1 - Le Scuole pie di Giuseppe Calasanzio

1. Le Scuole pie di Giuseppe Calasanzio

1.1 Calasanzio e l’istruzione dei più poveri

| Il sacerdote spagnolo Calasanzio  L’AUTORE | fece dell’istruzione dei figli delle famiglie povere la sua missione. Al fine di assecondare questo mandato, creò una nuova istituzione educativa, le Scuole pie  APPROFONDIAMO, p. 205 |, e dette vita a un nuovo istituto religioso, quello degli scolopi.

L'AUTORE  Giuseppe Calasanzio

José de Calasanz, italianizzato Giuseppe Calasanzio, figlio di un hidalgo (esponente della piccola nobiltà spagnola) impoverito, nasce nel 1557 a Peralta de la Sal, un villaggio dell’Aragona.

Compiuti gli studi universitari in diritto e teologia, è ordinato sacerdote nel 1583.

Nel 1592 si trasferisce a Roma presso il cardinale Marcantonio Colonna e si impegna subito in attività caritatevoli, insegnando presso le scuole di catechismo.

Questa esperienza lo fa avvicinare ai poveri. Presto si rende conto che la maggior parte di essi è priva di istruzione. Così si impegna per trovare una soluzione, cercando di coinvolgere i maestri dei rioni e alcuni ordini religiosi (gesuiti e domenicani). Al fallimento di questi tentativi, decide di agire autonomamente: nel 1597, con altri due sacerdoti, inizia a insegnare gratuitamente ai fanciulli poveri presso due stanze di una piccola parrocchia romana (Santa Dorotea in Trastevere). L’iniziativa, alla quale egli dà il nome di Scuole pie, riscuote subito grande successo. Il numero degli scolari cresce rapidamente e presto arrivano anche le prime sovvenzioni papali.

Presto Calasanzio affianca a questa iniziativa una comunità religiosa dedita espressamente all’educazione dei figli del popolo, i Chierici regolari poveri della Madre di Dio delle Scuole pie, detti comunemente scolopi (da “Scuole pie”) o piaristi; l’istituto è elevato a ordine religioso nel 1621. Calasanzio muore a Roma nel 1648.

1.2 Le Scuole pie

Le Scuole pie nascono dalla volontà di educare i ragazzi del popolo, con l’intento di:

  • curare le loro anime;
  • fornire loro un’istruzione di base;
  • creare le condizioni per la loro elevazione sociale.

Come ha rilevato Paul F. Grendler,

l’idea rivoluzionaria di Calasanzio fu di fornire ai ragazzi una istruzione generale gratuita; egli offrì istruzione in volgare di lettura, scrittura, abaco e un po’ di latino per sei giorni alla settimana durante tutto l’anno.

P.F. Grendler, La scuola nel Rinascimento italiano, Laterza, Bari-Roma 1989, p. 409.

Per essere ammessi nelle Scuole pie gli alunni dovevano avere un certificato di povertà, regolarmente rilasciato dal loro parroco. La scuola forniva carta, penne, inchiostro e libri. Ai più bisognosi veniva anche dato cibo. Per mantenere il principio di gratuità, gli scolopi non accettavano alcun tipo di dono dai ragazzi, non volevano che gli alunni portassero la legna per il fuoco né che le loro madri lavassero i panni degli insegnanti.

La giornata scolastica iniziava con la messa e la recita delle litanie. Alla formazione religiosa era riservato uno spazio molto importante. Gli alunni dovevano confessarsi e comunicarsi almeno una volta al mese. La domenica e i giorni festivi gli allievi dovevano tornare a scuola per una breve sessione di preghiera. Il giovedì e il sabato le lezioni terminavano mezz’ora prima per lasciare spazio all’ascolto delle prediche. Infine, nelle Scuole pie si pregava per l’intera durata della giornata scolastica, infatti piccoli gruppi di scolari accompagnati da un prete si alternavano per pregare davanti all’altare.

