T1 - Pier Paolo Vergerio, Gli studi liberali

PAROLA D’AUTORE

|⇒ T1  Pier Paolo Vergerio

Gli studi liberali

Vergerio inaugura la tradizione pedagogica umanistica, offrendo una chiara definizione di “studi liberali”. Sottolinea i pregi e i vantaggi derivanti da questi studi, offrendo una prospettiva di lungo termine, che guarda anche agli anni della vecchiaia. Una notazione particolare è riservata alle arti liberali che meglio si adattano a coloro che sono destinati a incarichi di responsabilità.

Chiamiamo studi liberali quelli che sono degni di un uomo libero: quelli che valgono a esercitare, a ricercare la sapienza, a disporre al meglio l’animo o il corpo; da essi per lo più, gli uomini cercano di trarre onore e gloria, che, dopo la virtù, sono i premi più alti proposti al saggio. Infatti come le arti non liberali si propongono il guadagno e il piacere, così le arti nobili aspirano alla virtù e alla gloria. Occorre dunque tendervi fin dalla prima infanzia e volgersi alla sapienza con ogni cura1. […]

Prepariamo dunque in gioventù i beni che possono dilettare una nobile vecchiaia. Quelli che sono per i giovani studi faticosi, saranno in vecchiaia riposo giocondo. E ci offrono anche un grande aiuto, sia contro la noia dell’ozio, sia contro la tensione faticosa. Ci sono infatti due generi di vita liberale: uno tutto studio e speculazione; l’altro tutto azione affaccendata; nel primo ognuno vede quanto sia necessario saper scrivere e averne l’abitudine; del secondo è facile vedere l’utilità. Infatti, chi si dedica agli affari – a parte l’ammaestramento che può trarre dai precetti degli scrittori e dagli esempi che adducono – sia che svolga la sua attività amministrando la cosa pubblica, o nell’arte della guerra, o in patria, occupandosi degli affari suoi e degli amici, non può trovare nulla di più piacevole per ristorare la propria stanchezza. […]

E se dagli studi letterari non ci venisse altro frutto – quando invece ce ne vengono moltissimi e di grande importanza – ci dovrebbe sembrare sufficiente il fatto che, mentre siamo attenti alla lettura, ci distraiamo da molte cose che non potremmo pensare senza vergogna, o ricordare senza disagio. […] I monumenti letterari molto valgono per molti altri fini, ma sono necessari soprattutto per mantener viva la memoria dell’antichità, conservando le imprese degli uomini, gli eventi insperati della fortuna, le opere mirabili della natura, e, al di sopra di tutto, le ragioni dei tempi2 […].

Agl’ingegni liberali, e a coloro che devono operare nell’ambiente politico e in società, meglio si adattano le cognizioni storiche e lo studio della filosofia. Le altre arti infatti si chiamano liberali perché convengono a uomini liberi, mentre la filosofia è liberale perché il suo studio rende liberi gli uomini […]. Va aggiunta, se non sbaglio, una terza cosa, cioè l’eloquenza, che è parte della scienza civile. La filosofia ci insegna a pensare correttamente, ed è questa la cosa principale, l’eloquenza ci permette di parlare con bel garbo, che è l’essenziale per conciliarsi gli animi della folla; la storia giova sotto entrambi i rispetti3 […].

Rispondi

1. Che cosa intende l’autore con l’espressione «studi liberali»?
2. Quali sono secondo Vergerio i vantaggi che procurano gli studi liberali?
3. Quali discipline devono privilegiare gli «ingegni liberali» che operano in politica e in società?

 >> pagina 81

|⇒ T2  Maffeo Vegio

L’educazione dei figli

Nella prima parte del suo trattato educativo Maffeo Vegio si sofferma sulle caratteristiche che deve avere una corretta educazione della prima infanzia. Molti sono i precetti forniti rispetto alle cure fisiche della prole, dal cibo al vestiario. Si occupa anche dell’atteggiamento che il genitore deve tenere avanti al figlio, raccomandando in ogni frangente moderazione e misura nei comportamenti e nelle parole.

