1 - Il positivismo in Francia

1. Il positivismo in Francia

1.1 Comte e l’educazione come strumento di progresso sociale

Padre del positivismo | ▶ APPROFONDIAMO, p. 360 | e discepolo del filosofo Saint-Simon, Auguste Comte (1798-1857) è autore del Corso di filosofia positiva (1830-42), che è considerato l’opera simbolo del positivismo.

Nel testo Comte espone la legge dei tre stadi, che caratterizzano lo sviluppo dell’intelletto umano e la storia dell’umanità: teologico, metafisico e positivo. In quest’ultimo stadio l’uomo, per spiegare i fenomeni, non ricorre più a entità soprannaturali come in quello teologico o ad astrazioni personificate come nello stadio metafisico, ma si attiene ai fatti e alle loro relazioni, basandosi esclusivamente sul sapere scientifico.

Per Comte ogni scienza, per poter essere ritenuta tale, deve raggiungere lo stadio positivo, secondo il «principio della complessità crescente e della semplicità decrescente». L’intellettuale francese ritiene che il pensiero positivo si sia affermato prima nelle scienze più semplici e poi in quelle più complesse, prefigurando la nascita della scienza positiva della società: la sociologia. Inizialmente indicata come fisica sociale, la sociologia (termine coniato dallo stesso Comte) è posta dall’intellettuale francese al vertice della “piramide” delle scienze e ad essa è assegnato il compito più importante, quello di riorganizzare la società sulla base del sapere positivo, che si basa sui fatti, sulla realtà e non più, come in passato, sul fine ultimo delle cose.

Secondo questa prospettiva l’educazione deve farsi “scienza”, deve cioè fondarsi su criteri e contenuti di tipo scientifico, aderenti alle esigenze della società contemporanea. Tra i caratteri dell’educazione scientifica Comte indica la netta opposizione a ogni educazione di tipo tradizionale, metafisica e astratta, e il principio di «rigorosa universalità», per cui deve essere rivolta a tutti i componenti della società.

Comte ritiene che l’educazione della prima infanzia spetti alla madre, mentre dai 7 anni i fanciulli vanno affidati all’educazione pubblica, che egli scandisce in diverse fasi attraverso le quali il soggetto è preparato al suo ingresso nella società adulta. Secondo l’intellettuale francese, però, l’educazione non termina con l’ingresso nel mondo del lavoro, ma accompagna tutta la vita del soggetto attraverso un interscambio continuo con la società.

L’educazione positiva, inoltre, per Comte deve sviluppare quel sentimento di solidarietà, che è cardine dell’insegnamento morale e base per il rafforzamento dell’umanità. La nuova società industriale immaginata da Comte, infatti, è solidaristica ed estranea alla guerra, che rappresenta una sorta di contraddizione di termini.

Quando una vera educazione – scrive Comte – avrà convenientemente familiarizzato gli spiriti moderni con le nozioni di solidarietà e di perpetuità che suggerisce spontaneamente, in molti casi, la contemplazione positiva dell’evoluzione sociale, si sentirà profondamente l’intima superiorità morale di una filosofia che collega ognuno di noi all’esistenza dell’umanità considerata nell’insieme dei tempi e dei luoghi.

A. Comte, Corso di filosofia positiva, a cura di F. Ferrarotti, Utet, Torino 1979, p. 19.

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Il padre del positivismo

Questo ritratto si trova nell’ultima abitazione di Comte, che fu trasformata dai discepoli, dopo la sua morte, nel “tempio” di una religione laica, priva di dèi e dogmi: la religione della scienza. Anche l’educazione deve fondarsi secondo Comte su criteri scientifici e dunque farsi strumento, come le altre scienze, di progresso sociale.

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approfondiamo  IL POSITIVISMO

Movimento filosofico e culturale che domina la scena europea dalla metà dell’Ottocento ai primi del Novecento, il positivismo nasce in Francia. Esso pone la scienza a fondamento della conoscenza e applica il suo metodo conoscitivo a tutti i fenomeni: naturali, morali, culturali, sociali e religiosi.

