LE TECNICHE

5 LA LINGUA E LO STILE NEL TESTO NARRATIVO

  • Che cos’è lo stile
  • Il lessico
  • La sintassi
  • Le figure retoriche
  • I registri linguistici

Come analizzare  RC

F. Tozzi, Vecchia Toscana, p. 154


Analizziamo insieme  RC

L. Malerba, Parliamo del mare, p. 156


Analizza tu  RC

V. Parrella, Rispetto per chi sa, p. 161

1. CHE COS’È LO STILE

Romanzi e racconti, come ogni altro testo letterario, sono composti di un materiale speciale: le parole. Temi, ambientazioni, personaggi, tecniche narrative: ciascun aspetto dell’opera dipende dal modo in cui l’autore monta insieme i mattoni della lingua, ottenendo determinati effetti e significati.

L’insieme delle scelte linguistiche compiute da un autore è chiamato stile, e costituisce forse l’oggetto più affascinante per i lettori e gli studiosi di testi letterari. Gli aspetti stilistici, infatti, non sono semplicemente un modo per abbellire i contenuti, ma veicolano essi stessi significati e valori espressivi, legati alle intenzioni personali dell’autore, al genere letterario, al carattere dei personaggi, e a molti altri parametri che stanno dentro e fuori dall’opera. Lo stile è così importante in letteratura perché lo è anche nella vita: ogni libro, infatti, è scritto in un linguaggio particolare e in questo è simile a un individuo, che possiede un modo personale di presentarsi e di esprimersi (non soltanto linguistico), legato alla sua indole e alle sue esperienze.

Per analizzare fino in fondo il testo narrativo, dobbiamo saperne distinguere i meccanismi, isolando i diversi piani stilistici e osservando come interagiscono tra loro, per comporre una specie di macchinario o di organismo più grande. I piani stilistici sono collegati a diversi aspetti della lingua, attraverso i quali è organizzato e costruito il testo: il lessico, la sintassi, le figure retoriche e i registri linguistici.

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2. Il lessico

Il lessico consiste nella scelta delle parole con cui l’autore compone il testo letterario. Usando determinati vocaboli piuttosto che altri, infatti, l’opera acquisisce sfumature particolari, che vanno dalla caratterizzazione dei singoli personaggi alla resa delle abitudini linguistiche tipiche di un luogo, di un genere letterario o di un’intera epoca storica. Riportiamo di seguito i principali tipi di lessico che un autore può impiegare.

  • Lessico aulico: è basato sulla scelta di parole difficili, rare e altisonanti. Per ottenere questo tipo di modalità espressiva, l’autore può servirsi di:
    • - arcaismi, ossia forme e parole di uso antico, avvertite come desuete e anacronistiche;
    • - latinismi, ovvero espressioni che derivano dal latino; possono essere adattamenti di parole realmente appartenenti alla lingua latina, oppure neologismi (cioè parole completamente nuove, che non fanno parte del corpo lessicale di una lingua) a essa ispirati.

Un esempio di lessico aulico si può cogliere in questo brano di Andrea Zanzotto (1921-2011): il racconto da cui è tratto, intitolato 1944: Faier, è dedicato a una terribile rappresaglia scatenata dai tedeschi contro la repubblica partigiana del Quartier del Piave.

ZANZOTTO

Zampe, rostri,1 acidi mortali; ieri deliranti pennacchi, oggi neutri automi. Vengono fuori traballando e dondolando con maestà ed intimazione,2 a cavallo ieri e sugli autocarri oggi: la fine è sempre la stessa: dall’involucro che inevitabilmente cade esce per arrendersi la larva dell’uomo, tra odore di escrementi e di sanie.3

Ma intanto, che è dei morti, degli offesi per sempre? Restano sulle strade, così, e non chiedono nulla, ma nessuna pace, nessun cielo, nessun riposo li toglie alla nostra mente. Una catena ci lega a tutti loro, essi ci trascinano tutti insieme a bere il tossico4 del loro ultimo istante, del punto in cui conobbero quanto noi non possiamo immaginare che di straforo,5 per oppiate approssimazioni.6

Andrea Zanzotto, 1944: Faier, in Le poesie e prose scelte, Mondadori, Milano 1999

