4 Sessualità e genere

4. Sessualità e genere

4.1 STEREOTIPI DI GENERE

Nel linguaggio comune il sesso maschile e femminile coincide con il genere maschile e femminile. Occorre invece a questo proposito operare una distinzione molto chiara:
  • il sesso dipende dai caratteri sessuali specifici, che sono biologici, cioè determinati dalla natura e diversi tra l’uomo e la donna;
  • il genere, invece, non è determinato dalla natura, bensì dal contesto culturaleovvero dalla concezione che un determinato popolo ha del femminile e del maschile.
Le distinzioni basate sul genere hanno spesso generato pregiudizi e discriminazioniIn passato si tendeva a pensare che il genere derivasse dal sesso e, in fondo, dalla natura, perciò, se l’essere femmina deriva dal corpo femminile, allora le donne erano per natura più delicate, più comprensive, più docili e adatte a professioni di accudimento (infermiere, educatrici, bambinaie), ma molto meno portate per compiti che abbiano a che fare con professioni di comando e di pensiero astratto. Al contrario, gli uomini erano più aggressivi e portati al conflitto, non mostravano debolezze, erano intraprendenti e più capaci di prendere decisioni e di comandare. Tale logica basata sugli ▶ stereotipi legittimava una divisione sociale in base alla quale le donne dovevano accettare una posizione di dipendenza e di sottomissione rispetto agli uomini, non avevano accesso ai lavori di maggiore responsabilità e meglio retribuiti, non potevano godere di indipendenza economica e dovevano accettare la volontà e le decisioni dei loro compagni. Celebre è l’affermazione del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900) secondo cui “L’uomo deve servire per la guerra e la donna per il riposo del guerriero”.
Tale concezione della presunta naturalità del genere femminile e maschile è stata ampiamente superata: i movimenti di liberazione femminile e una forte emancipazione sociale hanno portato le donne a conquistare nuove importanti posizioni sociali e, anche se il percorso non è ancora giunto al termine, la parità fra uomini e donne è sempre più vicina. Questo significa che le caratteristiche del genere femminile e del genere maschile non sono affatto definite da fattori naturali una volta per tutte e senza possibilità di modifiche, ma dipendono dalla cultura e dalle convenzioni sociali. In realtà uomini e donne si comportano cercando di adottare, di volta in volta, le strategie che sembrano più adatte in un determinato contesto, utilizzando comportamenti “femminili” e “maschili” a seconda delle circostanze.
ESEMPIO: in passato si riteneva che le donne non sapessero o non potessero guidare un’auto come un uomo: il risultato di questo pregiudizio era che le donne erano scarsamente incentivate a prendere la patente e a guidare, preferivano attendere che un uomo venisse a prenderle. La conseguenza di questa apparente cavalleria, però, comportava una forte limitazione dell’autonomia femminile: per muoversi, le donne dovevano dipendere dalle disponibilità di un uomo. In realtà donne e uomini guidano nello stesso modo e finalmente, persino in Arabia Saudita (nel 2017!), è stato concesso alle donne di prendere la patente.
Allo stesso modo, se il compito di accudire i neonati è ancora collegato alla donna, è altrettanto vero che anche gli uomini, quando devono occuparsi di bambini, imparano presto a sviluppare quelle qualità di accudimento e di protezione necessarie in tali circostanze. Ciascun individuo, infatti, possiede tutte le risorse: una donna può diventare aggressiva e determinata, un uomo può assumere atteggiamenti di dolcezza e di tenerezza. L’antropologia insegna che in molti contesti culturali le caratteristiche che riteniamo femminili vengono assunte dagli uomini e quelle maschili dalle donne.
ESEMPIO: in Albania alcune bambine, le burrnesh, cui era morto il padre o che non avevano fratelli, venivano cresciute come se fossero degli uomini, adottando uno stile maschile: gestivano gli affari della famiglia, si occupavano del matrimonio delle sorelle, evitavano di sposarsi e di avere rapporti sessuali.