Le lezioni duravano due ore e mezza al mattino e altrettanto nel pomeriggio. Nelle giornate più calde erano un po’ più brevi. A mezzogiorno e a fine giornata i maestri accompagnavano gli alunni a casa, per evitare che bighellonassero per le strade e per dare maggior visibilità alle attività della scuola.

L’intero percorso di studi durava in media cinque anni. Il passaggio da una classe all’altra avveniva solitamente ogni quattro mesi, dopo il superamento di un esame, con il quale si accertava l’acquisizione dei contenuti da parte dell’alunno.

Le lezioni erano animate da gare tra gruppi di studenti contrapposti e facevano molto leva sulla ripetizione a memoria dei contenuti. Gli alunni che si distinguevano maggiormente potevano fregiarsi di titoli onorifici, come quello di “imperatore”, con la conseguente possibilità di concedere “grazie” ai compagni e ottenere piccoli premi, come per esempio immagini sacre.

approfondiamo  SCUOLE PIE E “PICCOLE SCUOLE”

Già nei secoli XIV-XV si erano registrate esperienze di scuole destinate all’istruzione di base, soprattutto nelle città mercantili (per esempio a Firenze e nelle Fiandre), ma in genere si trattava di iniziative di istruzione specializzate (scuole d’abaco), destinate ai figli dei mercanti e degli artigiani, che avevano lo scopo di far acquisire conoscenze nel settore della contabilità e del commercio. La maggior parte delle scuole di livello elementare era incentrata sulla padronanza del latino ed era spesso finalizzata alla prosecuzione degli studi (collegi, università).

Nel corso del Cinquecento una spinta importante alla promozione di scuole di livello elementare arriva dal valore assegnato all’educazione dalla Chiesa cattolica e dalle Chiese riformate per la formazione dell’identità confessionale. Così, se nei paesi protestanti si promuove l’istituzione di scuole pubbliche che favoriscono l’accostamento diretto alla Scrittura, nei paesi cattolici nascono Scuole della dottrina cristiana che, accanto ai rudimenti della fede, insegnano a leggere e qualche volta anche a scrivere.

Ma è soprattutto nel corso del XVII secolo che inizia a svilupparsi una rete di “piccole scuole” in Europa, così denominate per distinguerle dalle “grandi scuole”, cioè dai collegi. In esse si possono rintracciare le origini della scuola elementare e popolare. In queste scuole sono acquisiti contenuti di base e si impiega la lingua nazionale. Esempi illustri di queste istituzioni sono le Scuole pie di Calasanzio e le Scuole cristiane di La Salle.

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1.3 Il programma di studio

Il programma di studio delle Scuole pie era suddiviso in nove classi:

  • nella nona classe, la più bassa, gli alunni imparavano l’alfabeto e a sillabare sulla  santacroce; il maestro scriveva le lettere dell’alfabeto su grandi cartelloni murali e gli alunni le ripetevano all’unisono;
  • nell’ottava classe si leggeva tutti insieme il  salterio, parti del catechismo e alcune preghiere; una volta imparato tutto il salterio, il ragazzo passava alla classe successiva;
  • nelle classi settima e sesta si imparava a leggere su libri religiosi in volgare;
  • la quinta classe costituiva un punto di svolta: la mattina una parte della classe si dedicava allo studio dell’abaco e l’altra a quello del latino; nel pomeriggio, secondo una consuetudine ampiamente diffusa che considerava l’apprendimento della scrittura successivo a quello della lettura, tutti gli studenti si dedicavano agli esercizi di scrittura. Di solito coloro che apprendevano l’abaco lasciavano la scuola per entrare nel mondo del lavoro, mentre i “latinisti” continuavano gli studi nelle scuole.

