1 Definire e misurare l’intelligenza

1. Definire e misurare l'intelligenza

1.1 CHE COS’È L’INTELLIGENZA

Offrire una definizione dell’intelligenza che comprenda tutte le capacità e potenzialità a essa afferenti è molto difficile. Nell’enciclopedia Treccani alla voce “intelligenza” si trova questa definizione: «Complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, e adattarsi all’ambiente». L’intelligenza, pertanto, racchiude una molteplicità di aspetti, correlati tra loro dalla capacità di comprendere, ovvero di intus legere, “leggere dentro”.
Nel corso del Novecento si è cercato di standardizzare e misurare alcune di queste capacità, tramite i cosiddetti test d’intelligenza. Diffusi da moltissimi anni, essi rappresentano un punto di riferimento condiviso quando si tratta di individuare difficoltà o di evidenziare genialità. In realtà, i test misurano sempre delle prestazioni: con quanta velocità si risolve un calcolo matematico, come si ordina una sequenza di immagini, con quanta precisione si ricorda una serie di cifre, di quante parole si riesce a dire il significato corretto. Si tratta di capacità piuttosto semplici ma, messe insieme e applicate a un gran numero di persone, hanno permesso di definire degli standard in base ai quali un individuo può avere un’intelligenza più o meno nella norma. Non mancano tuttavia le critiche, sia perché questi test misurano solo alcune capacità e non altre (per esempio alcune abilità artistiche) sia perché possono essere causa di discriminazione.

1.2 IL Q.I.

In realtà, i primi test di intelligenza furono formulati con un intento che era tutt’altro che discriminatorio. All’inizio del Novecento, infatti, lo psicologo Alfred Binet | ▶ L’AUTORE | ricevette dal governo francese l’incarico di formulare un questionario che permettesse di individuare gli studenti che facevano fatica a seguire le regolari lezioni scolastiche, in modo che potessero essere aiutati con un insegnamento specializzato. Binet allora insegnava alla Sorbona insieme allo psichiatra Théodore Simon, con il quale elaborò il primo test di intelligenza: la scala Binet-Simon, pubblicata nel 1905, che considerava, accanto all’età cronologica del bambino, l’età mentale, ossia l’età del suo sviluppo mentale e cognitivo, che poteva essere superiore o inferiore all’età biologica. Essa consisteva in una serie di domande (60 item) su vaste aree dell’apprendimento scolastico: l’attenzione, la memoria, la capacità di problem solving.
Dopo la sua morte, Lewis M. Terman, psicologo a Stanford, continuò il lavoro di Binet, creando una versione nota come scala Stanford-Binet.
In particolare, nel 1916 Terman formulò il concetto di quoziente di intelligenza (Q.I.), riprendendolo da Louis Stern dell’università di Bratislava.
Il quoziente d’intelligenza era calcolato con una semplice formula:

Q.I. = età mentale /età cronologica x 100

ESEMPIO: se un bambino di sette anni (età cronologica) rispondeva ai quesiti del test come gli altri bambini della sua età (età mentale), il suo Q.I. era dato da: (7/7) x 100 = 100. Quel bambino aveva un punteggio di intelligenza pari a 100, il che significa che le sue prestazioni erano uguali alla media dei suoi compagni. Se invece un altro bambino, sempre di sette anni (età cronologica), risolveva il test come i bambini di nove anni (età mentale), allora il suo Q.I. era pari a: (9/7) x 100 = 128. Il suo quoziente di intelligenza era pertanto da considerarsi superiore alla media dei bambini della sua età. Lo stesso valeva per i punteggi inferiori a 100, che indicavano un quoziente intellettivo minore rispetto ai coetanei. Questo quoziente è noto come quoziente a rapporto.

l’autore  Alfred Binet

Alfred Binet, nato a Nizza nel 1857 (allora Nizza apparteneva al Regno di Sardegna per cui il nome originario era Alfredo Binetti), psicologo autodidatta, è il primo studioso a inventare un test d’intelligenza quantitativo. Studia, e in seguito insegna, alla Sorbona di Parigi, dove conosce diversi illustri personaggi dell’epoca, tra cui lo psichiatra Théodore Simon, dalla cui collaborazione nasce la scala di valutazione dell’intelligenza, e lo psichiatra Jean-Martin Charcot, che all’epoca porta avanti i suoi studi sull’isteria.
Binet dedica molte sue ricerche all’investigazione delle abilità cognitive dei giocatori di scacchi particolarmente brillanti: per verificare l’importanza della memoria visiva nel gioco degli scacchi li mette alla prova facendoli giocare bendati.
Perfeziona nel corso di tutta la vita la scala d’intelligenza, pubblicandone diverse versioni, tra cui l’ultima poco prima di morire, nel 1911.