  • Lessico medio: si caratterizza per l’adozione della lingua di uso comune nell’epoca a cui appartiene lo scrittore. Le parole scelte non sono troppo alte e ricercate, e allo stesso tempo non scadono mai nell’informale o nel colloquiale.
    Questo brano dal racconto Campo di mine di Italo Calvino (1923-1985) presenta appunto una scelta di termini piani e comprensibili, che non sbilanciano il livello stilistico né verso l’alto né verso il basso:
CALVINO

Poi sarebbe bastato stare attento a dove metteva i piedi: un posto con sotto una mina doveva ben avere qualcosa di diverso da tutti gli altri posti. Qualcosa: terra smossa, pietre posate ad arte, erba più giovane. Lì, per esempio, si vedeva subito che non potevano esserci mine. Non potevano? E quella lastra di ardesia sollevata? E quella striscia nuda in mezzo al prato? E quel tronco abbattuto sul passaggio? S’era fermato. Ma il passo era ancora distante, non ci potevano essere mine ancora: proseguì.

Italo Calvino, Campo di mine, in Ultimo viene il corvo, Mondadori, Milano 2016

  • Lessico basso: rimanda alla comunicazione spiccia e non troppo elaborata della quotidianità. Un lessico di questo tipo si compone di espressioni ricavate da:
    • - gerghi, cioè linguaggi caratteristici di gruppi sociali particolari, per esempio uniti da una professione comune o dall’appartenenza alla stessa generazione;
    • - dialettismi, ossia termini derivanti dai dialetti, spesso usati per conferire realismo e vivacità alla parlata dei personaggi;
    • - linguaggio volgare, usato per connotare la comunicazione in modo basso e scurrile, aggiungendo enfasi al discorso e una patina di immediatezza popolaresca.

Un lessico basso e aperto a soluzioni regionali (lombarde) contraddistingue questo brano di Giovanni Testori (1923-1993) tratto dal Ponte della Ghisolfa. Alcuni amici, seduti a bere sotto la pergola di un locale, discutono animatamente a proposito di un pettegolezzo riguardante una conoscenza comune:

TESTORI

«Del resto», fece il Berto riprendendo quota su tutti gli altri, «prima o poi dovrà mollare!7 E allora ci racconterà tutto».

«Perché tu t’illudi che parli?» domandò il Camisasca.

«Per forza. A furia di cominciare e poi fermarsi…».

«Su queste cose qui? Con di mezzo la grana?».8

«Tirerà fuori tutto e tutto d’un colpo, vedrete: chi è, chi non è, dove sta, dove vanno, chi è il becco,9 cos’è la grana che gli dà. Tutto. Vedrete».

Ma nonostante la sberla e la pernacchia, anzi proprio per quello, il Ciulanda a cedere non riusciva.

Giovanni Testori, Sotto la pergola, in Opere (1943-1961), Bompiani, Milano 1996

  • Lessico misto: è costituito dall’accostamento o dalla mescolanza di parole appartenenti a registri diversi, in particolare espressioni colloquiali e termini solenni o di matrice letteraria.
    Eccone un esempio da Carlo Emilio Gadda (1893-1973), nel quale l’autore descrive il comportamento dei borghesi all’interno dei ristoranti di lusso alternando vocaboli triviali e ricercati:
GADDA

A tavolino; petto in fuori, busto eretto; incartonati nell’arnese d’amido dello smoking10 quasi nel cerotto e nel turgore11 supremo della certezza e della realtà biologica. Di quando in quando facevano pisciare i sifoni:12 e il sifone virilmente13 mingente14 conferiva alla mano del disoccupato una tal quale gravità.15

Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore, Einaudi, Torino 1987

Il semplice potere delle figure

Ti è mai capitato di entrare in una chiesa e vedere un altare circondato da piccoli quadri, da sagome di cuori o da oggetti di varia natura? Sono gli ex voto che i fedeli offrono in dono per una grazia ricevuta. Si tratta di rappresentazioni semplici, che esprimono la devozione popolare, e utilizzano un linguaggio facilmente comprensibile. Guarda per esempio quello riprodotto qui accanto, offerto da un sopravvissuto a un incidente.

La dolce fiamma - volume A
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Narrativa