Peppone, comunista di ferro. I due “amici-nemici” – pur da sponde ideologiche opposte – condividono vizi e virtù, oltre che una profonda e genuina umanità “vecchio stampo”. La mente di don Camillo è occupata dal pensiero ossessivo di un luna park montato a poca distanza dalla chiesa: il prete, infatti, prova una forte invidia per i passeggeri sballottati dall’ultimissima attrazione, una straordinaria giostra volante. Per non dare nell’occhio, don Camillo vi si reca di notte, poco prima della chiusura, deciso a estorcere al giostraio il suo biglietto per lo spazio. Ma anche Peppone ha avuto la stessa idea…
Audiolettura
I baracconi1 vennero anche quell’anno, per la sagra di mezzo maggio, ma stavolta
rimasero fuori dalla piazza per esigenze di carattere politico locale in
quanto c’era molto movimento, nella zona, e il programma organizzato dagli
agitatori2 comprendeva una lunga sfilza3 di importanti comizi.
5 I baracconari4 dovettero accontentarsi del prato che serviva al mercato del
bestiame.
Un posto infelice, fuori mano, a lato della strada che portava al Molinetto.
In compenso, i baracconari, quell’anno, avevano portato due novità assolute:
un’autopista5 gigante e la giostra aerea.
10 La giostra aerea è una gran macchina di tubi d’acciaio fatta come lo scheletro
di una ombrella.6 All’estremità di ogni stecca è assicurato un piccolo aeroplano
e, quando la giostra si mette a girare, chi sta seduto dentro l’aeroplano
può, agendo su una leva, far alzare o abbassare il braccio a proprio gusto.
Il prato nel quale aveva rizzato7 le tende il Luna Park era dietro la canonica,8
15 a tre o quattrocento metri di distanza, e don Camillo, ogni sera quando
saliva nella sua camera da letto al primo piano e si affacciava alla finestra per
chiudere le persiane, vedeva distintamente la giostra aerea in piena funzione,
e rimaneva lì anche delle intere mezz’ore a rimirarsi lo spettacolo.
Non c’è davvero niente di disonesto
20 o di peccaminoso nel salire su
una giostra terrestre o aerea: ciononostante
un prete non può prendersi
questo lecito svago perché la
gente, avendo occhi, vede e, non
25 avendo cervello dentro la zucca,9
ride vedendo un prete ▶ gingillarsi10
sulla giostra.
Don Camillo ben sapeva tutto
questo e se ne rammaricava profondamente
30 per ovvie ragioni.
L’autopista gigante e la giostra aerea erano quelle che, si capisce, facevano
gli affari migliori. Tanto che ogni sera a una certa ora, mentre tutti gli altri
baracconi avevano già chiuso bottega per mancanza di clienti, l’autopista e la
giostra aerea continuavano tranquillamente a funzionare.
35 E, quando anche l’autopista spegneva i lumi, l’aerogiostra seguitava a girare
ancora per un bel pezzo.
Don Camillo era un osservatore attento e non mancò di rilevare il fatto. E
così, una bella sera, quando vide che l’autopista chiudeva bottega, scese al piano
e, attraversato con passo tranquillo e indifferente il prato d’erba medica11
40 che si stendeva dietro la canonica, raggiunse la siepe costeggiante la strada del
Molinetto e lì dietro si appostò.
Dall’altra parte della strada si apriva lo spiazzo del Luna Park: i baracconi
avevano spento i lumi e dormivano immersi nel buio, mentre l’ombrella della
giostra aerea continuava a girare al centro della breve isola di luce.
45 Il piano di don Camillo era molto semplice: non appena l’ultimissima squadriglia
di affezionati avesse preso terra12 andandosene a dormire, don Camillo
sarebbe uscito da dietro la siepe e, raggiunto il baracconaro, lo avrebbe indotto
a fargli fare un giro.
