3 Teorie sulla memoria

3. Teorie sulla memoria

3.1 GLI ESPERIMENTI DI EBBINGHAUS

Hermann Ebbinghaus | ▶ L’AUTORE | inventò un metodo sperimentale specifico e rigoroso, cioè il più possibile libero da interferenze esterne alla pura attività mnemonica: egli memorizzava la stessa lista di sillabe due volte, in sedute diverse e a distanza di tempo. Così procedendo notò che durante la seconda seduta era sempre più facile memorizzare la lista e per farlo occorreva un numero inferiore di ripetizioni: il risparmio di lavoro nella seconda seduta testimoniava quanto era stato memorizzato durante la prima | ▶ APPROFONDIAMO |.
In tal modo fu scoperta la cosiddetta curva dell’oblioovvero l’andamento naturale della memoria dei dati appresi in un determinato momento: essa diminuisce con il passare delle ore, dapprima velocemente, poi più lentamente. Ciò significa che quando memorizziamo un’informazione, la dimentichiamo più rapidamente nelle prime ore successive alla memorizzazione, mentre in seguito essa tende a stabilizzarsi nella nostra memoria.
Faremo fatica a ricordare la data della Rivoluzione francese subito dopo averla studiata, ma nei giorni successivi sarà sempre più facile richiamarla alla memoria. Per questo motivo è opportuno controllare gli appunti presi al mattino nel pomeriggio dello stesso giorno, prima che l’oblio ne attenui il ricordo.
Memoria e apprendimento
A Ebbinghaus si deve anche la scoperta di altri fenomeni relativi al funzionamento della memoria e dell’oblio, utili ai fini dell’apprendimento.
  • L’effetto seriale, per cui la posizione delle informazioni in un insieme da apprendere è importante ai fini della memorizzazione. Ripetendo liste di sillabe giorno dopo giorno egli scoprì che era in grado di ricordare più facilmente il primo e l’ultimo gruppo di lettere dell’elenco. Concluse dunque che in una serie si memorizzano più facilmente gli elementi iniziali (effetto primacye quelli posti alla fine (effetto recency), piuttosto che gli elementi centrali.
  • L’effetto del superapprendimento, ovvero il fenomeno per cui aumentando il numero di ripetizioni di un’informazione la sua memorizzazione migliora, facendo così diminuire la possibilità di dimenticarla. Repetita iuvant!.
  • La capacità di ricordare meglio ciò che viene memorizzato per apprendimento distribuito (studiare in più momenti diversi) piuttosto che per apprendimento massivo (studiare tutto in una sola volta). Nella pratica ciò significa che distribuire il carico di lavoro su più sessioni di studio rende la memorizzazione più facile, mentre tentare di imparare tutto in una sola volta, come quando, per esempio, si cerca di ripassare tutti i contenuti di una materia in un solo pomeriggio, è più difficile. Provare per credere!

l’autore  Hermann Ebbinghaus

Hermann Ebbinghaus (1850-1909), psicologo e filosofo tedesco, è stato il primo studioso a occuparsi sperimentalmente dei meccanismi della memoria e dell’oblio.
Egli ha fatto da cavia ai suoi stessi esperimenti: ogni giorno imparava scrupolosamente a memoria lunghe liste di sillabe senza senso per poi ripeterle il giorno successivo, cercando di ricordarne il maggior numero possibile e testando così la sua capacità di memorizzazione. Lo scopo era quello di scoprire quali meccanismi presiedono al funzionamento della dimenticanza e da che cosa viene influenzata. Tali esperimenti sono descritti nel trattato Sulla memoria, pubblicato nel 1885 e subito divenuto un testo fondamentale per la psicologia.
Professore di filosofia dapprima in Germania e poi in Polonia, Ebbinghaus si dedica con costanza alla sua attività di ricerca: fonda due laboratori e un’importante rivista scientifica di psicologia e, grazie al suo metodo sperimentale, formula alcune ipotesi sull’apprendimento e la memoria che sono valide ancora oggi.

approfondiamo  PERCHÉ EBBINGHAUS MEMORIZZAVA SOLO SILLABE SENZA SIGNIFICATO?

