2 La psicologia sociale

2. La psicologia sociale

L’aspetto gruppale ha interessato da sempre la psicologia. Molti autori con diversi approcci si sono dedicati allo studio del gruppo e delle sue dinamicheNel corso degli anni, la branca psicologica principale che si è occupata dei gruppi è la psicologia sociale, che ha concentrato le proprie attenzioni sullo studio dell’individuo all’interno del gruppo e delle interazioni tra gruppo e individuo.
Tutti noi nasciamo, viviamo e cresciamo all’interno di un contesto, in relazione con altri soggetti. Questo significa che l’essere umano non può essere pensato o studiato indipendentemente dall’ambiente in cui vive. Le influenze che il gruppo esercita su di noi e il ruolo che a nostra volta noi abbiamo nel gruppo ci rende quello che siamo. Per questo la psicologia si è occupata dello studio dell’individuo e degli aspetti interni che lo caratterizzano, ma anche delle relazioni che il soggetto intrattiene con l’esterno.

2.1 LE COMPETENZE SOCIALI

Durante la crescita, in relazione con gli altri, ogni individuo sviluppa competenze sociali più o meno consolidate.
Esse possono essere distinte in:
  • competenze comunicative interpersonali, che comprendono abilità di ascolto (saper mantenere l’attenzione, cogliere gli argomenti di un discorso e porre domande coerenti), abilità di comunicazione verbale (essere in grado di esprimersi in modo adeguato) e la capacità di sfruttare la comunicazione non verbale (saper controllare e utilizzare il tono della propria voce in modo consono alla situazione, la mimica e la gestualità);
  • competenze di gestione dei conflitti, cioè le capacità di comprendere le emozioni proprie e altrui. Includono il saper negoziare, accettare le differenze individuali e il punto di vista dell’altro anche se diverso dal proprio;
  • competenze decisionali, ovvero la capacità di operare delle scelte tra diverse alternative;
  • competenze di leadership, ovvero la capacità di organizzare e dirigere un gruppo e stimolare condotte volte al raggiungimento di un obiettivo condiviso.

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2.2 LA PERCEZIONE SOCIALE

Quando entriamo per la prima volta in relazione con un’altra persona, a quali caratteristiche diamo più peso? Su quali aspetti ci concentriamo? Quali domande ci poniamo? Come si formano le nostre impressioni?
ESEMPIO: il primo giorno di scuola in una nuova classe ciascuno di voi, osservando i compagni, si sarà fatto un’idea, che si sarà rivelata poi giusta o sbagliata, delle caratteristiche principali delle varie persone, magari a partire dall’abbigliamento, dall’espressione del viso o dalla postura.
La psicologia sociale ha approfondito i meccanismi che guidano questi processi e in particolare si è occupata di capire attraverso quali canali si giudicano gli altri e come ciò condizioni i rapporti tra le persone. Ricerche effettuate su questo argomento hanno infatti dimostrato che ⇒ impressioni, supposizioni e pregiudizi guidano la nostra percezione degli altri, l’interpretazione che ne diamo e persino i ricordi | ▶ APPROFONDIAMO |.
La percezione sociale è l’insieme dei processi che permettono agli individui di formarsi una rappresentazione cognitiva degli altri, ovvero le modalità con cui si creano le impressioni sulle altre persone, al fine di interagire con loro. Occorre sottolineare che l’essere umano si interfaccia con la realtà non per come essa è ma per come la interpreta: lo stesso accade nelle relazioni interpersonali. Inoltre, la maggior parte dell’elaborazione della nostra informazione sociale è automatica, involontaria, nascosta e inconsapevole.
La rappresentazione cognitiva si colloca a un livello intermedio tra l’oggetto percepito e il soggetto che osserva.
ESEMPIO: osservando un gruppo di persone un soggetto si fa un’idea (rappresentazione) di quelle che possono essere le caratteristiche di quel gruppo immaginando che possano essere simpatici, noiosi, simili a sé oppure no. Tale rappresentazione deriva sia dalle caratteristiche oggettive del gruppo osservato che dai modi di pensare del soggetto che osserva.
La percezione sociale può essere spiegata attraverso alcuni modelli esplicativi.
Il modello algebrico di Anderson
Secondo il modello algebrico proposto da Norman Anderson (n. 1925) la realtà è provvista di determinate caratteristiche che possono essere colte attraverso la semplice osservazione. La percezione complessiva di una situazione o di una persona dipenderebbe pertanto dalla somma delle percezioni di queste diverse caratteristiche. Pertanto, le impressioni complesse, positive o negative che siano, si formano sulla base di una somma algebrica dei singoli elementi combinati tra loro.
ESEMPIO: avremo un giudizio positivo di una persona ritenuta simpatica, divertente e gentile mentre è probabile che una persona intelligente, ma maleducata e antipatica, non ci farà una buona impressione.
Il modello configurazionale di Asch
Il modello configurazionale di Solomon Asch (1907-1996) è basato sugli assiomi principali della psicologia della Gestalt | ▶ UNITÀ 2, p. 50 |, per cui “il totale è diverso dalla somma delle singole parti”. La percezione degli altri è infatti unitaria, ma non equivale alla semplice somma delle diverse caratteristiche. Questo vuol dire che le informazioni sull’individuo sono colte separatamente e poi processate verso un nucleo unificante di significato: i tratti ritenuti maggiormente importanti guidano l’organizzazione di tutte le altre informazioni. Inoltre, lo stesso tratto di personalità, attribuito a persone diverse, non viene interpretato e valutato nello stesso modo.
Secondo questo modello, pertanto, la nostra percezione delle persone si fonda su un principio unificatore che riassume le informazioni in un quadro interpretativo globale.
Il processo di elaborazione complessivo di valutazione di una persona viene influenzato a seconda di quali informazioni acquisiamo per prime, le quali orienteranno l’interpretazione di quelle successive. In altre parole, i tratti forniti per primi sono quelli che influenzano di più l’idea che ci facciamo di una persona: gli studiosi definiscono questa tendenza effetto primacy | ▶ UNITÀ 3, p. 85 |, cioè la famosa “prima impressione”.