L’attesa di don Camillo non durò molto: la giostra si fermò, i giovinastri13
50 dell’ultimissima squadriglia saltarono giù dagli aeroplanini e, agguantate le
motorette, si perdettero schiamazzando nella notte.
Allora don Camillo saltò il fosso e avanzò decisamente sull’obiettivo.
Il baracconaro della giostra era entrato nel suo bettolino14 e stava controllando
l’incasso: vedendosi comparire davanti quell’enorme coso nero ebbe un
55 sussulto.
«Mai visto un prete?», gli domandò don Camillo.
«Sì, reverendo. Di preti ne ho visti, però mai dopo la mezzanotte. Posso
servirla in qualcosa?».
Don Camillo indicò la canonica:
60 «Io dormo là e voi non avete un’idea del fastidio che mi date con la vostra
maledetta musica».
«Mi dispiace, reverendo», rispose il baracconaro spalancando le braccia.
«D’altra parte qualsiasi giostra, se non gira con l’accompagnamento musicale,
diventa una malinconia da morire. Io, sul tardi, cerco di abbassare il volume
65 il più possibile ma, a una certa ora, anche la musica più leggera diventa un
fracasso».
«D’accordo», replicò don Camillo. «Però, se mi date ogni sera tanto fastidio,
dovreste sentire il dovere di farmi, una volta tanto, una cortesia».
«Volentieri, reverendo. Sono a vostra disposizione».
70 «Bene: allora fatemi fare un giro sulla vostra giostra. Presto, spicciatevi».
Il baracconaro mostrò una faccia sinceramente addolorata.
«Reverendo, bisogna che abbiate la compiacenza di aspettare qualche minuto.
Deve arrivare una comitiva che ha prenotato un paio di giri. Eccoli lì».
Don Camillo si volse per darsi alla fuga ma oramai era troppo tardi: la comitiva
75 stava già alle sue spalle e il
primo della banda era Peppone.
«Oh, il nostro beneamato signor
arciprete!»,15 esclamò Peppone.
«Sta forse spiegando al padrone
80 del biroccio16 che anche l’aerogiostra
è peccato mortale?».
«Stavo semplicemente spiegandogli
che la musica della sua giostra
impedisce ai galantuomini di
85 dormire».
«Meno male», ridacchiò Peppone, «credevo proprio che la musica desse fastidio
anche a lei».
Lo Smilzo, il Bigio, il Brusco, il Lungo, Fulmine, ovvero i componenti della
banda, non avevano fatto caso a don Camillo e s’erano andati allegramente a
90 stravaccare17 ognuno dentro un aeroplanino.
«E lei, signor sindaco, cosa è venuto a fare di bello qui?», s’informò don
Camillo. «A far divertire i suoi frugoletti?».18
«Capo, spicciati!», disse ad alta voce lo Smilzo.
«Vada, vada, signor sindaco», lo ammonì sorridendo don Camillo. «I bambini
95 la chiamano. Chi sa come deve essere carino vedere un sindaco grosso così
volare sull’aeroplanino!».
Peppone lo guardò con odio:
«Mai carino come un prete grosso come lei».
«Il fatto è che, mentre io vedrò il sindaco volare, lei non vedrà volare il
100 prete».
«E allora, reverendo, si diverta», muggì Peppone avviandosi verso la giostra.
«E poi, domani, scriva un bell’articolo scandalistico sul suo giornale murale».19
Peppone andò a ficcarsi anche lui dentro un aeroplanino e il baracconaro si
appressò20 alla leva di comando che stava dentro il bettolino della cassa.
105 «Si diverta, reverendo!», ripeté Peppone. «Spieghi ai suoi figli di Maria21 che
i pubblici amministratori comunisti sperperano in bagordi22 notturni i quattrini
dei contribuenti!».
La macchina si mise in moto e, dall’altoparlante, incominciò a uscire, a volume
ridotto, la musica d’una allegra marcetta.
110 «Dagli del gas, comandante!», urlò Peppone passando in volo davanti al
bettolino del baracconaro. «Così il reverendo potrà addormentarsi con la ninna
nanna».
