5 Dalla seconda topica alle ultime riflessioni

5. Dalla seconda topica alle ultime riflessioni

5.1 LA SECONDA TOPICA

Le ultime intuizioni rendevano inadeguata la prima topica; per questo Freud formulò una nuova geografia dell’apparato psichico, non solo descrittiva, come la prima, ma dinamica. In essa, cioè, non vengono solo rappresentate le aree della psiche ma anche le loro interazioni e i loro conflitti.
La seconda topica freudiana comprende tre grosse aree, dette “istanze”:
1 Es: si tratta di un’area nella quale sono contenute tutte le pulsioni e tutti i desideri rimossi. L’Es non ha remore e non conosce senso di colpa. È completamente inconscio e spinge unicamente alla soddisfazione del desiderio, è il serbatoio che contiene l’energia psichica. Entra in conflitto con Io e Super-Io.
2 Io: ha una parte inconscia, caratterizzata dalle difese che impediscono l’accesso ai contenuti rimossi, e una parte cosciente, che oltre a subire le spinte dell’Es e del Super-Io deve anche fare i conti con la realtà.
3 Super-Io: è quasi completamente inconscio ed è la parte che, entrando direttamente in conflitto con l’Es, cerca di impedire la sua espansione incontrollata, bloccando ogni spinta.
Per capire bene il funzionamento di queste tre istanze, bisogna tener presente che esse sono sempre in conflitto. L’Es spinge per soddisfare ogni desiderio e se avesse il sopravvento, come accade in certi disturbi mentali, il soggetto non avrebbe alcun limite: penserebbe soltanto a ottenere ciò che desidera, senza affatto preoccuparsi degli altri. Il Super-Io, al contrario, ha la funzione di imporre divieti. Se la mente fosse guidata solo dal Super-Io, ogni desiderio verrebbe represso e si svilupperebbe un forte senso colpa. In realtà, le due istanze convivono e confliggono in ciascun individuo e prevalgono l’una sull’altra a seconda delle situazioni. Quando a prevalere è il Super-Io avremo personalità eccessivamente controllate (timide, inibite), quando invece prevale l’Es, il rischio sarà quello di avere una personalità propensa a perdere il controllo, ad agire senza pensare, a essere piuttosto aggressiva.
Quale compito svolge l’Io? Freud lo descrive come il “servo di due padroni”, sottomesso a spinte opposte che non è capace di comprendere. Inoltre, l’Io è chiamato a fare i conti anche con la realtà: il suo compito è quello di cercare di adattare la personalità del soggetto al rapporto con il mondo esterno, magari limitando gli eccessi quando si è troppo espansivi o aiutando a essere più spavaldi quando invece si soffre di una certa inibizione. Se l’Io funziona in modo adeguato, noi impariamo a sperimentare il mondo e le relazioni con gli altri ottenendo un discreto equilibrio, perché le istanze dell’Es non sono né del tutto represse né completamente accolte; quando invece questo non accade, allora si manifesta una sofferenza e compaiono dei sintomi.
Come si può notare dalla rappresentazione della seconda topica, anche in questo caso le decisioni sono prese in luoghi nei quali non si può esercitare un controllo consapevole. L’uomo, secondo Freud, è un soggetto che “non comanda a casa propria”.