approfondiamo  IL CAPRO ESPIATORIO

Originariamente, nella religione ebraica, la cerimonia del capro espiatorio prevedeva l’allontanamento e l’abbandono di un capro nel deserto, dopo che un sacerdote aveva compiuto un rituale attraverso il quale caricava il capro di tutti i peccati del popolo. In questo modo la comunità era purificata e libera, mentre il capro riceveva tutte le colpe e veniva per questo allontanato.
Tale rito religioso non viene più praticato, ma la ricerca del capro espiatorio è un meccanismo ricorrente nella storia umana, che coinvolge aspetti psicologici, antropologici e sociologici.
In senso figurato l’espressione “capro espiatorio” indica un individuo, o un gruppo di individui, a cui vengono addossate colpe e responsabilità collettive che riguardano il gruppo stesso.
Scaricare la colpa su un individuo o un gruppo sociale permette agli altri di sentirsi liberi, eliminando i conflitti interni.

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per immagini

Il gruppo e le sue dinamiche

Nell’Ultima cena (o Cenacolo) di Leonardo Da Vinci (1452-1519), affresco realizzato tra il 1495 e il 1498, viene raffigurata una tavola imbandita con i commensali intenti a celebrare la Pasqua ebraica.
Basandosi sul Vangelo secondo Giovanni, Leonardo sceglie di immortalare l’occasione nella quale Gesù annuncia al gruppo dei suoi seguaci più fedeli che uno di loro lo tradirà. Esaminando le espressioni del volto di ogni apostolo si vede come l’atmosfera sia turbata dalla notizia del tradimento e come l’unità del gruppo sia spezzata dal sospetto e dalla paura. Gesù, al centro della scena, rimane solo e distanziato dagli altri.