Il termine “positivismo” è stato coniato da Claude-Henri de Rouvroy, conte di Saint-Simon (1760-1825), ma l’iniziatore di questa corrente di pensiero è Auguste Comte, che nel Corso di filosofia positiva (1830-42) elenca le diverse accezioni del termine “positivo”:

  • reale, che si oppone a chimerico, perché il positivismo si occupa solo delle questioni accessibili all’intelligenza umana;
  • utile, indica il carattere pragmatico della nuova corrente culturale, che si propone di migliorare le condizioni dei singoli e della società;
  • certo, in contrapposizione a indeciso, in quanto il positivismo rifiuta le speculazioni filosofiche di stampo metafisico e si occupa solo di problemi risolvibili attraverso la scienza;
  • preciso, in opposizione al vago delle filosofie precedenti, perché rifugge le astrazioni e non ricorre più alle entità soprannaturali, ma si attiene ai fatti e alle loro relazioni come unici criteri di conoscenza;
  • organico, perché la filosofia positiva organizza i risultati raggiunti dalle varie scienze per indirizzare proficuamente la condotta dell’uomo.

Il tratto caratteristico del positivismo è la piena fiducia nella scienza e nel metodo scientifico basato sull’osservazione diretta dei dati e sull’applicazione concreta delle scoperte. In questa direzione il positivismo recupera il progetto dell’Illuminismo di realizzare l’emancipazione sociale attraverso la diffusione della cultura scientifica, che diviene base imprescindibile per il progresso umano e per la riorganizzazione della vita sociale.

I positivisti

Il positivismo si inserisce nel quadro dello sviluppo industriale del tempo e gli scienziati, letterati, storici e filosofi che aderiscono a questo movimento culturale si fanno interpreti del loro tempo, delineando i contorni di una società industrializzata regolata secondo criteri scientifici. Tra i maggiori esponenti del positivismo, oltre a Comte, fondatore del positivismo sociologico, troviamo Herbert Spencer, massimo rappresentante del positivismo inglese, Roberto Ardigò, che applica i principi del positivismo ai processi psicologici, e Charles Darwin, noto per la sua teoria sull’evoluzione della specie.

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1.2 Durkheim e la sociologia dell’educazione

Figura chiave della sociologia positivista, Émile Durkheim ▶ L’AUTORE, p. 362 | mette in evidenza il ruolo della società nei processi educativi e pone le basi per la prima sistematizzazione della sociologia dell’educazione. Egli espone la sua opinione sul problema educativo nei corsi di sociologia tenuti alla Sorbona, in alcuni articoli, come in quello su Pedagogia e sociologia (1903), e nelle voci su Educazione, Infanzia e Pedagogia scritte per un dizionario pedagogico (1911).

Durkheim considera l’educazione come il mezzo per adeguare l’individuo alle norme e ai valori della società e per tramandare le tradizioni e le conquiste di un popolo. Infatti, definisce l’educazione come:

azione esercitata dalle generazioni adulte su quelle che non sono ancora maturate per la vita sociale; [che] ha per obiettivo di suscitare e sviluppare nel fanciullo un certo numero di stati fisici, intellettuali e morali che a lui sono richiesti tanto dalla società politica nel suo insieme quanto dall’ambiente particolare al quale è in modo specifico destinato.

É. Durkheim, Educazione come socializzazione, a cura di N. Baracani, La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 71.

Questa prospettiva porta a considerare i modelli educativi variabili, in quanto condizionati dalla struttura socio-economica delle comunità in cui sono applicati, proprio perché il compito principale dell’educazione consiste, secondo il sociologo francese, nel costituire ciascun individuo come essere sociale, che ha fatto propria quella coscienza collettiva formata dalle idee, dai sentimenti e dalle abitudini proprie del gruppo sociale a cui il soggetto appartiene.

Se pertanto secondo Durkheim l’educazione è lo strumento che consente all’individuo di interiorizzare le norme che regolano la vita della collettività, la pedagogia rappresenta quella scienza particolare, quell’arte strettamente legata all’azione, la quale si propone di individuare idee in grado di guidare la concreta attività educativa. Questa “teoria pratica” ha per il sociologo francese delle fonti ben precise, che sono da un lato la psicologia e la sociologia, che gli permettono di conoscere l’individuo nella sua condizione personale e nel suo comportamento sociale, e, dall’altro, la storia, con specifica attenzione per la storia dell’insegnamento e della pedagogia, che consentono di prendere coscienza della nostra situazione di uomini inseriti in una società moderna.