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4.2 LA DECLINAZIONE DEL GENERE NELL’ERA POSTMODERNA

Nella cultura contemporanea le differenze di genere tendono a sfumare moltissimo: la moda, il cinema e l’immaginario presentano figure femminili maschili lontane dagli stereotipi. Ciò significa che ogni individuo, a partire dalla sua personalità e dalle sue esperienze, può interpretare il ruolo di genere liberamente, integrando aspetti molto diversi fra loro | ▶ APPROFONDIAMO |.
L’effetto psicologico di questa situazione è duplice.
1 Le persone sono più libere perché non si sentono più vincolate rispetto al loro sesso: ognuno sceglie il proprio stile e interpreta come meglio crede il proprio ruolo. Le donne possono darsi a professioni o a pratiche sportive che in passato sarebbero state tipicamente maschili, gli uomini possono truccarsi o indossare orecchini semplicemente perché trovano piacevoli questi ornamenti del corpo.
2 Questa libertà di interpretazione, tuttavia, può produrre anche ansia e insicurezza, perché le proprie scelte non sono ancora pienamente sostenute dalla cultura e dall’immaginario collettivo. Capita quindi che ci sia una crisi. Nelle donne la difficoltà maggiore consiste nel conciliare la funzione materna con quella professionale derivata dell’emancipazione: sono sempre più numerose le donne che, nei paesi occidentali, decidono di non avere figli.
Sul versante maschile, invece, si riscontra spesso una difficoltà di adattamento e una crisi perché l’uomo deve rinunciare al ruolo di potere e di dominio che le culture del passato gli attribuivano. Talvolta, infatti, alcuni maschi si sentono indeboliti e messi in discussione proprio dal progredire dell’emancipazione femminile e reagiscono adottando comportamenti violenti o ritirandosi per evitare il confronto con le figure femminili più indipendenti. L’antico ruolo del padre di famiglia, cui si doveva rispetto e obbedienza nel timore di suscitare la sua disapprovazione, sta scomparendo e i padri cercano ora di ritrovare nel contesto familiare una funzione diversa e più adatta alla contemporaneità. Si occupano di più dei figli, interagiscono con loro, ma soprattutto condividono con la madre le funzioni regolative, perché non è più esclusivamente il padre a stabilire le norme del comportamento familiare, che invece discendono da un accordo consapevole tra padre e madre in quanto adulti competenti. Mentre in passato se un ragazzo doveva ottenere un permesso dai genitori si rivolgeva innanzitutto alla madre perché convincesse il padre ad acconsentire, è oggi molto frequente che l’ultima parola, quella definitiva, spetti proprio alla madre.

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approfondiamo  LA DISFORIA DI GENERE

Con l’espressione “disforia di genere” si intende la condizione psicologica di coloro che, appartenendo a un sesso, hanno però una forte identificazione con il sesso opposto. Si tratta cioè di uomini che sentono profondamente di essere donne e di donne che sentono profondamente di essere uomini. Il termine “disforia” (contrario di euforia) indica proprio una sensazione di disagio derivata in questo caso dall’avvertire di avere un corpo che non corrisponde alla propria psiche.
Occorre distinguere la disforia di genere dall’omosessualità. Gli omosessuali, infatti, sono persone che provano attrazione per individui del loro stesso sesso, mentre i disforici di genere (chiamati anche transessuali o transgender) sono persone che sentono di appartenere a un sesso che non è il loro: non uomini che amano altri uomini, ma uomini che sentono di essere donne. Secondo alcune ricerche recenti la disforia di genere si presenta in un maschio su diecimila e in una femmina su trentamila, ma si tratta di dati molto incerti perché molte di queste persone nascondono la loro vera identità per paura di repressione o di condanna sociale. La disforia di genere non è un disturbo mentale e, quando si presenta in modo netto, può essere affrontata attraverso un percorso che, dopo due anni di tempo, porta alla riassegnazione chirurgica del sesso. Una legge del 1982 riconosce, nello Stato italiano, la condizione della transessualità e autorizza, per chi lo desidera, l’intervento chirurgico e il cambiamento di nome.

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4.3 BREVE STORIA DELL’OMOSESSUALITÀ