«Taci, disgraziato!», gli urlò qualcuno dietro le spalle.
E Peppone si volse e, nell’aeroplanino dietro al suo, stava don Camillo.
115 Oramai la giostra marciava a pieno regime e per qualche minuto la cosa
riuscì di vivo gradimento a tutti.
Poi, specialmente per via dell’aria fresca e umida della sera, don Camillo
provò un pochino di fastidio.
«Di’ al baracconaro di andare un momentino più adagio!», urlò don Camillo
120 a Peppone.
Allora Peppone spinse la leva e il braccio si abbassò.
Quando l’aeroplanino passò davanti al bettolino del baracconaro, Peppone
fece per gridare ma non ci riuscì.
«Ebbene?», urlò don Camillo.
125 Peppone si volse e farfugliò Dio sa cosa, indicando il bettolino.
Don Camillo scese di quota e, passando davanti al bettolino, vide ciò che
aveva poco prima visto Peppone.
Vide cioè tre giovinastri, ciascuno con un fazzoletto davanti alla faccia, fin
sotto gli occhi, e ciascuno con una pistola in mano.
130 Il baracconaro aveva la faccia rivolta alla parete e le mani alzate e i tre
giovinastri gli spingevano la canna della pistola contro la schiena. Un quarto
giovinastro mascherato stava frugando dentro il cassetto e riponeva in una
borsa le banconote che pescava a manciate.
Nel frattempo, l’aerogiostra girava a tutta birra con accompagnamento
135 musicale.
I giovinastri, finita la pesca nel cassetto, non furono convinti e due di essi
accompagnarono il baracconaro dentro la carovana, per trovare il resto del
malloppo.
Uscirono, di lì a poco, maltrattando il baracconaro.
140 «È inutile che insistiate», protestò l’uomo. «Tutti gli altri soldi li ho depositati
in banca. Cercate nel portafoglio e troverete la ricevuta».
Trovarono la ricevuta e la stracciarono pieni di rabbia.
Intanto la giostra continuava a girare.
«Fermate, maledetti!», urlò lo Smilzo passando davanti ai giovinastri.
145 Uno dei giovinastri mascherati si volse brandendo minacciosamente la pistola
e tutti gli uomini della squadriglia volante tirarono disperatamente la
manetta23 e i bracci della giostra si alzarono tutti.
Adesso l’aerogiostra pareva proprio un’ombrella arrovesciata24 dal vento.
I giovinastri erano furibondi per la scarsità del bottino ma il capobanda era
150 un giovanotto pieno d’idee.
«Peleremo25 quei sette merli26 che stanno volando», disse.
Si volse verso l’alto e gridò:
«Cacciate tutti i soldi che avete in tasca o vi facciamo venir fuori il cervello
dai buchi delle orecchie!».
155 «Crepa!», gli rispose la voce di Peppone.
Il capobanda diede un ordine al suo luogotenente che, entrato nel bettolino,
impugnò la manetta della resistenza variabile e accorciò il giro di due o tre
pasticche.27
La giostra aumentò la velocità.
160 Dall’alto, la squadriglia volante prese a urlare, ma il vicecapobanda aumentò
il volume dell’amplificatore e la musica coprì facilmente le grida.
Dopo una mezza dozzina di giri il capo fece un cenno e il vicecapo riportò
la velocità al punto di prima. Anzi qualcosa di meno ancora.
«Ognuno metta tutti i suoi soldi dentro il fazzoletto, lo annodi e, quando
165 passa davanti al bettolino, butti dentro il fagottino. Trenta secondi di tempo».
Trascorso il mezzo minuto, il capo diede l’ordine:
«A incominciare da quello vestito di nero, sganciate!».
Don Camillo, quello vestito di nero, fu il primo a lanciare il suo fagottello28
dentro il bettolino. Gli altri lo imitarono.