2.3 LE EURISTICHE

In ambito psicologico il termine euristica indica un sistema di regole rapide, semplici ed efficienti su cui gli individui si basano per effettuare scelte, risolvere problemi ed esprimere giudizi. Nel campo della psicologia sociale le euristiche servono all’individuo per facilitare l’incontro con gli altri e favorire la conoscenza reciproca. Talvolta però le euristiche possono produrre effetti distorti, veicolando pregiudizi e ostacolando un reale contatto con le altre persone. L’essere umano, infatti, non è sempre in grado di prendere decisioni sulla base di un preciso ragionamento algoritmico, la modalità di pensiero propria dei calcoli matematici. Dal momento che la nostra mente è sempre attiva e che le informazioni che riceviamo dalla realtà sono moltissime, abbiamo necessariamente bisogno di scorciatoie che ci aiutino a elaborare velocemente gli stimoli, compiere una scelta e di conseguenza orientare il nostro comportamento.
Le euristiche, infatti, facilitano anche la rapidità di ragionamento, riducendo processi laboriosi e prolungati di valutazione dei dati, e ci permettono di prendere decisioni in tempi brevi, con poco sforzo mentale.
ESEMPIO: immaginiamo di essere in una città straniera in cerca di un buon ristorante. Potremmo girare per la città, leggere i menu, confrontare i prezzi, chiedere consigli a persone del posto, cercare recensioni su Internet, ma una ricerca completa e dettagliata potrebbe richiedere molto tempo.
Esiste tuttavia una possibile scorciatoia: restringere la scelta ai posti più frequentati, partendo dal presupposto che se tante altre persone li hanno scelti, siano i migliori. In questo caso stiamo semplificando il problema della ricerca del buon ristorante applicando un ragionamento euristico, che pensiamo possa permetterci di arrivare alla soluzione in modo più veloce.
È possibile definire le euristiche come strategie cognitive che consentono alla nostra mente di sintetizzare i dati a disposizione, semplificandoli ed elaborandoli velocemente allo scopo di prendere decisioni efficaci in tempi brevi. Tali processi sono fondamentali nella nostra vita quotidiana, anche se le euristiche non sempre funzionano correttamente. Gli errori in ambito euristico sono chiamati bias (dall’inglese “inclinazioni”) e possono essere definiti come tendenze alla distorsione e a produrre giudizi e valutazioni fuorvianti.
Esistono diversi tipi di euristiche, vediamone alcuni.

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Euristica della rappresentatività
Si tratta di una scorciatoia cognitiva che si basa sul criterio di somiglianza. Viene utilizzata per stimare la probabilità di un evento basandosi sulla sua appartenenza a una determinata categoria.
ESEMPIO: se un mio vicino di casa si reca al lavoro in giacca e cravatta, e un altro in tuta da ginnastica, sarò probabilmente portato a pensare che il primo guadagni più del secondo, o che svolga un lavoro più importante, o che abbia una personalità più seria e affidabile. In pratica, sto supponendo che l’abbigliamento dei miei vicini rappresenti il loro reddito, il loro livello sociale o il loro carattere, anche se in realtà non ho nessuna informazione a sostegno delle mie supposizioni.
Questo tipo di pensiero euristico si trova alla base della formazione e del consolidamento dei pregiudizi.
Euristica della disponibilità
Ragionamento automatico per cui tendiamo a sovrastimare la possibilità che un evento si verifichi sulla base della disponibilità di esperienze o ricordi relativi a esso: più vividi e numerosi saranno i ricordi e più accrescerà secondo noi la possibilità che accada tale avvenimento. Lo stesso meccanismo vale per episodi che non ci sono successi direttamente ma che ci hanno colpito particolarmente.
ESEMPIO: molti stimano gli incidenti aerei una causa di morte più probabile degli incidenti stradali; tale percezione diffusa è dovuta al fatto che gli incidenti aerei vengono sempre riportati dai notiziari, a differenza di quelli stradali, anche se questi sono molto più frequenti.

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Euristica dell’ancoraggio
È la tendenza ad “appoggiare”, o ancorare, la valutazione di un evento sulle prime informazioni ricevute, anche se in seguito intervengono altre informazioni diverse da quella iniziale.
ESEMPIO: immaginiamo di andare a visitare un museo e trovare molta coda: si sarà portati a pensare che il museo sia molto frequentato. Se capiterà di visitarlo di nuovo, e stavolta senza trovare coda, si tenderà a pensare di aver scelto una giornata fortunata per visitare un museo che in generale è molto frequentato. In questo caso, la nuova informazione (assenza di coda alla seconda visita) si appoggia sulla prima (museo molto frequentato), ma senza modificarla.
Su questa euristica è basata l’importanza che tendiamo a dare alle prime impressioni, da cui il detto “la prima impressione è quella che conta”.

per lo studio

1. In che cosa consiste l’effetto primacy?
2. In che cosa consiste l’euristica della rappresentatività?


  Per discutere INSIEME 

Dividetevi in tre gruppi, ognuno per un tipo di euristica, e provate a ripensare a situazioni della vostra vita in cui avete sperimentato l’euristica della rappresentatività, della disponibilità e dell’ancoraggio.

I colori della Psicologia - volume 1
I colori della Psicologia - volume 1
Primo biennio del liceo delle Scienze umane