T1 - Sigmund Freud, La seconda conferenza americana

PAROLA D’AUTORE

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La seconda conferenza americana

Nel 1909 Freud e Jung furono invitati da Stanley Hall, un famoso psicologo americano, a presentare per la prima volta le teorie psicoanalitiche negli Stati Uniti. Freud temeva molto questa presentazione, poiché avrebbe dovuto spiegare la psicoanalisi a persone che non conoscevano l’argomento e che non erano laureate in medicina. Il brano riportato è un passo della seconda conferenza, nel quale Freud, usando una metafora, spiega in modo chiarissimo il funzionamento dell’inconscio.

Mi è forse permesso di dimostrarvi il processo della rimozione e il necessario rapporto di questa con la resistenza mediante una metafora grossolana, che voglio desumere proprio dalla nostra situazione attuale. Supponete che in questa sala e in questo uditorio, di cui non so abbastanza lodare l’esemplare silenzio e attenzione, si trovi però un individuo che si comporta in modo disturbante e distolga la mia attenzione dal mio compito ridendo maleducatamente, chiacchierando e stropicciando i piedi. Io dichiaro che così non posso continuare la conferenza, e allora tra voi si alzano alcuni robusti signori e dopo breve lotta mettono alla porta il disturbatore della quiete.
Egli è dunque rimosso e io posso continuare la mia conferenza. Ma, perché il disturbo non si ripeta quando l’espulso tenti di penetrare nuovamente nella sala, i signori che hanno eseguito la mia volontà accostano le loro sedie alla porta disponendosi in tal modo come resistenza una volta avvenuta la rimozione. Se ora traducete queste località in termini psichici come conscio e inconscio, vi trovate di fronte ad una riproduzione abbastanza fedele del processo di rimozione. […]
Se ci pensate bene però, con l’allontanamento del disturbatore e con il disporsi dei custodi davanti alla porta la faccenda non è necessariamente finita. Può darsi benissimo che l’individuo messo alla porta, ormai esasperato e privo di ogni riguardo, ci dia ancor del filo da torcere. Per la verità non è più fra noi, ci siamo liberati della sua presenza, del suo riso beffardo, delle sue osservazioni a mezza voce, eppure in un certo senso, l’allontanamento non ha avuto successo, perché ora, all’esterno, egli fa un baccano insopportabile e le sue grida e il suo picchiare alla porta con i pugni ostacolano la mia conferenza più di quanto la ostacolasse prima il suo comportamento maleducato. In queste circostanze saremmo ben lieti se il nostro stimatissimo presidente dottor Stanley Hall si assumesse la parte dell’intermediario e del paciere. Egli parlerebbe con il tipo recalcitrante là fuori e si rivolgerebbe poi a noi invitandoci a farlo rientrare, rendendosi egli stesso garante che quell’individuo d’ora in avanti si comporterà meglio. Grazie all’autorità del dottor Hall, ci decidiamo a sospendere la rimozione e ora subentrano nuovamente silenzio e pace. Questa non è affatto una descrizione inadeguata del compito che spetta al medico nella terapia psicoanalitica delle nevrosi.

Rispondi

1. Quale metafora utilizza Freud per spiegare l’inconscio?
2. Perché l’allontanamento non risolve la situazione?
3. Che ruolo ha il dottor Stanley Hall?

 >> pagina 364 

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Perché la guerra?

Riportiamo un brano della lettera con cui nel settembre del 1932, Freud risponde a Einstein in merito alla questione dell’inevitabilità della guerra. Einstein e Freud si erano incontrati una sola volta, qualche anno prima a casa di Ernst, il figlio minore di Freud. Secondo quanto scritto da Freud al collega Ferenczi, Einstein «capisce di psicologia quanto io mi intendo di fisica, per cui la nostra conversazione è stata molto piacevole». Nel 1931 il “Comitato permanente delle lettere e delle arti” della Società delle Nazioni promosse il carteggio sulla guerra dei due grandi scienziati.

Per gli scopi immediati che ci siamo proposti […] ricaviamo la conclusione che non c’è speranza di poter sopprimere le tendenze aggressive degli uomini. Si dice che in contrade felici, dove la natura offre a profusione tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno, ci sono popoli la cui vita trascorre nella mitezza, presso cui la coercizione e l’aggressione sono sconosciute. Posso a malapena crederci; mi piacerebbe saperne di più su questi popoli felici. Anche i bolscevichi sperano di far scomparire l’aggressività umana, garantendo il soddisfacimento dei bisogni materiali e stabilendo l’uguaglianza sotto tutti gli altri aspetti tra i membri della comunità. Io la ritengo un’illusione. Intanto essi si sono diligentemente armati, e, fra i modi con cui tengono uniti i loro seguaci, non ultimo è il ricorso all’odio contro tutti gli stranieri. D’altronde non si tratta, come Lei stesso osserva, di abolire completamente l’aggressività umana; si può cercare di deviarla al punto che non debba trovare espressione nella guerra.
Partendo dalla nostra dottrina mitologica delle pulsioni, giungiamo facilmente a una formula per definire le vie indirette di lotta alla guerra. Se la propensione alla guerra è un prodotto della pulsione distruttiva, contro di essa è ovvio ricorrere all’antagonista di questa pulsione: l’Eros. Tutto ciò che fa sorgere legami emotivi tra gli uomini deve agire contro la guerra. Questi legami possono essere di due tipi. In primo luogo relazioni che pur essendo prive di meta sessuale assomiglino a quelle che si hanno con un oggetto d’amore. […] L’altro tipo di legame emotivo è quello per identificazione. Tutto ciò che provoca solidarietà significative tra gli uomini risveglia sentimenti comuni di questo genere, le identificazioni. Su di esse riposa in buona parte l’assetto della società umana.
[…]
La condizione ideale sarebbe naturalmente una comunità che avesse assoggettato la vita pulsionale alla dittatura della ragione. Nient’altro potrebbe produrre un’unione tra gli uomini così perfetta e così tenace, perfino in assenza di reciproci legami affettivi. Ma secondo ogni probabilità questa è una speranza utopistica. Le altre vie per impedire indirettamente una guerra sono certo più praticabili ma non promettono alcun successo. È triste pensare a mulini che macinano talmente adagio che la gente muore di fame prima di ricevere la farina.

Rispondi

1. Quale opinione ha Freud del comunismo?
2. Perché Freud scrive che è impossibile una «dittatura della ragione»? Rispondi tenendo presente quello che hai studiato in questa unità.

I colori della Psicologia - volume 1
I colori della Psicologia - volume 1
Primo biennio del liceo delle Scienze umane