170 Il capo raccolse i fagottelli, li aprì, controllò il danaro.
«Poco!», gridò. «Buttate i portafogli con dentro il resto o aumento la velocità;
cinque secondi di tempo… A cominciare da quello vestito di nero, sganciate!».
Caddero ai piedi del capobanda sette portamonete che furono vuotati e
buttati in un angolo del bettolino.
175 Il capobanda si rivolse al baracconista:
«Tu ferma la giostra soltanto quando saranno passati quindici minuti dalla
nostra partenza. Non cercare di fregarci perché ti conosciamo e così succede
che, una bella notte, ti riempiamo di benzina la carovana e ti mettiamo arrosto».
I quattro raggiunsero di corsa l’automobile che attendeva ferma sulla strada
180 e partirono a fulmine.
«Ferma, maledetto!», urlarono al baracconista quelli della squadriglia volante.
Ma il disgraziato era pieno di paura e fermò soltanto quando furono
passati i quindici minuti.
La giostra si arrestò e l’ombrella si chiuse lentamente.
185 I sette della squadriglia dovettero rimanere venti minuti immobili, dentro
il loro aeroplanino, prima di accumulare la forza sufficiente per rimettersi in
piedi.
Si ritrovarono alfine tutti e sette assieme al baracconaro, dentro il bettolino
della cassa. Ricuperarono29 i portamonete vuoti.
190 Nessuno aveva parlato, fino a quel momento.
Parlò per primo Peppone.
Peppone agguantò il baracconaro per il davanti della giacchetta:
«Se dici una parola di quello che è successo stasera, non solo ti rompo
la testa, ma non ti faccio più lavorare, né qui né in nessuno dei comuni che
195 controlliamo noi».
«E io in quelli che controlliamo noi», aggiunse don Camillo.
Presero tutti e sette la strada dei campi e si lasciarono dietro la canonica.
«In complesso, signor sindaco, abbiamo passato una bella serata», disse
don Camillo.
200 Peppone gli rispose con un ruggito che risvegliò, nella notte di velluto, echi
lontani.
Giovannino Guareschi, I naufraghi dello spazio, in Lo spumarino pallido, Rizzoli, Milano 1981
A tu per tu con il testo
Ti è mai capitato di avere un vero e proprio rivale, una persona da cui ti separano profonde divergenze, ma per cui nutri – magari segretamente – un profondo rispetto? I celebri personaggi coniati da Guareschi incarnano perfettamente questa esperienza. Don Camillo, da bravo pastore, cerca di ricondurre le pecorelle smarrite all’ovile, instradandole anche a forza sulla retta via della tradizione e del Vangelo. Peppone, da parte sua, predica la rivoluzione dei lavoratori e parla dell’Unione Sovietica come se fosse il paradiso in terra. A chi dare retta? Processione o comizio? Confessionale oppure falce e martello? La scrittura cordiale di Guareschi ci trasporta in un piccolo mondo antico, dove ironia, solidarietà e rispetto per il prossimo rendono le persone uguali e di pari dignità, oltre qualsiasi divergenza ideologica. Ma uguaglianza vera non vuol dire noia o fine dei conflitti, anzi… I due rivali continuano la loro lotta senza esclusione di colpi, convinti ciascuno della propria idea e del proprio ruolo, ma uniti sulle cose più importanti. Tra cui, si capisce, un imperdibile giro sulla giostra.
Analisi ATTIVA
1. Da quando è arrivato il luna park, che cosa fa don Camillo, la sera?
2. … la gente, avendo occhi, vede e, non avendo cervello dentro la zucca, ride vedendo un prete gingillarsi sulla giostra (rr. 23-27). Di chi è questa riflessione?
- a Del narratore esterno onnisciente.
- b Di don Camillo.
- c Di Giovannino Guareschi.
- d Del narratore interno.
3. I compagni di Peppone sono indicati con
- a i loro nomi di battesimo.
- b i loro cognomi.
- c dei soprannomi che indicano caratteristiche fisiche o morali.
