CITTADINI RESPONSABILI - Alunni con bisogni educativi speciali: dall’emarginazione all’inclusione sociale

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Alunni con bisogni educativi speciali: dall’emarginazione all’inclusione sociale

La pedagogia speciale

Vi è un ramo della pedagogia che si occupa dei soggetti con bisogni educativi speciali, che si trovano in condizioni di svantaggio perché presentano deficit, menomazioni, difficoltà di apprendimento, disabilità, perché stranieri o in situazioni di salute o socio-economiche problematiche: è la pedagogia speciale, il cui obiettivo consiste nell’identificare questi bisogni, in modo da individuare risposte che permettano lo sviluppo delle potenzialità della persona in difficoltà e la sua inclusione sociale.

La pedagogia speciale nasce in Francia tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento grazie a Jean-Marie-Gaspard Itard e al suo allievo Édouard Séguin. Tra i pionieri di questa branca della pedagogia si possono annoverare anche lo psichiatra e neuropsichiatra infantile italiano Sante De Sanctis, che fonda il primo asilo per anormali psichici a Roma, e la dottoressa e pedagogista Maria Montessori, che elabora il suo metodo scientifico muovendo dallo studio dei bambini con disabilità intellettive (frenastenici), per i quali ritiene necessario combinare gli interventi medico e pedagogico.

Verso l’inclusione

A livello storico il cammino che ha portato dalla logica dell’internamento in strutture separate dal resto dell’abitato, introdotte a partire dal Seicento, all’affermazione della logica dell’inclusione delle persone con disabilità è stato molto lungo.

Nella scuola italiana si è assistito al passaggio dall’emarginazione degli alunni con disabilità nelle classi differenziali o in istituti specializzati, ratificata a livello legislativo durante il ventennio fascista, all’integrazione sociale nelle classi curricolari con la legge 517 del 1977, che prevedeva anche la figura dell’insegnante specializzato per il sostegno didattico. Da allora si sono compiuti molti passi in avanti. Con la legge quadro 104 del 1992, in particolare, è stato esteso il principio dell’integrazione scolastica (precedentemente limitato alla fascia 6-14 anni) dal nido all’università ed è stata introdotta una visione sistemica dell’intervento educativo-didattico, anche se ancora legata a un approccio prevalentemente medico.

Attualmente si adotta la prospettiva dell’inclusione sociale, per cui la persona con disabilità è considerata parte attiva della comunità e la scuola progetta per opportunità, non più per problemi. Tuttavia, va sottolineato che l’inclusione non termina con l’esperienza scolastica ma va applicata a tutti i contesti di vita civile e professionale.

A livello internazionale sono stati prodotti importanti documenti che incentivano questo approccio. Innanzitutto, nel 2001 è stata pubblicata dall’Oms la Classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute, che ha permesso di introdurre un nuovo modo alla disabilità, non più esclusivamente medico, ma di tipo bio-psicosociale, per cui qualsiasi persona in qualunque momento della sua vita può avere una condizione di salute che in un ambiente sfavorevole porta a una situazione di disabilità. Nel 2006 l’Onu ha varato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, la quale sancisce i seguenti principi:

  • rispetto dignità intrinseca;
  • non discriminazione;
  • piena inclusione e partecipazione;
  • rispetto per la differenza;
  • parità di opportunità;
  • accessibilità;
  • parità tra uomini e donne;
  • rispetto dello sviluppo, delle capacità e dell’identità dei bambini con disabilità.

In questo contesto si inseriscono gli studi e gli interventi educativi realizzati nel campo della pedagogia speciale, la quale può ormai giovarsi di nuove strategie, testi, riviste e software didattici.

I colori della Pedagogia - volume 2
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