A questo punto, gli alunni che restavano a scuola si dedicavano allo studio del latino, che gli scolopi – a differenza dei gesuiti – insegnavano facendo uso del volgare:

  • nella quarta classe si imparava il catechismo;
  • nella terza si approfondiva lo studio dei verbi e si leggevano i Colloquia di Vives;
  • nella seconda si affrontava lo studio delle Epistulae ad familiares (“Lettere ai familiari”) di Cicerone;
  • nella prima classe (la più avanzata) si affrontavano il De officiis (“Sui doveri”) di Cicerone e opere di Virgilio.

Terminate le Scuole pie, gli alunni avevano i requisiti per proseguire gli studi presso il Collegio romano dei gesuiti oppure potevano facilmente trovare un lavoro (nell’ambito delle professioni impiegatizie, nella mercatura o nelle botteghe artigiane) o optare per la vita religiosa.

Presto, le Scuole pie si espandono fuori Roma, non solo in Italia ma anche in Europa (Spagna, Polonia, Ungheria), soprattutto nei centri minori, grazie al sostegno di donazioni e lasciti e facendo ricorso anche alla classica pratica delle “cerche”, per procurare cibo per gli insegnanti, legna per la scuola e così via.

Col tempo gli scolopi cedono alla tentazione di dedicarsi all’educazione delle fasce più abbienti della società, assumendo la direzione di collegi per nobili, seminari diocesani e convitti a pagamento indirizzati al ceto medio-alto. In questo settore, però, sanno differenziarsi dal modello dei gesuiti ed elaborano una proposta educativa originale e flessibile, che si adatta alle esigenze della cangiante borghesia (lingua nazionale, più spazio alla matematica, alla storia, potenziamento dei laboratori scientifici).

Nell’ambito dell’istruzione secondaria l’attività degli scolopi è stata certamente rilevante, ma l’istituto religioso va ricordato soprattutto per la scelta compiuta in favore dell’istruzione delle classi popolari, alla quale ha avuto il merito di fornire un insegnamento incentrato sulla trasmissione di saperi funzionali alle esigenze professionali di queste classi.

In questo settore gli scolopi hanno avuto il merito di proporre un modello di istruzione elementare di alto livello qualitativo, che eserciterà una enorme influenza nelle esperienze educative successive a partire da quelle avanzate dai Fratelli delle Scuole cristiane.

per immagini

Il salterio “per putti”

Con il termine psalterio per putti o psalteriolus (“piccolo salterio”) era chiamato un libro usato per l’insegnamento della lettura e della scrittura, contenente le preghiere principali e alcuni salmi (diverso dunque dal salterio, contenente i 150 salmi della Bibbia). La sua lettura era riservata nelle Scuole pie agli alunni dell’ottava classe (la più bassa dopo la nona).

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per lo studio

1. Quale compito assegna Calasanzio alle Scuole pie?
2. Che ruolo viene attribuito all’insegnamento dell’abaco e del latino?
3. In che cosa si distingue l’impegno degli scolopi nel settore dell’educazione di livello secondario?


  Per discutere INSIEME 

Calasanzio e gli scolopi si dedicano all’istruzione delle classi meno abbienti. I tassi di scolarizzazione in Italia hanno conosciuto una crescita importante soprattutto a partire dagli anni Sessanta del Novecento. Prova a intervistare i tuoi nonni o conoscenti anziani, chiedendo loro che ricordo hanno della scuola dell’obbligo.

2. Le Scuole cristiane di Jean-Baptiste de La Salle

2.1 La Salle e la formazione della gioventù povera e svantaggiata

Anche il sacerdote francese Jean-Baptiste de La Salle  L’AUTORE |, come Calasanzio, si dedica alla formazione dei ragazzi poveri, con una particolarità in più, in quanto si concentra anche sulla preparazione dei maestri destinati a seguirli.