L’intenzione dell’esperimento di Ebbinghaus era quella di eliminare qualunque tipo di interferenza rispetto alla pura capacità di ricordare servendosi della ripetizione. Se le sillabe avessero un significato sarebbe più facile ricordarle perché nel nostro cervello si attiverebbero altri meccanismi in grado di facilitare la memoria, come le conoscenze pregresse o stimoli provocati dal contenuto da memorizzare.
Per esempio, se nella lista di sillabe fossero presenti Fbi o Csi, chi conosce l’omonimo telefilm sulla polizia scientifica probabilmente sarebbe avvantaggiato ricordando più facilmente questi due insiemi di lettere.

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3.2 LE SCOPERTE DI FREUD

A volte ci dimentichiamo delle cose perché non siamo capaci di ritrovarle nel grande magazzino della memoria a lungo termine. Questa, tuttavia, non è l’unica ragione che spiega le nostre difficoltà a ricordare.
All’inizio del Novecento, Sigmund Freud | ▶ L’AUTORE, p. 340 |  elaborò a questo proposito una teoria rivoluzionaria: quella della rimozione. Secondo Freud molto spesso non ricordiamo le cose non perché non riusciamo a recuperarle, ma perché una parte della nostra mente non vuole che determinati ricordi del nostro passato riaffiorino e si oppone fortemente alla nostra attività di recupero. Senza rendercene conto scacciamo alcuni ricordi dalla nostra mente cosciente rendendoli inaccessibili.
Secondo Freud la mente accantona, nasconde questi pensieri imbarazzanti, spesso generati da desideri e da pretese che non vogliamo ammettere di avere, perché ci fanno sentire in colpa e disturbano la nostra attività quotidiana. Essi vengono confinati in un settore specifico che Freud chiama inconscio.
L’inconscio è perciò una specie di magazzino, di prigione, meglio ancora di fortezza, nella quale abbiamo rinchiuso alcuni dei ricordi spiacevoli e umilianti della nostra vita in modo da non essere continuamente costretti a fare i conti con essi.
Che cosa succede a questi ricordi? Vengono definitivamente dimenticati, scomparendo una volta per tutte dal nostro orizzonte cognitivo? Niente affatto. I ricordi rimossi rinchiusi nella loro fortezza si comportano come i prigionieri che tentano di evadere, cercando di riaffiorare nella nostra mente, anche se noi non vogliamo e opponiamo resistenza. Questo capita soprattutto di notte, mentre dormiamo, quando cioè la nostra attività cosciente si attenua e i ricordi rimossi possono tornare a manifestarsi, soprattutto nei sogni.
Lo stesso meccanismo avviene, secondo Freud, quando ci capita di dimenticare un nome che sappiamo benissimo (lo abbiamo sulla punta della lingua) o quando ci scordiamo di un appuntamento importante o pronunciamo una parola al posto di un’altra (lapsus). In tutti questi casi, la dimenticanza ha a che fare con un elemento rimosso che non vogliamo risvegliare.
Lo stesso ricordo rimosso, quando viene effettivamente recuperato, subisce trasformazioni e modifiche molto importanti: noi siamo in grado di riportare a galla tracce delle nostre rimozioni, ma quasi mai i contenuti originali; ciò che affiora può essere molto diverso da ciò che inizialmente era stato nascosto.

