I colori della Pedagogia - volume 3

Giovanni Gentile durante una conferenza sulla riforma scolastica al castello Sforzesco di Milano. Per Gentile, la pedagogia è teoria, modello scolastico e didattico, ideologia e progetto politico. centralismo burocratico: è un sistema di governo verticistico, caratterizzato dall accentramento dei poteri politici e amministrativi negli organi centrali dello Stato. senato accademico: organo collegiale di governo dell università. dine di tempo. Il panorama delineato dalla riforma comprendeva: le scuole complementari, della durata di tre anni, che nelle intenzioni di Gentile erano destinate alle classi popolari e nel 1928 sarebbero diventate scuole di avviamento professionale. Esse offrivano il livello basso e popolare di istruzione (erano le uniche in cui non si insegnava il latino) e precludevano l accesso all università; l istituto magistrale, della durata di quattro anni più tre; l istituto tecnico, suddiviso in quattro anni più quattro; il liceo classico, che costituiva il vertice della formazione e comprendeva cinque anni di ginnasio (articolati in tre anni più due) e tre di liceo; il liceo femminile, di durata triennale, l unico riservato alle sole ragazze, e il liceo scientifico, di durata quadriennale, ai quali si accedeva a partire dal quattordicesimo anno di età, dopo aver frequentato il corso inferiore del ginnasio, dell istituto tecnico oppure del magistrale. Diversamente da oggi, dunque, non esisteva una scuola media unica, che sarebbe stata introdotta in Italia solo nel 1962. Gentile stabilì che l insegnamento della religione nella scuola superiore fosse facoltativo e venisse deputato a docenti incaricati dalle autorità ecclesiastiche. Le scuole secondarie erano a numero chiuso e prevedevano un esame di ammissione. In generale, per ogni ciclo di studio, gli esami erano svolti dalla scuola ricevente. Unica eccezione l esame di maturità, per il quale vennero definiti programmi specifici e che veniva svolto da commissioni esterne nominate dal ministero. Gli insegnanti furono gravati di un maggior carico di lavoro, poiché la riforma accorpava discipline ritenute affini, come la filosofia e la pedagogia, l italiano e il latino, la matematica e la fisica; l amministrazione scolastica: fu investita da una significativa riorganizzazione ispirata ai principi del centralismo burocratico: il ministero nominava i rettori delle università e i provveditori scolastici regionali, che a loro volta nominavano i direttori didattici delle scuole elementari e i presidi delle scuole secondarie. Inoltre veniva soppressa ogni funzione elettiva. In questo modo, il ministro dell Istruzione si trovava al vertice di una piramide, di cui era l unico garante e responsabile; l università: la riforma introdusse un organizzazione gerarchica delle sedi su base nazionale. I rettori, prima eletti dal senato accademico, iniziarono a essere nominati dal ministero, il quale nominava anche i docenti di ruolo, a partire da una rosa di nomi indicati dalle facoltà. Una novità importante riguardò il riconoscimento delle università private e semi-private (alle quali cioè lo Stato contribuiva solo in parte). Sulla base di questa contestualizzazione, è possibile concludere che la riforma del 1923 aveva carattere: unità 3 | Orientamento politico e appartenenze in educazione | 77

I colori della Pedagogia - volume 3
I colori della Pedagogia - volume 3
L’educazione dall’Ottocento a oggi - Quinto anno del liceo delle Scienze umane