2.2 Il maestro delle Scuole cristiane

Le Scuole cristiane nascono dalla volontà di fornire un’istruzione civile e cristiana ai ragazzi poveri, per prevenire le conseguenze disastrose di un’infanzia che La Salle scopre tristemente abbandonata a se stessa, senza alcuna guida e educazione. Per il sacerdote francese l’azione educativa ha una funzione preventiva, serve a instillare nei ragazzi quelle buone abitudini e quei principi cristiani che, solo se insegnati per tempo, permettono di evitare conseguenze disastrose.

Al centro del progetto di La Salle c’è la figura del maestro, da cui dipende il successo dell’azione educativa. È per questo che egli immagina una congregazione religiosa formata da maestri preparati che per vocazione si dedicano all’educazione dei figli del popolo. La sua stessa opera principale, Guida delle Scuole Cristiane (Conduite des Écoles Chrétiennes), appare come un manuale di istruzioni pedagogiche destinato a insegnanti capaci di applicarle.

Per La Salle la formazione del maestro, pertanto, si colloca tra il perfezionamento spirituale personale e l’acquisizione delle competenze pedagogiche e didattiche necessarie per operare nella scuola. Sul piano delle caratteristiche comportamentali, La Salle raccomanda decoro e amorevolezza. Egli non nega il ricorso ai castighi, pene corporali incluse, ma invita a adottarli con misura, perché la severità va mitigata con la dolcezza, affinché gli alunni possano riconoscere nel maestro il loro esempio guida.

La Salle non si ferma al piano delle enunciazioni, ma mette in campo una serie di iniziative concrete, rivolte alla formazione e al supporto dei maestri. Egli vuole che i maestri delle Scuole cristiane ricevano una specifica formazione, comprensiva anche di esercitazioni pratiche. È per questo che prevede dei momenti di confronto tra maestri, le conferenze settimanali, concepite come spazi d’incontro per discutere insieme delle esperienze e delle problematiche scolastiche, e seminari per maestri, veri e propri istituti magistrali ante litteram, indirizzati alla preparazione teorica e pratica dei giovani maestri, di cui il primo esempio si può rintracciare nel seminario fondato a Reims nel 1687.

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L'AUTORE  JEAN-BAPTISTE DE LA SALLE

Jean-Baptiste de La Salle nasce a Reims nel 1651 da una famiglia aristocratica non particolarmente agiata. Dopo una prima formazione affidata a precettori privati, accede al collegio dei Bons-Enfants di Reims, quindi studia teologia presso l’università della sua città e poi presso la Sorbona, frequentando contemporaneamente il seminario di Saint-Sulpice. È ordinato sacerdote nel 1678 e due anni dopo si laurea in teologia.

L’anno successivo avviene l’incontro decisivo con Adrien Nyel, laico che a Reims si impegna nella creazione di scuole per ragazzi poveri. La Salle aiuta i maestri di queste scuole, li ospita, cura la loro preparazione professionale e religiosa.

In questo periodo matura il progetto di una congregazione religiosa di maestri laici dedita all’insegnamento dei ragazzi poveri in scuole gratuite. Nel 1684 nasce la congregazione dei Fratelli delle Scuole cristiane, che riceverà la definitiva approvazione papale solo nel 1725.

Nel 1688 i Fratelli delle Scuole cristiane sono chiamati a Parigi, dove in un solo anno di attività raccolgono oltre un migliaio di allievi.

Nel 1704, però, i Fratelli delle Scuole cristiane sono costretti a spostare le loro attività nel paesino di Saint-Yon, presso Rouen, a causa delle forti resistenze mosse loro dai maestri a pagamento, che ne temono la concorrenza, e dall’alto clero parigino, preoccupato che l’estensione dell’istruzione ai ceti più umili possa sovvertire l’ordine sociale.

La Salle muore nel 1719.