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1.3 LA CURVA A CAMPANA

I concetti di età mentale ed età cronologica vennero superati quando, a partire dal 1939, David Wechsler, psicologo al Bellevue Hospital di New York, mise a punto un nuovo test d’intelligenza i cui punteggi non derivavano più dal calcolo dell’età mentale, ma semplicemente dal confronto con la media dei risultati ottenuti dai soggetti della stessa età. Con quoziente d’intelligenza si indicava dunque un indice relativo all’intelligenza di una persona in rapporto alla media. Questo quoziente è noto come quoziente a deviazione.
Le prove a cui i soggetti venivano sottoposti raggruppavano quanto era emerso dalle ricerche di Binet e dei suoi collaboratori, con alcune importanti differenze. In particolare, Wechsler divise le prove in:
  • verbali, ovvero quesiti di cultura generale, comprensione del significato di alcune parole, capacità di interpretare un testo;
  • non verbali, cioè domande di completamento, riordinamento, individuazione di dettagli visivi e collocazione di figure.
Le prove non verbali offrivano la possibilità di superare, almeno parzialmente, il legame fra intelligenza e formazione scolastica. Il successo nelle prove verbali, infatti, dipende molto dal tipo e dal livello di studi di un soggetto mentre quello relativo alle prove non verbali riguarda le prestazioni, meno vincolate al contesto socioculturale di appartenenza.
Nel test di Wechsler i punteggi sono attribuiti a partire da una distribuzione a forma di campana con media 100. Sul piano pratico, questo ha comportato delle differenze rispetto alla scala di Binet, soprattutto nei punteggi più alti: con la scala di Wechsler è impossibile raggiungere punteggi superiori a 200.
Osservando la figura si possono facilmente comprendere le caratteristiche di una distribuzione normale come questa. In particolare, è possibile notare come la maggior parte della popolazione si collochi intorno alla media e che il numero di coloro che sono al di sopra è simile a quello di coloro che sono al di sotto. In altri termini, la distribuzione dell’intelligenza sembra essere simmetrica. Ancora più nello specifico, si può affermare che circa il 68% dei soggetti ha un punteggio che varia fra 85 e 115 e che rientra nella media | ▶ APPROFONDIAMO |.

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1.4 LA SCALA WAIS IV

Oltre a permettere di individuare eventuali carenze o al contrario elevate capacità, quali altre indicazioni fornisce il calcolo del Q.I.? Le indagini effettuate non danno risultati molto chiari. Se il Q.I. può essere un buon predittore dei risultati scolastici, ciò non significa che esso sia in grado di prevedere successo ed efficacia nella vita, perché le abilità da mettere in gioco non si riducono esclusivamente a quelle misurate nel test.
In altri termini, l’intelligenza non basta a fare previsioni sul successo lavorativo e soprattutto relazionale di un individuo.
Nel 2008 è stata messa a punto un’ulteriore revisione della scala, la WAIS IV (Wechsler Adult Intelligence Scale, IV edition), ormai usata praticamente ovunque. In questa scala è stata superata anche la divisione fra prove verbali e prove non verbali per arrivare a ottenere un quoziente di intelligenza totale (Q.I.T.) attraverso quattro diverse competenze:
  • la comprensione verbale, ovvero la capacità di utilizzare il linguaggio e formulare concetti verbali;
  • il ragionamento visuo-percettivo, cioè la valutazione delle capacità di ragionamento non verbale e di risoluzione di un problema, misurata, per esempio, tramite ricostruzioni di immagini con i cubi e puzzle;
  • la memoria di lavoro | ▶ UNITÀ 3, p. 78 |, ovvero l’abilità di immagazzinare nuove informazioni e rielaborarle, messa alla prova con il ragionamento aritmetico, la memorizzazione e il riordinamento di cifre;
  • la velocità di elaborazione, cioè la capacità di rispondere prontamente alle richieste tramite la focalizzazione dell’attenzione, con prove di cancellazione e ricerca di simboli.

Questa nuova evoluzione del test riflette il passaggio dalla concezione di intelligenza come fattore unico a una concezione multifattoriale che permette di descrivere l’intelligenza come la somma di diverse abilità.
Gli strumenti di misurazione dell’intelligenza sono diventati sempre più raffinati e sempre più capaci di misurare alcune competenze, anche se l’intelligenza, come abbiamo già affermato e come vedremo nei prossimi capitoli, non racchiude solo competenze misurabili.

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approfondiamo  IL MENSA

Mensa è un’associazione internazionale senza scopo di lucro, il cui nome deriva dal latino mensa, che letteralmente significa “tavola” e fa riferimento al concetto di tavola rotonda, luogo di confronto e scambio dove nessuno è capotavola, cioè non c’è nessuna differenza di ruolo fra tutti i commensali.
Possono essere membri del Mensa tutte le persone in grado di superare il punteggio di 130 al test di Wechsler. Ciò significa che chi ottiene questo risultato appartiene al 2% della popolazione mondiale.
L’associazione si impegna a scoprire e incoraggiare l’intelligenza, studiarne le caratteristiche e le modalità di utilizzo, favorire il contatto tra i suoi membri e dibattere di questioni e dilemmi che hanno a che fare con la natura umana.
Tra i personaggi più famosi che hanno fatto o fanno tuttora parte dell’associazione è possibile annoverare lo scrittore Isaac Asimov, il quale fu vicepresidente onorario del Mensa International per diverso tempo, l’attore Steve Martin e Markus Persson, autore di alcuni videogiochi, tra cui Minecraft.

per lo studio

1. Con quale scopo sono stati approntati i primi test d’intelligenza?
2. Qual è la differenza nell’attribuzione dei punteggi tra il test di Binet e quelli di Wechsler?


  Per discutere INSIEME 

Dividetevi a gruppi e provate a superare la prova di accesso al Mensa, reperibile sul sito www.mensaitalia.it. Dopo aver effettuato la prova discutete insieme su quali aspetti dell’intelligenza non vengono testati e su quali invece si insiste particolarmente.

I colori della Psicologia - volume 1
I colori della Psicologia - volume 1
Primo biennio del liceo delle Scienze umane