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5.2 LA PULSIONE DI MORTE

La fine della Prima guerra mondiale aveva lasciato segni indelebili nella mente di chi aveva combattuto e di chi aveva dovuto subire la scomparsa di una persona cara. Freud cominciava a ricevere nel suo studio persone che erano reduci dal campo di battaglia e che conservavano ferite e traumi irrisolti. Fu proprio l’incontro con questi soggetti, affetti da nevrosi da guerra, che suggerì allo studioso austriaco una terribile ipotesi: quella che ci sia in ognuno di noi non solamente una spinta alla vita, data dalla sessualità, ma anche una spinta contraria, a cui egli diede il nome di pulsione di morte.
Si accorse infatti che i reduci dal campo di battaglia facevano degli strani sogni nei quali rivivevano le scene orribili cui avevano assistito durante la guerra, come se non potessero fare a meno di ripensarci. Un fatto del genere contrastava apertamente con la teoria del sogno, secondo la quale, come abbiamo visto, alla base del sogno ci sono desideri sessuali rimossi. Ma questi sogni non avevano nulla a che fare con la sessualità o con i desideri delle persone che, invece, soffrivano proprio perché non riuscivano a liberarsi da quei ricordi.
Tutto ciò non succedeva solo ai reduci di guerra: Freud si accorse che molti suoi pazienti opponevano un rifiuto alla terapia, come se non volessero guarire, come se una forza dentro di loro impedisse una vera e propria realizzazione del desiderio. Come se la malattia esercitasse una sorta di attrazione.
Osservando il ripetersi di fenomeni come questi, egli formulò la sua ultima teoria, caratterizzata da un profondo pessimismo: la vita non vuole vivere. Alle forze del desiderio e del cambiamento si oppongono quelle che portano alla ripetizione e all’autodistruzione. Si tratta di un’idea talmente pessimista che molti fra i seguaci di Freud si rifiutarono di adottarla. Resta il fatto però che proprio questa riflessione permise al padre della psicoanalisi di giungere a conclusioni profetiche proprio in merito alla guerra fra i popoli.

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5.3 LA GUERRA

Un giorno, nel 1931 il Comitato sull’arte e la letteratura della Lega delle nazioni (quella che oggi è l’Onu, l’Organizzazione delle nazioni unite) propose ad Albert Einstein e a Sigmund Freud, i più noti intellettuali dell’epoca, di sviluppare un dibattito sul tema della guerra. Albert Einstein partecipò molto volentieri sostenendo che l’umanità avrebbe sicuramente dovuto trovare il modo per evitare altre guerre e per risolvere i conflitti attraverso vie diplomatiche, altrimenti, con le armi di cui si cominciava a disporre, le conseguenze sarebbero state devastanti. Freud invece partecipò con molta più riluttanza e, alla fine, scrisse un articolo nel quale sosteneva che l’indole dell’uomo, purtroppo, non è solo positiva. Nella natura umana c’è un’ineliminabile componente distruttiva in base alla quale inevitabilmente la guerra e il dolore sono destinati a ritornare, mentre la pace non potrà mai instaurarsi in modo definitivo.
Purtroppo si dovette constatare che la storia avrebbe dato ragione a Freud; del resto, nel 1931 si respirava già l’odore violento e terribile del fascismo in Italia, mentre in Germania si stava diffondendo la propaganda ignobile che avrebbe portato al potere Hitler.

5.4 IL DISAGIO DELLA CIVILTÀ

Un anno prima, nel 1930, Freud aveva pubblicato una delle sue opere più importanti dal punto di vista dell’analisi della società, Il disagio della civiltà. In essa compariva in modo ancora più chiaro la disillusione nei confronti delle speranze di miglioramento dell’umanità. Freud infatti sosteneva, contrariamente a quello che si poteva pensare allora, che l’incremento delle scoperte scientifiche e delle loro applicazioni in campo tecnologico avrebbe condotto l’uomo non a una maggiore felicità ma a un malessere profondo. Per essere più precisi, l’uomo tecnologico moderno avrebbe vissuto una vita più lunga, più comoda, meno sottoposta alle malattie e alla povertà, ma anche più infelice perché ogni progresso civile comporta anche una rinuncia all’esercizio del piacere. In altri termini, l’uomo primitivo è sottoposto alla natura e alle malattie, ma non deve sottomettersi a restrizioni culturali e a divieti sociali; l’uomo moderno invece si trova costretto a reprimere molte delle sue pulsioni per integrarsi nel contesto sociale. Con il progredire della civiltà aumentano, secondo Freud, anche le restrizioni e gli obblighi che la società ci impone.

per lo studio

1. L’Io è in grado di padroneggiare il conflitto fra Es e Super Io?
2. A partire da quali episodi Freud concepisce l’idea della pulsione di morte?
3. Perché Freud è pessimista sul destino dell’umanità?


  Per discutere INSIEME 

Freud pensa che l’umanità farà sempre la guerra. Einstein invece ritiene che un bel giorno ci sarà la pace. Tenendo conto di quanto è avvenuto negli ultimi settant’anni, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, provate a formulare la vostra opinione argomentandola e confrontandola con quella del vostro docente.

I colori della Psicologia - volume 1
I colori della Psicologia - volume 1
Primo biennio del liceo delle Scienze umane