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2.3 Una scuola ordinata, silenziosa e fattiva

Accanto alla centralità del maestro, le Scuole cristiane si reggono attorno a una minuziosa organizzazione della vita scolastica e degli ambienti a essa destinati. Nella Guida la scuola è descritta in primo luogo come ambiente ben strutturato negli spazi e nelle pratiche didattiche:

  • i locali devono essere disposti in modo da non essere troppo esposti ai rumori;
  • le aule devono essere ben aerate e i banchi disposti in modo razionale;
  • la giornata scolastica deve seguire un preciso ordine: preghiera, catechismo, attività didattiche.

Circa l’atteggiamento dei maestri e degli allievi, viene data grande rilevanza al silenzio, al quale è attribuito un significato religioso, in quanto è concepito come la via migliore per “ascoltare la voce di Dio”. Ai maestri si prescrive anche di parlare a voce bassa e di fare sapiente uso dei gesti, per accompagnare le varie fasi della giornata scolastica.

Altro elemento chiave della pedagogia lasalliana è la disciplina, intesa non solo come rispetto delle regole, ma anche e soprattutto come processo di interiorizzazione delle stesse. In questo senso, le norme indicate per esempio per la postura, che gli allievi devono tenere in classe, assumono un senso molto più profondo delle semplici prescrizioni esteriori. A questo riguardo, si stabilisce che gli alunni

debbono stare sempre seduti, […] tenere il busto diritto e i piedi ben poggiati a terra […]

[nei momenti di preghiera] gli alunni staranno sempre in ginocchio, le braccia conserte, il busto eretto e gli occhi bassi. Il maestro sorveglierà perché gli alunni non si muovano, non cambino posizione, non appoggino i gomiti o le braccia ai banchi, né davanti né dietro e non si siedano sui talloni; che non girino la testa per guardare dietro o davanti, e soprattutto che non si tocchino. Questo non avverrà se il maestro controllerà che tutti tengano le braccia conserte.

J.-B. de La Salle, Guida delle Scuole Cristiane, in Scritti pedagogici, Città Nuova, Roma 2000, pp. 64, 105.

C’è, dietro, la volontà di abituare l’alunno a far proprio un codice di regole sociali, etiche e religiose.

Ma la scuola di La Salle, accanto alle norme comportamentali e ai principi cristiani, vuole fornire agli alunni anche conoscenze utili. Il programma della scuola popolare lasalliana si basa sul trinomio leggere, scrivere e far di conto, che diverrà la formula fissa per definire l’istruzione di base obbligatoria dell’Ottocento. Il tutto viene impartito rigorosamente attraverso la lingua materna. La Salle insiste molto sull’uso della lingua francese in luogo del latino e questo farà guadagnare ai Fratelli delle Scuole cristiane un soprannome un po’ denigratorio, ovvero quello di “ignorantelli”, con il quale saranno a lungo identificati.

La Salle si impegna anche sul fronte dell’insegnamento tecnico-professionale, con l’intento di avanzare una proposta formativa alternativa a quella incentrata sulla cultura classica. Nella scuola tecnica di Saint-Yon, infatti, non si insegna il latino, ma si dà spazio alle scienze e alle arti meccaniche, al fine di offrire agli alunni strumenti concreti per l’esercizio dei futuri compiti professionali e civili. Sulla stessa direzione sono indirizzati anche i programmi di altre due fondazioni “pilota” nate a Saint-Yon: l’istituto di rieducazione e l’educatorio per giovani traviati e disadattati.

Il percorso di apprendimento nelle Scuole cristiane si attiene rigorosamente al principio di gradualità. I contenuti sono impartiti secondo livelli di difficoltà progressiva fissati in modo preciso. Per esempio, sono indicati nove livelli per la lettura, ai quali corrisponde una durata specifica, ovvero due mesi per l’apprendimento dell’alfabeto, un mese per quello delle sillabe, cinque per gli esercizi di sillabazione e via di seguito.

