T3 - Antonio Gramsci, Contro gli indifferenti

PAROLA D AUTORE | T3 Antonio Gramsci Scritti giovanili, Einaudi, Torino 1958, pp. 78-80 Contro gli indifferenti Nel febbraio 1917 esce il numero unico di Città futura , giornale a cura della federazione giovanile piemontese del Partito socialista. Gramsci si occupa della sua intera stesura. Tra i testi pubblicati ve n è uno dal titolo Gli indifferenti, di cui proponiamo un estratto, dove Gramsci esplicita la sua concezione della vita, della conoscenza e della partecipazione. Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel1 che «vivere vuol dire essere partigiani . Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia2, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. [ ] L indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. [ ] Dei fatti maturano nell ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni 1. Poeta tedesco, 1813-63. 2. Mancanza di forza di volontà. piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano. I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi3 e indifferenze di nessun genere. Odio gli indifferenti anche per ciò che4 mi 3. Qui la parola è sinonimo di superficialità e disinteresse. 4. che: perché. 108 | SEZIONE 1 | Tra Ottocento e Novecento: le fondamenta della pedagogia contemporanea |

I colori della Pedagogia - volume 3
I colori della Pedagogia - volume 3
L’educazione dall’Ottocento a oggi - Quinto anno del liceo delle Scienze umane