Italo Calvino
(Santiago de Las Vegas 1923-Siena 1985)
Marcovaldo al supermarket
- Tratto da Marcovaldo ovvero Le stagioni in città, 1963
- racconto
(Santiago de Las Vegas 1923-Siena 1985)
Marcovaldo porta la sua famiglia al supermarket a fare la spesa per finta. Infatti, con il suo magro stipendio di manovale non può permettersi gli scintillanti e costosi prodotti che ammiccano dagli scaffali. Tuttavia, resistere alla tentazione è difficile, e l’avventura tra le corsie prende una piega imprevista…
Audiolettura
Alle sei di sera la città cadeva in mano dei consumatori. Per tutta la giornata
il gran daffare della popolazione produttiva era il produrre: producevano beni
di consumo.1 A una cert’ora, come per lo scatto d’un interruttore, smettevano
la produzione e, via!, si buttavano tutti a consumare. Ogni giorno una fioritura
5 impetuosa faceva appena in tempo a sbocciare dietro le vetrine illuminate, i
rossi salami a penzolare, le torri di piatti di porcellana a innalzarsi fino al soffitto,
i rotoli di tessuto a dispiegare drappeggi come code di pavone, ed ecco
già irrompeva2 la folla consumatrice a smantellare a rodere a palpare a far
man bassa.3 Una fila ininterrotta serpeggiava per tutti i marciapiedi e i portici,
10 s’allungava attraverso le porte a vetri nei magazzini intorno a tutti i banchi,
mossa dalle gomitate di ognuno nelle costole di ognuno come da continui colpi
di stantuffo.4 Consumate! e toccavano le merci e le rimettevano giù e le riprendevano
e se le strappavano di mano; consumate! e obbligavano le pallide
commesse a sciorinare5 sul bancone biancheria e biancheria; consumate! e i
15 gomitoli di spago colorato giravano come trottole, i fogli di carta a fiori levavano
ali starnazzanti, avvolgendo gli acquisti in pacchettini e i pacchettini
in pacchetti e i pacchetti in pacchi, legati ognuno col suo nodo a fiocco. E via
pacchi pacchetti pacchettini borse borsette vorticavano attorno alla cassa in
un ingorgo, mani che frugavano nelle borsette cercando i borsellini e dita che
20 frugavano nei borsellini cercando gli spiccioli, e giù in fondo in mezzo a una
foresta di gambe sconosciute e falde6 di soprabiti i bambini non più tenuti per
mano si smarrivano e piangevano.
Una di queste sere Marcovaldo stava portando a spasso la famiglia. Essendo
senza soldi, il loro spasso era guardare gli altri fare spese; inquantoché7 il
25 denaro, più ne circola, più chi ne è senza spera: «Prima o poi finirà per passarne
anche un po’ per le mie tasche». Invece, a Marcovaldo, il suo stipendio, tra che
era poco e che di famiglia erano in molti, e che c’erano da pagare rate e debiti,
scorreva via appena percepito. Comunque, era pur sempre un bel guardare,
specie facendo un giro al supermarket.
30 Il supermarket funzionava col self-service. C’erano quei carrelli, come dei
cestini di ferro con le ruote, e ogni cliente spingeva il suo carrello e lo riempiva
di ogni bendidio. Anche Marcovaldo nell’entrare prese un carrello lui, uno sua
moglie e uno ciascuno i suoi quattro bambini. E così andavano in processione
coi carrelli davanti a sé, tra banchi stipati da montagne di cose mangerecce,
35 indicandosi i salami e i formaggi e nominandoli, come riconoscessero nella
folla visi di amici, o almeno conoscenti.
«Papà, lo possiamo prendere questo?», chiedevano i bambini ogni minuto.
«No, non si tocca, è proibito», diceva Marcovaldo ricordandosi che alla fine di
quel giro li attendeva la cassiera per la somma.
40 «E perché quella signora lì li prende?», insistevano, vedendo tutte queste
buone donne che, entrate per comprare solo due carote e un sedano, non sapevano
resistere di fronte a una piramide di barattoli e tum! tum! tum! con un
gesto tra distratto e rassegnato lasciavano cadere lattine di pomodori pelati,
pesche sciroppate, alici sott’olio a tambureggiare8 nel carrello.
45 Insomma, se il tuo carrello è vuoto e gli altri pieni, si può reggere fino a un
certo punto: poi ti prende un’invidia, un crepacuore,9 e non resisti più. Allora
Marcovaldo, dopo aver raccomandato alla moglie e ai figlioli di non toccare
niente, girò veloce a una traversa10 tra i banchi, si sottrasse alla vista della famiglia
e, presa da un ripiano una scatola di datteri, la depose nel carrello. Voleva
50 soltanto provare il piacere di portarla in giro per dieci minuti, sfoggiare anche
lui i suoi acquisti come gli altri, e poi rimetterla dove l’aveva presa. Questa scatola,
e anche una rossa bottiglia di salsa piccante, e un sacchetto di caffè, e un
azzurro pacco di spaghetti. Marcovaldo era sicuro che, facendo con delicatezza,
poteva per almeno un quarto d’ora gustare la gioia di chi sa scegliere il prodotto,
55 senza dover pagare neanche un soldo. Ma guai se i bambini lo vedevano! Subito
si sarebbero messi a imitarlo e chissà che confusione ne sarebbe nata!