Altro principio guida del programma di studi delle Scuole cristiane è quello della responsabilizzazione degli allievi, che vanno coinvolti nella vita scolastica attraverso l’assegnazione di piccoli compiti. La Salle ricorda che molte volte i ragazzi non vengono a scuola perché hanno uno smodato desiderio di libertà e fanno fatica a stare tutto il giorno in classe. Per prevenire questi problemi egli invita i maestri a “conquistare” la loro fiducia e i loro cuori attraverso l’assegnazione di qualche piccolo incarico:

Sarà opportuno affidare loro qualche incarico, se ritenuti capaci; ciò potrà ottenere il risultato di affezionarli alla scuola e perfino quello di farli divenire di esempio agli altri. Bisogna accattivarseli ed impegnarli, mostrando però fermezza nei loro riguardi, punendoli quando si comportano male e si assentano; dimostrando apprezzamento per le cose buone che fanno e premiandoli anche per piccole cose.

J.-B. de La Salle, Guida delle Scuole Cristiane, cit., p. 185.

Il pensiero pedagogico-didattico di La Salle, anche se non è caratterizzato da elementi di assoluta originalità, ha il merito di aver posto la questione della formazione degli insegnanti e di aver avanzato una proposta educativa organica per l’istruzione di livello elementare, offrendo un contributo determinante nel promuovere l’insegnamento primario.

DA ORAIN POI

Dalla lavagna alla Lim

Quando pensiamo all’elemento dell’arredo scolastico più rappresentativo ed evocativo dell’ambiente classe ci viene subito in mente la lavagna. Questo oggetto ha subito molte evoluzioni nel corso della storia. La lavagna nera di ardesia fa il suo primo ingresso nelle classi nel corso del Seicento, quando cresce la domanda di istruzione popolare e si amplia la rete di scuole di livello primario. Ma i primi prototipi di lavagna che sono adottati in classe hanno le sembianze di una tavoletta, dalle dimensioni simili a quelle di un quaderno, e sono usati per svolgere gli esercizi in classe in quanto ben più economici dei classici strumenti di scrittura (carta, penna e calamaio). Solo nell’Ottocento, con l’affermazione dei sistemi scolastici nazionali, le classi cominciano a essere dotate delle prime lavagne, che in realtà si presentano nella forma di assi appositamente verniciate e attaccate al muro. La lavagna nera con cavalletto sarà la grande protagonista delle aule del Novecento e ad essa saranno associati non solo i momenti di spiegazione dell’insegnante e di interrogazione davanti alla classe, ma anche quelli delle punizioni, che potevano consistere semplicemente nell’andare “dietro alla lavagna” oppure prevedere risvolti ben più severi, come lo stare in ginocchio dietro alla lavagna (anche per un’ora), magari su gusci di noci o su chicchi di granturco. Con l’ingresso nel nuovo millennio l’immagine dell’aula scolastica è cambiata, in virtù di un utilizzo sempre più importante delle nuove tecnologie. Uno dei “simboli” di questo cambiamento è dato dall’introduzione della lavagna interattiva multimediale (Lim), che è subentrata alla vecchia lavagna nera, permettendo di sviluppare nuove modalità didattiche, più interattive e partecipative rispetto al passato.

per lo studio

1. Perché La Salle si concentra sulla formazione del maestro delle Scuole cristiane?

2. Che valore attribuisce al silenzio e alla disciplina?

3. In che termini La Salle valorizza la lingua materna nella sua proposta educativa?


  Per discutere INSIEME 

La Salle assegna un ruolo importante all’organizzazione degli spazi educativi. Le più recenti ricerche in campo pedagogico hanno dimostrato che un ambiente scolastico accogliente e gradevole favorisce l’apprendimento. Che tipo di accorgimenti si potrebbero apportare alla tua scuola per migliorarne l’estetica e renderla più funzionale alle esigenze degli studenti? Prova a elaborare un progetto insieme ai tuoi compagni.

I colori della Pedagogia - volume 2
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L’educazione dal basso Medioevo al positivismo - Secondo biennio del liceo delle Scienze umane