Avvenuto il parto, le madri dovranno dedicarsi con molta cura all’alimentazione dei figli, e in primo luogo dovranno badare ad allattarli da sé, guardandosi dall’affidarli a persone estranee, ed in particolare a donne spregevoli o impudiche. Infatti si ritiene che l’efficacia del latte sulle sembianze del corpo e dell’animo non sia inferiore a quella del seme; convinzione che si fonda sull’esperienza sia dell’uomo che degli altri animali1 […].

Dovendo parlare dell’educazione dei figli […], questo crediamo giovi moltissimo alla loro forza spirituale e fisica: un nutrimento non troppo raffinato fin dall’infanzia, e un abbigliamento né troppo negletto né troppo lussuoso. Si diano loro cibi e vesti conformi a quel che natura richiede, e ne trarranno vantaggio al presente e poi, sempre, a tutte le età2 […].

Bisognerà poi badare a una cosa che anche Platone dice, di non lasciar raccontare ai bambini favolette da vecchiarelle, brutte o sciocche; come le mani plasmano i corpi, così i discorsi formano l’animo umano. Né devono, come troppo spesso invece succede, sentir bamboleggiare con parole storpiate. A questo proposito, si abbia cura di impedire l’uso, frequentissimo nelle donne, di modificare con diminutivi carezzevoli i loro bei nomi, o di introdurre variazioni che sanno di femmineo3 […].

E soprattutto, con la massima cura, si provvederà a istruirli nelle cose del culto, perché imparino a onorare la religione e a parlare di Dio con la massima reverenzia. […]

I genitori devono portare nell’educazione dei figli tanto cauta saggezza da evitare sia di picchiarli come asinelli che di guastarli con stupide carezze come quei cagnolini che si tengono solo per trastullo; seguendo una via di mezzo devono rivolgersi loro ora con dolcezza ed ora con severità, come le circostanze richiedono. Così li troveranno sempre obbedienti, ne guideranno la condotta, avranno sempre in loro una fonte di dolcezza e di gioia. Se invece li avranno educati con troppa indulgenza, non si meraviglino poi, se, abituati a una vita troppo facile, si daranno alla pigrizia e all’indolenza, se si macchieranno di vergogna, se diventeranno ribelli, se, come il cavallo indomito di cui parla la Scrittura, diventeranno testardi e violenti4 […].

Rispondi

1. Quali consigli offre l’autore sull’allattamento?

2. Che cosa pensa delle «favolette» raccontate dalle «vecchiarelle»?

3. Che giudizio esprime rispetto all’uso frequente delle percosse nei riguardi dei fanciulli?

 >> pagina 82

|⇒ T3  Baldassarre Castiglione

Le qualità della perfetta donna di palazzo

Nel Cortegiano Castiglione tratteggia un profilo della donna di palazzo che scardina il vecchio stereotipo della donna fragile e dotata di scarso ingegno, proponendo un modello femminile di grande respiro, caratterizzato da spiccate doti intellettuali e da una grazia e una leggiadria, che le consentono di essere all’altezza di ogni situazione.

Lassando adunque quelle virtù dell’animo che le hanno da esser communi col cortigiano, come la prudenza, la magnanimità, la continenza e molte altre: e medisimamente quelle condizioni che convengono a tutte le donne, come l’esser bona e discreta, il saper governar le facultà del marito e la casa sua e i figlioli quando è maritata, e tutte quelle parti che si richieggono ad una bona madre di famiglia, dico che a quella che vive in corte parmi convenirsi sopra ogni altra cosa una certa affabilità piacevole, per la quale sappia gentilmente intertenere ogni sorte d’omo con ragionamenti gentili ed onesti, ed accomodati al tempo e loco ed alla qualità di quella persona con cui parlerà, accompagnando coi costumi placidi e modesti e che sempre ha da componer tutte le sue azioni una pronta vivacità d’ingegno, donde si mostri aliena da ogni grosseria; ma con tal maniera di bontà, che si faccia estimar non men pudica, prudente ed umana, che piacevole, arguta e discreta; e però le bisogna tener una certa mediocrità difficile [“equilibrio”] e quasi composta di cose contrarie, e giunger a certi termini a punto, ma non passargli1.

