3 - Baldassarre Castiglione e la corte come luogo di formazione

3. Baldassarre Castiglione e la corte come luogo di formazione

3.1 Le qualità dell’uomo e della donna di corte

Letterato prima al servizio dei Gonzaga e poi dei duchi di Urbino, Baldassarre Castiglione L’AUTORE | incarna il modello del perfetto uomo di corte, colto, elegante e dalle spiccate doti diplomatiche. Il suo nome è legato a una delle opere più rappresentative della cultura rinascimentale: Il Cortegiano. Scritto tra il 1508 e il 1516 e pubblicato nel 1528, Il Cortegiano è ambientato nella corte di Urbino e ne rappresenta un fedele “ritratto”, come rivela lo stesso autore nella dedica al vescovo portoghese Miguel De Silva.

L’opera ha una struttura dialogica e vede intervenire personaggi realmente presenti nella corte urbinate, che si ritrovano per quattro serate consecutive alla presenza della duchessa Elisabetta Gonzaga, allo scopo di delineare le caratteristiche del perfetto cortigiano e della sua compagna.

Il testo si articola in quattro libri:

  • nel primo libro si definiscono le qualità del cortigiano: nobiltà (non necessariamente legata alla nascita), abilità nell’uso delle armi, grazia nel portamento e nella parola, predisposizione per le lettere, la musica, l’arte e la danza, elevato profilo morale ed equilibrio interiore;
  • nel secondo libro si chiarisce in quali circostanze e come il buon cortigiano deve mettere a frutto le abilità di cui è dotato;
  • nel terzo libro si delinea il profilo della perfetta donna di palazzo. Bella, colta, aggraziata nei modi, onesta nei costumi e retta moralmente: la donna a cui guarda Castiglione è la gran dama di corte;
  • il quarto libro entra nel merito del rapporto tra cortigiano e principe e termina con una dissertazione sull’amore platonico tenuta da un grande amico di Castiglione, nonché insigne letterato del tempo: Pietro Bembo.

l’autORe  Baldassarre Castiglione

Baldassarre Castiglione nasce nel 1478 a Casatico (Mantova). Figlio di un uomo d’arme dei marchesi di Mantova, trascorre la vita di corte in corte. Egli vive nel periodo di massimo splendore dell’Italia rinascimentale: le signorie si sono trasformate in principati e si contendono artisti e letterati per dar lustro alla propria casata. Così le corti diventano fertili laboratori di produzioni artistiche, musicali e letterarie, e anche vivaci luoghi di formazione.

Non ancora ventenne Castiglione si reca a Milano: presso la corte di Ludovico il Moro e di Beatrice d’Este compie il suo apprendistato di uomo di corte.

Alla morte del padre, avvenuta nel 1498, torna a Mantova al servizio dei Gonzaga, dove rimane fino al 1504, quando passa al servizio dei duchi d’Urbino: qui trascorre gli anni più lieti della sua vita, svolgendo incarichi di natura militare e diplomatica.

Nel 1513 si trasferisce a Roma come agente diplomatico del duca d’Urbino. Nel 1516, quando il Ducato di Urbino è annesso ai domini pontifici, Castiglione continua a svolgere lo stesso incarico ma per conto dei Gonzaga.

Rimasto vedovo nel 1520, decide di abbracciare lo stato ecclesiastico. Due anni dopo lascia Roma per seguire le operazioni militari condotte dai Gonzaga in funzione antifrancese.

Trascorre gli ultimi anni di vita (1524-29) in Spagna, in qualità di protonotaro apostolico e di nunzio della Santa Sede presso l’imperatore Carlo V.

Muore a Toledo nel 1529.

 >> pagina 73 

3.2 L’educazione del cortigiano

Il Cortegiano non è solo un’opera letteraria, ma si connota anche per una forte valenza pedagogica, in quanto si occupa della formazione di un uomo di corte, che appare ben più di una semplice figura ornamentale, completamente asservita al suo principe e concentrata su questioni puramente esteriori. L’uomo di corte tratteggiato da Castiglione è la quintessenza dell’uomo rinascimentale, colto, aggraziato e connotato da un grande rigore morale. È il consigliere, l’uomo di fiducia del principe, che deve indirizzare nell’azione di governo con saggezza, prudenza, magnanimità e senso della giustizia, tenendo presente sempre il bene comune.

Le qualità del cortigiano sono tutte riassunte in quel concetto digrazia” che ben delinea Ludovico di Canossa nel primo libro dell’opera:

Avendo io già più volte pensato meco onde nasca questa grazia, lasciando quelli che dalle stelle l’hanno, trovo una regula universalissima, […] e ciò è fuggir quanto più si po, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la affettazione; e, per dir forse una nuova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura che nasconda l’arte e dimostri ciò che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi. Da questo credo io che derivi assai la grazia; perché delle cose rare e ben fatte ognun sa la difficultà, onde in esse la facilità genera grandissima maraviglia [...]. Però si può dir quella esser vera arte che non pare esser arte.

B. Castiglione, Il libro del Cortegiano, a cura di W. Barberis, Einaudi, Torino 1998, I, p. 59.

La grazia di cui parla Castiglione deriva da un lungo apprendistato, che permette all’uomo di corte di muoversi nel mondo con leggiadria e naturalezza e di apparire impeccabile in tutto ciò che pensa e che fa, dissimulando lo studio e l’esercizio richiesti per acquisire questa perfezione nei modi. Di questa stessa grazia, secondo l’autore, deve essere dotata anche la donna di palazzo.

Castiglione si discosta dall’idea dominante tra gli intellettuali del suo tempo, che volevano la donna intellettivamente inferiore all’uomo e fragile emotivamente. Egli non propone il solito modello della moglie soggetta al marito, chiusa tra le pareti domestiche e dedita esclusivamente alla cura della casa e dei figli. La donna a cui guarda Castiglione è una protagonista della vita di palazzo e, accanto alle consuete virtù domestiche, egli la adorna di qualità pubbliche importanti per intrattenere relazioni mondane: la bellezza, l’affabilità, la gentilezza, la vivacità d’ingegno e la cultura. Tutte queste doti si devono amalgamare in un unicum armonico, che costituisce il prototipo della perfetta donna di palazzo.

Il Cortegiano ebbe numerose edizioni e traduzioni nel corso del Cinquecento ed è senz’altro il libro che meglio rappresenta l’ideale antropologico del Rinascimento. Esercitò un grande influsso sulle generazioni successive, sia a livello di trattatistica comportamentale, come mostra il caso del Galateo di monsignor Della Casa, sia a livello di trattatistica pedagogica, tanto che l’opera fu fonte d’ispirazione anche per Locke.

per lo studio

1. Quali qualità deve avere l’uomo di corte secondo Castiglione?

2. E la donna di palazzo?

3. Quale significato attribuisce Castiglione al concetto di “grazia”?


  Per discutere INSIEME 

Ricerca nel vocabolario il significato del termine “aggraziato” e i relativi sinonimi. Rifletti in classe con i tuoi compagni sulla definizione ed esprimi il tuo parare sulle valenze attuali di questo vocabolo.

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