Sebbene la parola “omosessuale” sia stata inventata nella seconda metà dell’Ottocento, le pratiche omosessuali maschili e femminili sono diffuse da sempre nella storia dell’umanità.
Abbiamo infatti testimonianza di attrazione sentimentale per persone dello stesso sesso in opere letterarie molto antiche: nell’Iliade, per esempio, Omero descrive un rapporto molto intimo fra l’eroe Achille e il giovane Patroclo. Nella cultura greca, ove la donna era considerata inferiore all’uomo, la relazione sessuale fra due uomini era ritenuta superiore a quella eterosessuale fra un uomo e una donna. Ciò non significa che l’omosessualità femminile non fosse diffusa: la poetessa Saffo (VII-VI secolo a.C.), nata nell’isola di Lesbo (da cui il termine “lesbismo” per indicare l’omosessualità femminile), scrisse numerose liriche nelle quali esaltava la donna di cui era innamorata. Troviamo testimonianze di amori omosessuali nella cultura dell’antico Egitto e dell’antica Cina, oltre che in quella dell’antica Roma.
Con l’avvento del cristianesimo si assiste a una condanna dell’omosessualità, perché essa presuppone rapporti sessuali completamente slegati dalla riproduzione e sottintende una sessualità unicamente ricreativa. Paolo di Tarso, nella Lettera ai Romani, dichiara che gli omosessuali commettono atti ignominiosi e che perciò rappresentano la corruzione della società pagana.
Nei secoli successivi, durante il Medioevo e in seguito durante l’età della Controriforma, la condanna dell’omosessualità divenne sempre più marcata, ma occorre aggiungere che, di fatto, i rapporti sessuali di questo tipo continuavano a essere molto diffusi. Numerose furono tuttavia le condanne e persecuzioni.
In Inghilterra, nel 1533, sotto il regno di Enrico VIII, fu emanato il Buggery Act, una legge che puniva con la morte per impiccagione i rapporti omosessuali; nel 1861 la pena di morte venne sostituita con il carcere, ma la legge rimase in vigore fino al 1967, in Scozia fino al 1979, e in alcuni Stati degli Usa sino al 2003. In India, ex colonia britannica, il reato di omosessualità è stato depenalizzato soltanto nel 2018.
In Europa, durante il regime nazistagli omosessuali furono condotti nei campi di concentramento e sterminati, mentre in Italia il fascismo prevedeva il confino.
Nell’Unione Sovietica stalinista l’omosessualità era punita con cinque anni di reclusione e venne aspramente perseguitata anche nella Cuba di Fidel Castro fino al 1979.
I rapporti omosessuali portano ufficialmente alla pena di morte in nove Stati islamici: Arabia Saudita, Mauritania, Iran, Nigeria, Pakistan, Sudan, Somalia, Somaliland e Yemen. In altri Stati la punizione è il carcere o una multa. In Turchia, in Egitto e in Giordania non vi è condanna penale ma gli omosessuali subiscono una forte emarginazione sociale.
Nel 2000 l’Unione Europea ha varato una risoluzione in cui invitava gli Stati membri a introdurre leggi contro le discriminazioni che riconoscessero i diritti delle coppie omosessuali. L’Italia ha legiferato in questo senso approvando, nel 2016, la legge che regolamenta le unioni civili fra persone dello stesso sesso.

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La condanna sociale dell’omosessualità
In campo psicoanalitico, Freud considerava l’omosessualità una perversione, ma fu il primo studioso a ribadire come tratti omosessuali fossero presenti nella psiche di ognuno di noi. Del resto, l’omosessualità è stata considerata una malattia fino al 1990, quando si è smesso di catalogarla fra le perversioni.
La condanna sociale diffusa che da secoli circonda l’omosessualità ha spesso reso drammatica la condizione degli omosessuali che, anche quando non sono stati penalmente perseguiti, sono stati oggetto di maltrattamenti, violenze, insulti e allontanamento dal contesto sociale. Per questo motivo, spesso gli omosessuali hanno dovuto tenere nascoste le proprie inclinazioni, talora reprimendo la propria sessualità. Ancora oggi, la prevenzione e il discredito nei confronti di chi è omosessuale costringono a un difficile cammino evolutivo, perché sovente le famiglie non accettano di avere un figlio che desidera persone del suo stesso sesso o temono che questa caratteristica lo condanni a emarginazione e sofferenze. Sono tuttavia sempre di più gli omosessuali che fanno coming out, cioè che dichiarano apertamente la loro inclinazione e, fortunatamente, sono sempre meno i casi di bullismo omofobico o di aggressione nei loro confronti.
per lo studio

1. Che differenza esiste fra sesso e genere?
2. Che differenza c’è fra omosessualità e disforia di genere?
3. Perché la Chiesa cattolica ha sempre condannato i rapporti omosessuali?


  Per discutere INSIEME 

1. Negli ultimi anni molti stereotipi di genere sono venuti meno, ma non del tutto. Dividendovi in gruppi cercate di individuare quali sono le caratteristiche stereotipate del femminile e del maschile che sono ancora frequenti.
2. Molti poeti e artisti del passato erano omosessuali e hanno dovuto fare i conti con le persecuzioni e le discriminazioni sociali del loro tempo. Con l’aiuto degli insegnanti cercate di ricostruire le vicende di alcuni di loro.

I colori della Psicologia - volume 1
I colori della Psicologia - volume 1
Primo biennio del liceo delle Scienze umane