Non deve adunque questa donna, per volersi far estimar bona ed onesta, esser tanto ritrosa e mostrar tanto d’aborrire e le compagnie e i ragionamenti ancor un poco lascivi, che ritrovandovisi se ne levi; perché facilmente si potria pensar ch’ella fingesse d’esser tanto austera per nascondere di sé quello ch’ella dubitasse che altri potesse risapere; e i costumi così selvatichi [“scontrosi”] son sempre odiosi. Non deve tampoco, per mostrar d’esser libera e piacevole, dir parole disoneste, né usar una certa domestichezza intemperata e senza freno e modi da far creder di sé quello che forse non è; ma ritrovandosi a tai ragionamenti, deve ascoltargli con un poco di rossore e vergogna2.

Rispondi

1. Lavora sul testo e sottolinea tutti gli aggettivi adottati per descrivere, rispettivamente, la “buona madre di famiglia” e la “perfetta donna di palazzo”.

2. Che cosa intende l’autore quando invita la donna di palazzo a «tener una certa mediocrità»?

3. In che frangenti, per esempio, la donna di palazzo deve sapere adottare tale “mediocrità” e perché?

 >> pagina 83

|⇒ T4  Sassolo da Prato

La scuola di Vittorino da Feltre

Sassolo da Prato, alunno di Vittorino da Feltre, lascia una testimonianza molto efficace della vita e del metodo d’insegnamento del suo maestro, al fine di confutare le fallaci opinioni espresse da un suo amico. Sassolo indirizza lo scritto all’ufficiale di curia Leonardo Dati.

Avendo egli, come dissi, conosciuta la causa del male, fa di tutto per applicare la medicina con la possibile diligenza; e però mette in mano a’ giovinetti Virgilio principalmente, Omero, Cicerone, Demostene; perché crede che dopo avergli come nutricati di questo latte puro e incorrotto, e dato un certo corroboramento allo stomaco, si possa somministrar loro francamente un cibo più duretto negli altri storici e poeti e così su quelli autori applica accuratissimamente i quattro uffici del grammatico1. Siccome poi tutta la virtù dell’elocuzione si raccoglie in due parti, Dialettica e Retorica, crede doversi apprendere quella prima razionale scienza del dissertare, come se fosse interprete e guida di tutte le arti: e però ha gran cura di esercitarvi i giovanetti; né gli assuefà a quelle domanducce cavillose, a quelle argomentazioncelle false e storte, che oggi solo si studiano, se prima non abbiano imparato a definire una cosa, a distinguere i generi, a tirare le conseguenze, e in fine a conchiudere. Gli passa poi a’ sofismi; e non perché diventino sofisti nemici della verità, ma perché possano meglio conoscere e giudicare il vero ed il falso2. Poi la retorica, che […] corrisponde alla Dialettica: e come ne abbiano imparati i più comuni precetti, vuole che si esercitino assiduamente con declamazioni oratorie, fingendo cause forensi, o da trattarsi innanzi al popolo o ne’ consigli del comune. […]. Vengono quindi le Matematiche, l’Aritmetica, la Geometria, l’Astrologia, la Musica; le quali meritano propriamente d’essere chiamate discipline, come scienze esatte e positive3. […]

Finalmente Vittorino, quando vede che, compiuto il suo corso, sono atti [gli studenti] a udire la filosofia, gli manda nell’Accademia e nel Liceo, a Platone e Aristotele principi: e di là non gli lascia venir via, se non abbiano diligentissimamente percorsa tutta la loro filosofia; e quando gli licenzia, vuole che sian tali da poter dire che, a qualunque arte e disciplina si diano, sia medicina, gius [diritto] civile o teologia, riusciranno facilmente in quello che vorranno e per quanto vorranno4.