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L'AUTORE  Émile Durkheim

Émile Durkheim nasce in una famiglia modesta ma erudita, di fede ebraica, nel 1858 a Épinal, in Lorena. Quando la città, a seguito della sconfitta della Francia nella guerra franco-prussiana del 1870-71, passa alla Germania, la famiglia si trasferisce a Parigi. Qui frequenta la prestigiosa École normale supérieure, dove compie la sua formazione filosofica. Dopo aver insegnato per alcuni anni presso i licei, trascorre un periodo di studio in Germania, durante il quale approfondisce alcune idee fondamentali della sua opera sociologica.

Nel 1887 è chiamato dall’ateneo di Bordeaux a insegnare Pedagogia e scienze sociali, cattedra che viene istituita in Francia per la prima volta proprio in occasione della sua nomina. Nel 1902 è incaricato di insegnare Pedagogia e scienze dell’educazione alla Sorbona, dove rimane a lavorare fino alla morte.

In questi anni mette a punto la sistematizzazione del metodo scientifico della sociologia dell’educazione e pubblica le sue opere più importanti, dando vita alla rivista annuale l’“Année Sociologique”, caratterizzata da una suddivisione in due parti: una con saggi dedicati all’analisi dei problemi e dati della realtà sociale e una parte riservata alle recensioni di lavori di carattere sociologico pubblicati in Europa.

La sua attività intellettuale si arresta repentinamente nel 1915, quando muore il suo unico figlio sul fronte balcanico della Prima guerra mondiale. Morirà due anni dopo.

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Una classe di monelli

In assenza del maestro, alcuni alunni si “impadroniscono” dell’aula e ne combinano di tutti i colori: uno di loro arriva a “cavalcare” un mappamondo appeso al soffitto, quasi a volersi prendere gioco del mondo intero. Il pittore ritrae realisticamente un episodio della quotidianità, con un interesse particolare per il mondo dei bambini e della scuola. Per Durkheim l’educazione è il mezzo per adattare l’individuo alle norme e ai valori della società.

1.3 Séguin e l’educazione dei soggetti con disabilità

Édouard Séguin (1812-80) è considerato uno dei pionieri dell’ educazione speciale francese. Egli si richiama al lavoro compiuto dal medico francese Jean-Marie-Gaspard Itard (1774-1838), il direttore dell’Istituto per sordomuti di Parigi che si era dedicato per lunghi anni all’educazione di Victor, il fanciullo “selvaggio” dell’Aveyron, ritrovato nella campagna francese allo stato animalesco e completamente privo di parola.

Allievo e amico di Itard, Séguin ne raccoglie l’eredità, specializzandosi nell’educazione dei ragazzi con deficit cognitivi. Nella sua opera più famosa, Trattamento morale, igienico e educazione degli idioti e degli altri fanciulli ritardati, pubblicata a Parigi nel 1846, Séguin sostiene che l’educazione dei soggetti con ritardi intellettivi debba partire dai sensi e dal movimento, per poi coinvolgere l’intelletto e la volontà. Per il medico francese l’educazione sensoriale rappresenta la base per realizzare la formazione dell’intera personalità del soggetto con disabilità. Egli, inoltre, sottolinea l’importanza fondamentale dell’ambiente educativo, che ritiene vada caratterizzato in modo diverso rispetto ai tradizionali istituti di ricovero per soggetti con deficit intellettivi, concepiti come delle vere e proprie prigioni. Séguin, pertanto, propone un ambiente educativo più libero e stimolante e meno istituzionalizzato, in grado di favorire un’azione educativa orientata all’educazione integrale del soggetto.

Al medico francese si deve la nascita di diverse “scuole speciali” in Inghilterra e negli Stati Uniti. Egli, inoltre, predispone del materiale didattico pensato appositamente per i ragazzi con ritardi mentali. Al suo metodo si ispirerà anche Maria Montessori.

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La prima scuola negli Stati Uniti per ragazzi con disabilità mentali

I ragazzi ritratti in questa foto d’epoca sono gli allievi della casa-scuola di Elm Hill: la “Casa di educazione privata per giovani con disabilità mentali di Elm Hill”, la prima di questo tipo negli Stati Uniti, fu fondata nel 1848 a Barre (Massachusetts) dal medico Hervey Backus Wilbur (1820-83), influenzato dalle idee di édouard Séguin circa la possibilità di istruire i ragazzi con deficit cognitivi.

I colori della Pedagogia - volume 2
I colori della Pedagogia - volume 2
L’educazione dal basso Medioevo al positivismo - Secondo biennio del liceo delle Scienze umane