- d dei soprannomi in dialetto locale.
4. Se don Camillo definisce frugoletti (r. 92) e bambini (r. 94) i compagni di Peppone, in che modo Peppone chiama i fedeli parrocchiani di don Camillo?
5. Perché i quattro malviventi, dopo aver rapinato il giostraio, decidono di rapinare anche i sette sulla giostra?
- a Perché sono insoddisfatti di quanto hanno trovato nella cassa.
- b Perché la cassa della giostra era vuota.
- c Perché don Camillo e Peppone erano il loro vero obiettivo.
- d Perché sanno che i sette sulla giostra sono ricchi.
6. In che modo il capobanda riesce a farsi consegnare il denaro dai sette sulla giostra?
- a Li minaccia con la pistola e verbalmente.
- b Li minaccia con la pistola e li ricatta.
- c Li minaccia verbalmente e li fa scendere a forza dalla giostra.
- d Li minaccia con la pistola e poi aumenta i giri della giostra.
7. Il racconto si intitola I naufraghi dello spazio: quali aspettative genera nel lettore? Che significato ha il titolo in relazione a quanto raccontato? Esponi le tue considerazioni.
8. Lo scambio di battute tra don Camillo e Peppone contiene numerose frecciate a sfondo politico. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
a) Don Camillo ha un giornale murale sul quale talvolta prende di mira i comunisti.
- V F
b) Don Camillo sostiene che Peppone, in quanto sindaco, dovrebbe fare in modo che il luna park, la sera, non disturbasse con la musica.
- V F
c) Peppone è contrario al fatto che don Camillo abbia detto al giostraio che la giostra è un peccato mortale.
- V F
d) Peppone invita ironicamente don Camillo a scrivere un articolo scandalistico sui comunisti che vanno sulle giostre.
- V F
e) Peppone invita ironicamente don Camillo a scrivere che i comunisti hanno usato i soldi pubblici per andare a divertirsi al luna park.
- V F
9. Il finale del racconto ti fa capire che, pur divisi dall’appartenenza politica, i due rivali sanno mettersi d’accordo quando si tratta di “fronteggiare un nemico comune”: di quale passaggio si tratta?
Laboratorio sul testo
COMPETENZE LINGUISTICHE
10. Lessico. Gli alterati. Nel racconto sono numerosi i nomi alterati: individuali e indica di quale tipo di alterazione si tratta. Quali nomi presenti nel testo, originariamente alterati, sono ormai usati come sostantivi veri e propri?
11. I registri linguistici. I tre malviventi si esprimono in un linguaggio colloquiale, quasi gergale, ricco di espressioni colorite. Dopo aver spiegato quale significato assumono, nel linguaggio dei malviventi, verbi di uso comune come “pelare”, “cacciare” e “sganciare”, riscrivi tre battute pronunciate dal capobanda (Peleremo […] volando, r. 151; Cacciate […] orecchie!, rr. 153-154; Tu ferma […] arrosto, rr. 176-178):
a) in un registro linguistico standard;
b) in un registro linguistico aulico e ricercato, come se a parlare fosse un “ladro gentiluomo”.
PRODURRE
12. Scrivere per raccontare Che cosa è successo ai tre malviventi dopo aver rapinato le giostre? Scrivi una breve prosecuzione del racconto (massimo 20 righe) inserendo i seguenti termini: scivolare, carabinieri, fiume, foratura, bicicletta.
13. Scrivere per argomentare Per un sacerdote è davvero disdicevole andare sulle giostre? Argomenta la tua opinione in massimo 15 righe.
SPUNTI PER discutere IN CLASSE
- Organizzate un dibattito a squadre: una dovrà sostenere le ragioni che autorizzano don Camillo ad andare sulle giostre, l’altra che non è opportuno per un prete andare a divertirsi al luna park.
- Si può avere davvero un “miglior nemico” o essere “nemici-amici”?
La dolce fiamma - volume A
Narrativa