2 Autori e teorie sull’intelligenza

2. Autori e teorie sull’intelligenza

Il concetto di intelligenza è cambiato nel corso del tempo, così come l’approccio al suo studio dal punto vista metodologico. In questo capitolo affronteremo le più importanti teorie sull’intelligenza formulate dal Novecento ai giorni nostri, notando come il punto di vista dei diversi autori si evolva da un’idea dell’intelligenza come fattore unico a una visione multifattoriale.

2.1 SPEARMAN E LA TEORIA FATTORIALE DELL’INTELLIGENZA

Nel 1927 lo psicologo e statistico inglese Charles Spearman (1863-1945) pubblicò uno studio sull’intelligenza umana, dopo essersi dedicato allo sviluppo di tecniche statistiche di analisi e raccolta dati che gli permettessero di approfondirne la conoscenza.
Egli sottopose diversi soggetti a test differenti e in seguito ne analizzò i risultati, arrivando alla conclusione che l’intelligenza umana sia composta da due tipologie di fattori:
  • il fattore g, inteso come unica capacità mentale generale responsabile del livello intellettivo di un individuo, innata e non modificabile dalla scolarizzazione, che emerge in tutti i compiti intellettivi;
  • i fattori s, cioè un’infinità di capacità specifiche per la risoluzione di determinati compiti, che emergono a seconda del test presentato e che possono essere allenate attraverso mezzi educativi.

ESEMPIO: in base a tale suddivisione, per poter risolvere un compito di matematica, vengono coinvolti sia il fattore g, generale e alla base delle capacità intellettive, sia i fattori s, specifici dell’aritmetica, algebra o geometria, a seconda del tipo di prestazione richiesta.
Questa teorizzazione di Spearman è conosciuta come teoria fattoriale dell’intelligenza.

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2.2 GUILFORD E LA TEORIA DELLA STRUTTURA DELL’INTELLETTO

Lo psicologo statunitense Joy P. Guilford (1897-1987) elaborò una concezione dell’intelligenza diversa da quella di Spearman: se l’autore della teoria fattoriale dell’intelligenza aveva sviluppato il suo pensiero a partire dal presupposto che la capacità intellettiva fosse unitaria, Guilford sostenne invece una concezione multidimensionale dell’intelligenza, secondo lui composta e articolata in un numero elevato di abilità distinte e autonome tra lorospecializzate in compiti specifici. Nel 1967 egli elaborò la teoria della struttura dell’intelletto (SOI, Structure of Intelligence), ipotizzando non una struttura gerarchica dei fattori ma una loro disposizione tridimensionale. Il suo modello infatti è rappresentato da un parallelepipedo sfaccettato che ha preso il nome di cubo di Guilford.
Guilford individuò 120 capacità mentali, derivanti dalla combinazione di tre tipologie di fattori:
  • operazioni, ovvero cognizione, memoria, ▶ pensiero convergente, ▶ pensiero divergente, valutazione. Si tratta delle elaborazioni che la mente compie a partire dalle informazioni che riceve dai sistemi percettivo-sensoriali;
  • contenuti, ovvero figure, simboli (lettere e numeri), contenuti semantici (parole e frasi), comportamenti: si riferiscono alla natura delle informazioni;
  • prodotti, ovvero unità, classi, relazioni, sistemi, trasformazioni e implicazioni: le diverse forme assunte dall’informazione quando viene elaborata.
Secondo l’autore le cinque tipologie di operazioni cognitive si applicano ai quattro tipi di contenuti. Il risultato delle operazioni compiute sui vari contenuti è suddiviso poi in sei tipi di prodotti. Le mente può così essere rappresentata da un parallelepipedo di 120 cubetti, dove ogni cubetto è la corrispondente capacità mentale che deriva dalla combinazione di un’operazione, un contenuto e un prodotto.
ESEMPIO: pensiamo a un processo mentale semplice come l’addizione di due numeri: 3+5. Abbiamo bisogno innanzitutto di vedere i numeri scritti su una pagina (contenuti, in questo caso visivi). Poi dobbiamo applicare un’operazione, in questo caso il pensiero convergente, per ottenere un prodotto, ovvero la relazione tra i due numeri. Così facendo il risultato è 8.

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2.3 GARDNER E LA TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE

Lo psicologo statunitense Howard Gardner, sfidando il punto di vista tradizionale, che considerava l’intelligenza come una capacità unitaria misurabile tramite il quoziente intellettivo (Q.I.), teorizzò l’esistenza di più intelligenzeNel 1983 sviluppò la sua teoria delle intelligenze multiple, definendo le diverse capacità intellettive dell’individuo come abilità occorrenti per risolvere problemi nella vita quotidiana e per creare prodotti di valore nella propria cultura di appartenenza.
Gardner individuò inizialmente sette diverse intelligenze.
1 Intelligenza linguistica: capacità di utilizzare un vocabolario chiaro ed efficace. Chi la possiede solitamente sa variare il proprio registro linguistico in base alle necessità e ha una buona padronanza sintattica, fonologica, semantica e pragmatica.
2 Intelligenza logico-matematica: capacità di ricordare i numeri e i simboli matematici e di elaborarli in maniera corretta. Riguarda il ragionamento deduttivo, la categorizzazione e le concatenazioni logiche.
3 Intelligenza musicale: capacità di elaborare melodie, riconoscere e modulare suoni, toni e timbro. Chi ne è dotato ha una buona capacità di comprendere e seguire il ritmo musicale.
4 Intelligenza spaziale: capacità di percepire e riconoscere dettagliatamente forme e oggetti nello spazio, che quindi garantisce una buona comprensione dei dati ambientali e delle caratteristiche degli oggetti presenti nell’ambiente circostante.
5 Intelligenza corporeo-cinestesica: capacità di esercitare un buon controllo del proprio corpo e una buona coordinazione dei movimenti, che permettono di entrare in contatto efficacemente con il mondo esterno e di muoversi correttamente nello spazio.
6 Intelligenza interpersonale: capacità di comprendere gli altri, i loro stati emotivi e atteggiamenti. Implica la capacità di creare situazioni sociali favorevoli e di promuovere modelli sociali e personali vantaggiosi.
7 Intelligenza intrapersonale: capacità di sviluppare una buona consapevolezza dei propri sentimenti, emozioni, obiettivi e motivazioni, cogliendo come ci si pone nei confronti di se stessi, delle situazioni e degli altri.
Nel 1999 Gardner ha introdotto due nuove intelligenze.
8 Intelligenza naturalistica: capacità di individuare e riconoscere gli elementi naturali, sapendoli classificare in un ordine preciso e cogliendo le relazioni tra di essi.
9 Intelligenza esistenziale: capacità di riflettere sui grandi temi dell’esistenza e di compiere ragionamenti e processi di astrazione di categorie concettuali che possono essere valide universalmente.
Queste tipologie di intelligenza si ritrovano tutte in ciascun individuo, in maniera più o meno marcata a seconda delle caratteristiche personali. Nei suoi studi Gardner ha messo in discussione la possibilità di misurare l’intelligenza attraverso la somministrazione di test: dal momento che le intelligenze da lui teorizzate si riferiscono ad abilità riscontrabili in aree diverse della vita quotidiana, i test standardizzati e basati principalmente su capacità logico-deduttive non risultano esaustivi né adeguati a definire “quanto” un individuo sia intelligente. Infatti, secondo Gardner l’intelligenza non è un concetto unitario, né misurabile né facilmente comparabile.

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2.4 GOLEMAN E L’INTELLIGENZA EMOTIVA

Nel 1995 lo psicologo, scrittore e giornalista statunitense Daniel Goleman pubblicò il libro Intelligenza emotiva, nel quale presentò la propria teoria su questo particolare tipo di intelligenza. Secondo Goleman l’intelligenza emotiva consiste nella capacità di comprendere e riconoscere le proprie emozioni e i propri sentimenti e al contempo di intuire ciò che provano gli altri. Dal momento che l’intelligenza è il principale strumento che migliora la capacità umana di adattamento all’ambiente, l’intelligenza emotiva, ovvero la conoscenza di sé e l’⇒ empatia verso gli altri, rappresenta un fattore adattivo fondamentale.
Per Goleman le emozioni influenzano direttamente le capacità di problem solving dell’individuo, aiutandolo nel perseguire i propri obiettivi. In altre parole, comprendere gli stati emotivi permette di gestire i sentimenti e quindi di guidare le azioni.
ESEMPIO: quando si sperimentano stati d’animo positivi e siamo fiduciosi di riuscire a svolgere un determinato compito, diminuisce il rischio di arrendersi e si persegue con maggiore tenacia l’obiettivo, senza lasciarsi sopraffare dagli ostacoli.
Anche la comprensione delle motivazioni che sottendono agli stati d’animo negativi consente di gestire le proprie emozioni e guidare il comportamento.
ESEMPIO: capire che il proprio nervosismo è dovuto alla fretta e al timore di arrivare in ritardo a scuola per aver perso l’autobus permette di concentrarsi sul compito di inglese senza l’ansia sperimentata poco prima utilizzando correttamente le proprie risorse.
Inoltre, Goleman distingue cinque caratteristiche fondamentali proprie dell’intelligenza emotiva:
1 consapevolezza di sé, ovvero la capacità di ottenere risultati riconoscendo le proprie emozioni;
2 dominio di sé, cioè l’abilità di utilizzare i propri sentimenti per perseguire l’obiettivo;
3 motivazione, ovvero riuscire a essere consapevoli della base emotiva sottostante l’azione;
4 empatia, ovvero la capacità di comprendere gli stati emotivi altrui e di immedesimarsi;
5 abilità sociale, ovvero la capacità di stare insieme agli altri comprendendo le dinamiche delle relazioni interpersonali.
per lo studio

1. Quali sono le differenze tra Spearman e Guilford nel descrivere il funzionamento dell’intelligenza?
2. Spiega la teoria delle intelligenze multiple di Gardner descrivendo le diverse tipologie di intelligenza.


  Per discutere INSIEME 

A partire dalla teoria dell’intelligenza emotiva di Goleman, esercitatevi a riconoscere le emozioni dei vostri compagni attraverso questo semplice gioco: scegliete sei tra i vostri compagni che dovranno entrare in classe cercando di mostrare il loro stato emotivo senza parlarvi. Riuscite a riconoscerlo?

I colori della Psicologia - volume 1
I colori della Psicologia - volume 1
Primo biennio del liceo delle Scienze umane