Marcovaldo cercava di far perdere le sue tracce, percorrendo un cammino a
zig zag per i reparti, seguendo ora indaffarate servette ora signore impellicciate.
E come l’una o l’altra avanzava la mano per prendere una zucca gialla e
60 odorosa o una scatola di triangolari formaggini, lui l’imitava. Gli altoparlanti
diffondevano musichette allegre: i consumatori si muovevano o sostavano seguendone
il ritmo, e al momento giusto protendevano il braccio e prendevano
un oggetto e lo posavano nel loro cestino, tutto a suon di musica.
Il carrello di Marcovaldo adesso era gremito11 di mercanzia; i suoi passi lo
65 portavano ad addentrarsi in reparti meno frequentati; i prodotti dai nomi
sempre meno decifrabili erano chiusi in scatole con figure da cui non risultava
chiaro se si trattava di concime per la lattuga o di seme di lattuga o di lattuga
vera e propria o di veleno per i bruchi della lattuga o di becchime12 per attirare
gli uccelli che mangiano quei bruchi oppure condimento per l’insalata o per gli
70 uccelli arrosto. Comunque Marcovaldo ne prendeva due o tre scatole.
Così andava tra due siepi alte di banchi. Tutt’a un tratto la corsia finiva e
c’era un lungo spazio vuoto e deserto con le luci al neon che facevano brillare
le piastrelle. Marcovaldo era lì, solo col suo carro di roba, e in fondo a quello
spazio vuoto c’era l’uscita con la cassa.
75 Il primo istinto fu di buttarsi a correre a testa bassa spingendo il carrello davanti
a sé come un carro armato e scappare via dal supermarket col bottino prima
che la cassiera potesse dare l’allarme. Ma in quel momento da un’altra corsia
lì vicino s’affacciò un carrello carico ancor più del suo, e chi lo spingeva era sua
moglie Domitilla. E da un’altra parte se n’affacciò un altro e Filippetto lo stava
80 spingendo con tutte le sue forze. Era quello un punto in cui le corsie di molti
reparti convergevano, e da ogni sbocco veniva fuori un bambino di Marcovaldo,
tutti spingendo trespoli13 carichi come bastimenti14 mercantili. Ognuno aveva
avuto la stessa idea, e adesso ritrovandosi s’accorgevano d’aver messo insieme
un campionario15 di tutte le disponibilità del supermarket. «Papà, allora siamo
85 ricchi?», chiese Michelino. «Ce ne avremo da mangiare per un anno?».
«Indietro! Presto! Lontani dalla cassa!», esclamò Marcovaldo facendo dietrofront
e nascondendosi, lui e le sue derrate, dietro ai banchi; e spiccò la corsa
piegato in due come sotto il tiro nemico, tornando a perdersi nei reparti. Un
rombo risuonava alle sue spalle; si voltò e vide tutta la famiglia che, spingendo
90 i suoi vagoni come un treno, gli galoppava alle calcagna.
«Qui ci chiedono un conto da un milione!».
Il supermarket era grande e intricato come un labirinto: ci si poteva girare
ore ed ore. Con tante provviste a disposizione, Marcovaldo e familiari avrebbero
potuto passarci l’intero inverno senza uscire. Ma gli altoparlanti già avevano
95 interrotto la loro musichetta, e dicevano: «Attenzione! Tra un quarto d’ora
il supermarket chiude! Siete pregati d’affrettarvi alla cassa!».
Era tempo di disfarsi del carico: ora o mai più. Al richiamo dell’altoparlante
la folla dei clienti era presa da una furia frenetica, come se si trattasse degli
ultimi minuti dell’ultimo supermarket in tutto il mondo, una furia non si capiva
100 se di prendere tutto quel che c’era o di lasciarlo lì, insomma uno spingi
spingi attorno ai banchi, e Marcovaldo con Domitilla e i figli ne approfittavano
per rimettere la mercanzia sui banchi o per farla scivolare nei carrelli d’altre
persone. Le restituzioni avvenivano un po’ a casaccio: la carta moschicida sul
banco del prosciutto, un cavolo cappuccio16 tra le torte. Una signora, non s’accorsero
105 che invece del carrello spingeva una carrozzella con un neonato: ci
rincalzarono un fiasco di barbera.17
Questa di privarsi delle cose senz’averle nemmeno assaporate era una sofferenza
che strappava le lacrime. E così, nello stesso momento che lasciavano
un tubetto di maionese, capitava loro sottomano un grappolo di banane, e lo
110 prendevano; o un pollo arrosto invece d’uno spazzolone di nylon; con questo
sistema i loro carrelli più si vuotavano più tornavano a riempirsi.