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La teoria psicoanalitica oggi
Possiamo considerare ancora valida, oggi, la teoria freudiana della rimozione? Occorre qui essere molto precisi. È assai improbabile che i ricordi di cui parla Freud si collochino in un magazzino e che vi rimangano nascosti per poi emergere in alcuni momenti particolari. La questione è più complessa, perché la memoria è rappresentazione e ricostruzionenon semplicemente ripetizione. In altri termini la nostra mente rielabora le tracce relative al nostro passato dando loro nuovi significati in momenti diversi della nostra vita. Quando ci ricordiamo di una persona che abbiamo conosciuto in passato il ricordo che abbiamo dipende anche molto da ciò che pensiamo ora di lei e, pertanto, non è solo il passato a influire sul presente ma anche il presente a modificare il ricordo del passato. Si tratta di una questione già intuita da Freud nel 1896 quando scrive al collega Wilhelm Fliess: «Sto lavorando all’ipotesi che il nostro meccanismo psichico si sia formato mediante un processo di stratificazione; il materiale di tracce mnestiche esistenti è di tanto in tanto sottoposto a una risistemazione in base a nuove relazioni, a una sorta di riscrittura». Per questo, assai spesso i nostri ricordi contengono elementi che non corrispondono perfettamente ai fatti vissuti o che li reinterpretano in modo del tutto personale sulla base di fattori emotivi e di contesto.
Fatta questa importante precisazione, il modello psicoanalitico riceve oggi molte conferme nell’ambito delle neuroscienze. Come afferma Simona Argentieri nel Dizionario enciclopedico Treccani (alla voce “memoria e psicoanalisi”): «Il panorama cangiante e poliedrico dei processi di memoria dal punto di vista della psicoanalisi si incontra oggi felicemente con le più recenti acquisizioni delle neuroscienze».

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per immagini

L'incubo o il ricordo rimosso

In una stanza in penombra una fanciulla giace sul letto. La sua posa innaturale, con la testa all’ingiù e le braccia abbandonate, è un segno evidente del suo sconvolgimento interiore. Il suo pallore e la purezza del bianco della sua veste sono in netto contrasto con le due figure mostruose che la assediano: la testa spettrale di una cavalla e un demone, accovacciato sulla sua pancia e con lo sguardo rivolto all’osservatore. Attingendo alla tradizione popolare germanica, il pittore svizzero Johann Heinrich Füssli (1741-1825) dipinge un incubo notturno: la cavalla è la portatrice del travaglio interiore della fanciulla, rappresentato dall’orrendo demone. Se volessimo dare un’interpretazione a posteriori basandoci sulle idee di Freud il demone rappresenterebbe un ricordo rimosso, che ritorna quando la nostra mente non ne è consapevole, per esempio durante il sonno sotto forma di incubo.

per lo studio

1. Come funziona la curva dell’oblio secondo Ebbinghaus?
2. Spiega il concetto freudiano di rimozione.


  Per discutere INSIEME 

Ora che conoscete il metodo di ricerca di Ebbinghaus provate ad applicarlo. Dividetevi in quattro gruppi e cercate di memorizzare il maggior numero di sillabe nel minor tempo possibile. Dopo un’ora mettete alla prova gli altri gruppi facendo ripetere ai compagni le sillabe che hanno memorizzato. Quale metodo ha utilizzato il gruppo che è riuscito a ricordare un maggior numero di sillabe? Quale altra tecnica, invece, non è stata efficace?
1. GIR – DFN – MBR – DCC – TUH – OIE – SEV – ZZA – RFV – BOK – GRS – AVN – FSG – HPD – DHI
2. THI – LKM – WFD – HHG – NQA – CHI – MPO – ASL – XXF – JHP – DTY – CNK – AZO – BWR – LTX
3. BRA – GHV – SXZ – MQJ – XMK – SGI – SHO – DDH – QPO – LMI – CVJ – RVC – NBI – APO – BET
4. JDB – MPS – AVI – SFU – FIP – AUS – SDF – NNA – FOD – AHO – AQR – AVY – LQD – NRX – OTV

I colori della Psicologia - volume 1
I colori della Psicologia - volume 1
Primo biennio del liceo delle Scienze umane