CARTA CANTA - Boccaccio copista

carta canta

Boccaccio copista

Del padre della letteratura italiana, Dante Alighieri, non possediamo alcun documento autografo: non una terzina della Divina Commedia, non una riga dalle altre opere, non una lettera, e nemmeno una semplice firma. D’altra parte ci sono giunti dal XIV secolo centinaia di manoscritti che tramandano il suo capolavoro, copiato da anonimi lavoranti ma anche da maestri come Giovanni Boccaccio, che per tutta la vita professò un devoto culto nei confronti del poeta fiorentino, al quale dedicò anche una biografia, il Trattatello in laude di Dante.


Oltre che autore del Decameron, Boccaccio in effetti fu uno studioso di primo piano, al pari di Petrarca, cui era legato da un solido affetto. Tanto che quest’ultimo, con un gesto commovente, nel suo testamento lasciò all’amico «cinquanta fiorini d’oro per una veste da indossare nelle ore di studio e di meditazione nelle notti di inverno». In quelle notti, così come di giorno, Boccaccio leggeva con passione indomabile, costellando i margini dei libri di disegni, manine con l’indice puntato verso un brano significativo, commenti a volte risentiti: come le maledizioni rivolte a Marziale, poeta latino che riteneva troppo pepato.



Ma, oltre a leggere, Boccaccio scriveva e appunto copiava. Ci rimangono 22 codici nei quali trascrisse opere proprie e altrui. Il più rilevante è l’Hamilton 90, conservato a Berlino, riconosciuto nel XX secolo come l’autografo originale del Decameron. Anche qui, accanto al testo, steso in una scrittura chiamata dagli specialisti “semigotica”, appaiono vari schizzi in cui lo scrittore di Certaldo ritrasse alcune figure scaturite dalla sua fantasia, come la vergine Alatiel, o madonna Jancofiore. Che Boccaccio nutrisse un vivo interesse per le arti figurative è d’altronde testimoniato dalla frequenza con cui incontriamo artisti nelle sue cento novelle: spesso realmente esistiti, come Giotto e Buffalmacco, instancabile beffatore alle spese di sciocchi e presuntuosi.

Altri disegni di mano boccacciana sono presenti a margine di un manoscritto del Decameron copiato da un giovane fiorentino, Giovanni d’Agnolo Capponi, sotto la supervisione dell’autore, che aggiunse 18 splendide illustrazioni ad acquerello.

La più suggestiva è quella che s’incontra in apertura, dove campeggiano due coppie di innamorati a cavallo, una di fronte all’altra. Da una parte Ginevra e Lancillotto, dall’altra la dama di Malehaut e il principe Galeotto: i protagonisti del romanzo cavalleresco francese che aveva fatto esplodere la passione amorosa di Paolo e Francesca, nel quinto canto della Divina Commedia. Negli ultimi anni di vita Boccaccio iniziò a temere che anche certe sue novelle, poco castigate, avrebbero potuto portare alla perdizione le lettrici alle quali aveva dedicato il Decameron. Senza rinnegarlo, cercò allora di limitarne la circolazione: ma dopo la sua morte nulla poté arrestare la passione dei lettori, che ha visto in questo capolavoro il più affascinante scrigno di storie creato nell’Italia medievale.

La dolce fiamma - volume A
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Narrativa