La famiglia con le sue provviste saliva e scendeva per le scale rotanti18 e ad
ogni piano da ogni parte si trovava di fronte a passaggi obbligati dove una cassiera
di sentinella puntava una macchina calcolatrice crepitante19 come una
115 mitragliatrice contro tutti quelli che accennavano a uscire. Il girare di Marcovaldo
e famiglia somigliava sempre più a quello di bestie in gabbia o di carcerati
in una luminosa prigione dai muri a pannelli colorati.
In un punto, i pannelli d’una parete erano smontati, c’era una scala a pioli posata
lì, martelli, attrezzi da carpentiere e muratore. Un’impresa stava costruendo
120 un ampliamento del supermarket. Finito l’orario di lavoro, gli operai se n’erano
andati lasciando tutto com’era. Marcovaldo, provviste innanzi, passò per il buco
del muro. Di là c’era buio; lui avanzò. E la famiglia, coi carrelli, gli andò dietro.
Le ruote gommate dei carrelli sobbalzavano su un suolo come disselciato, a
tratti sabbioso, poi su un piancito20 d’assi sconnesse. Marcovaldo procedeva
125 in equilibrio su di un asse; gli altri lo seguivano. A un tratto videro davanti e
dietro e sopra e sotto tante luci seminate lontano, e intorno il vuoto.
Erano sul castello d’assi d’un’impalcatura, all’altezza delle case di sette piani.
La città s’apriva sotto di loro in uno sfavillare luminoso di finestre e insegne
e sprazzi elettrici dalle antenne dei tram; più in su era il cielo stellato
130 d’astri e lampadine rosse d’antenne di stazioni radio. L’impalcatura tremava
sotto il peso di tutta quella merce lassù in bilico. Michelino disse: «Ho paura!».
Dal buio avanzò un’ombra. Era una bocca enorme, senza denti, che s’apriva
protendendosi su un lungo collo metallico: una gru. Calava su di loro, si fermava
alla loro altezza, la ganascia inferiore contro il bordo dell’impalcatura. Marcovaldo
135 inclinò il carrello, rovesciò la merce nelle fauci di ferro, passò avanti.
Domitilla fece lo stesso. I bambini imitarono i genitori. La gru richiuse le fauci
con dentro tutto il bottino del supermarket e con un gracchiante carrucolare21
tirò indietro il collo, allontanandosi. Sotto s’accendevano e ruotavano le scritte
luminose multicolori che invitavano a comprare i prodotti in vendita nel
140 grande supermarket.
Italo Calvino, Marcovaldo ovvero Le stagioni in città, Einaudi, Torino 1963
1. Secondo il racconto di Marcovaldo, i clienti del supermercato
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
a) Alle otto di sera si verifica l’assalto dei consumatori ai supermercati.
b) Al momento del pagamento, alcuni genitori si distraggono per cercare gli spiccioli e perdono i loro bambini.
c) Il supermarket funziona con casse self-service, automatiche e prive di operatore.
d) Durante il suo giro tra le corsie, Marcovaldo si fa tentare da una scatola di datteri.
e) Ciascun membro della famiglia di Marcovaldo riempie il proprio carrello.
f) Marcovaldo riesce a portare a casa tutti i prodotti della spesa.
3. Il supermercato in cui è ambientata gran parte del racconto è un luogo
4. La descrizione iniziale del supermercato ha complessivamente un effetto
5. Dopo aver sottolineato nel testo le espressioni relative agli spostamenti solitari che Marcovaldo compie prima di arrivare alla cassa, scegli l’alternativa corretta.
6. Alla fine del racconto i protagonisti si trovano a spingere i carrelli della spesa su un’impalcatura. Tenendo conto delle coordinate spaziali, questo spostamento su quali opposizioni è costruito? Quale significato ha, a tuo parere? Esponi le tue considerazioni.
7. Scrivere per argomentare I consumatori utilizzano supermarket e centri commerciali per soddisfare il loro bisogno di merci, oppure sono questi luoghi a indurre un bisogno di prodotti a cui, prima di fare la spesa, essi non avevano pensato? Argomenta la tua opinione in base alla tua esperienza (massimo 20 righe).
8. Scrivere per descrivere Descrivi i seguenti luoghi (massimo 15 righe per ciascuno):
a) una spiaggia, vista dall’alto di una scogliera (devi inserire i seguenti termini: scogli, battigia, lontano, file, verde);
b) una via fiancheggiata da grattacieli, vista dalla scala di uscita della fermata della metropolitana (devi inserire i seguenti termini: lucido, slanciato, correre, attraverso, portoni);
c) l’atrio della tua scuola, visto dall’ingresso principale;
d) un’aula, dal punto di vista di uno studente al primo giorno di scuola o da quello del custode.
Ti è mai successo di perderti in un luogo pubblico, sentendoti completamente smarrito e abbandonato? Come hai reagito? Racconta a voce la tua esperienza in circa due minuti.
La dolce fiamma - volume A
Narrativa