Rispondi

1. Perché gli studenti sono innanzitutto istruiti nella grammatica?

2. Quali tecniche adotta Vittorino per far acquisire ai suoi studenti le abilità oratorie?

3. Che cosa s’intende, secondo te, quando si afferma che Vittorino «compiuto il suo corso» manda gli studenti «nell’Accademica e nel Liceo, a Platone e Aristotele principi»?

 >> pagina 84

|⇒ T5  Battista Guarino

L’importanza dell’ordine nello studio secondo Guarino Veronese

La lettera De modo et ordine docendi et discendi scritta dal figlio di Guarino Guarini, Battista Guarino, e indirizzata all’alunno Maffeo Gambara, ci consente di conoscere e apprezzare da vicino le caratteristiche del percorso di studi messo a punto dal grande umanista veronese. Una particolare attenzione viene riservata alla descrizione di quello che secondo Guarino Veronese deve essere il metodo da seguire negli studi. Le parole chiave sono ordine ed esercizio.

E sopra ogni cosa, negli studi, bisognerà proceder con ordine, in modo da evitare la lettura confusa dei vari libri; per ogni lettura bisogna stabilire ore separate: questa è la cosa che più giova alla varietà dei libri e al compimento del lavoro. Si può provarlo facilmente leggendo o scrivendo per un poco, a un’ora stabilita. Senza mai tralasciare di farlo; in pochi giorni ci si accorge di aver profittato moltissimo. Così suona il detto di Esiodo tradotto da mio padre: “se fai cadere un grano alla volta, ma di continuo, alla fine grande sarà il muccio”1. Che la confusione, e quella che i Greci chiamano ataxia, non è solo più dannosa, ma anche più brutta di tutto, lo puoi capire da alcuni esempi. Un coro si compone della varietà di parecchi elementi; ma se questi pretendono di cantare ciascuno secondo il proprio impulso, ne vien fuori un vocio disarmonico e sgradevole a udirsi. Mentre, quando ognuno emette la voce a tempo e luogo, secondo le regole, dalla risonanza corale scaturisce una gradevole armonia. Lo stesso si può osservare in un esercito in cui i soldati dispersi che vagano qua e là alla rinfusa offrono ai nemici una facile vittoria e agli occhi un turpe spettacolo, mentre cavalieri, fanti, carri, portatori, bagagli, si spostano promiscuamente, con vicendevole ostacolo in caso d’attacco. […] Pertanto non dobbiamo ritenere che quest’ordine sia meno utile negli studi che nelle altre cose. Se il tempo non è ripartito tra le lezioni, l’animo si disperde fra tanti libri, e avviene che, mentre abbracciamo col pensiero molte cose che ci si presentano contemporaneamente, per nessun verso realizziamo un abito mentale libero e attento. Aggiungi che, dovendosi ripetere a sera le cose imparate di giorno, difficilmente potremo riuscire a cogliere, senza esitazione o errore, in una visione unitaria, ciò che abbiamo letto in ciascun autore, se ogni cosa non ci si offra distintamente2 […].

Gli animali hanno una qualche caratteristica posta in loro da natura: i cavalli la corsa, gli uccelli il volo; gli uomini hanno avuto in sorte il desiderio di apprendere, onde il nome di “studi d’umanità”; infatti quella che i Greci chiamano paideia noi chiamiamo erudizione ed educazione nelle arti liberali; gli antichi la chiamarono anche umanità, perché all’uomo soltanto, fra tutti gli animali, è affidata la cura della scienza; e questo genere di studi abbraccia la scienza più largamente d’ogni altro3. Del resto, io spero, appena in grado di leggere da sé, i giovani saranno presi da tanto amore per lo studio che le nostre esortazioni diventeranno del tutto superflue. Perciò poniamo fine allo scrivere.

Rispondi

1. Che valore è attribuito all’ordine negli studi?

2. Quali esempi vengono addotti per descrivere i danni dell’ataxia?

3. Qual è il significato dell’espressione “studi d’umanità” secondo l’autore?

I colori della Pedagogia - volume 2
I colori della Pedagogia - volume 2
L’educazione dal basso Medioevo al positivismo - Secondo biennio del liceo delle Scienze umane