T1 - Jan Amos Comenio, L’educazione universale

PAROLA D’AUTORE

|⇒ T1  Jan Amos Comenio

L’educazione universale

Comenio afferma l’idea di una formazione integrale della persona, estesa a tutti, senza distinzione di ceto, genere e capacità intellettive. Per Comenio non solo tutti hanno diritto ad accedere al sapere, ma tutti hanno anche desiderio di sapere. Tale aspirazione alla conoscenza può essere soddisfatta attraverso l’adozione del giusto metodo d’insegnamento.

Poiché […] i semi della scienza, della morale e della pietà sono per natura insiti in tutti gli uomini, ne consegue necessariamente che essi hanno bisogno solo di una piccolissima spinta e di una saggia guida.

Non da ogni legno viene Mercurio, dicono alcuni; io rispondo che da ogni uomo si fa un uomo, purché non vi sia corruzione.

Ma (replica un altro) le nostre forze interne si sono indebolite per il peccato originale; rispondo, ma non si sono estinte […].

Ma l’intrinseca difficoltà delle cose, obiettano ancora, fa sì che non tutti capiscono. Ma quale difficoltà?1.[…]

Dal fatto che pochi pervengano alla sommità delle scienze, nonostante che molti, con animo alacre e bramoso, vi si impegnino, e dal fatto che coloro che giungono a un certo punto, vi pervengano solo con fatiche, ansie, malori e vertigini, dopo aver inciampato e essere caduti molte volte, da tutto questo non deriva che ci sia qualcosa di inaccessibile per l’ingegno umano, ma soltanto gradini mal disposti, corti, corrosi, rovinosi, cioè un metodo intricato. Altrettanto certo è che è possibile condurre qualsiasi persona a qualsiasi altezza disponendo di gradini ordinati, sani, solidi, sicuri.

Tu puoi dire: ci sono ingegni così deboli, che è impossibile introdurre qualcosa. Rispondo: non c’è specchio così sporco, che in qualche modo non riceva immagine, né tavola così ruvida, in cui tuttavia non si possa, in qualche modo, iscrivere qualcosa. Di più: se uno specchio è molto polveroso o macchiato, lo si deve anzitutto pulire: se una tavola è troppo ruvida, deve essere dapprima resa liscia; saranno così utili al loro uso. Allo stesso modo i giovani, se affinati e resi acuti, si renderanno in seguito fini e acuti gli uni con gli altri, finché tutti alla fine saranno in grado di comprendere tutto. Io insisto fermamente nella mia asserzione, perché basata su un fondamento saldissimo. Con solo questa differenza, che i più tardi di mente, qualsiasi piccola conoscenza sentano di avere, sentiranno appunto di averla; i più intelligenti, invece, passando per il loro intenso desiderio da una conoscenza all’altra, penetreranno nelle cose sempre più profondamente e raccoglieranno osservazioni nuove e utilissime2. […]

17. Obiettano ancora: ad alcuni non manca l’attitudine agli studi, ma il desiderio: è pesante ed inutile costringerli contro voglia. Rispondo: così si narra di quel filosofo che avendo due alunni, uno zuccone e l’altro indisciplinato, li cacciò tutti e due: l’uno perché pur volendo non poteva studiare, l’altro perché pur potendo non voleva. E se fossero proprio i precettori la causa del disgusto verso gli studi? […]

Nei fanciulli, quindi, per prima cosa si deve scacciar ogni sopraggiunto torpore e ricondurre la natura alla sua propria forza. Allora certamente tornerà il desiderio di sapere. Ma quanti di coloro che si assumono l’incarico di educare la gioventù pensano di renderla per prima cosa adatta a ricevere quest’educazione?3.

Rispondi

1. Quali tipologie di problematiche relative all’apprendimento individua Comenio?

2. Perché ritiene che possano essere superate con il giusto metodo di insegnamento?

3. Quale insegnamento vuole comunicare Comenio attraverso il racconto del filosofo che caccia i suoi due alunni?

 >> pagina 195 

|⇒ T2  John Locke

L’indole personale e la buona educazione

Locke si fa portavoce della istintività dell’individuo. La vera arte dell’educare deve partire dall’osservazione del soggetto, per adeguarsi alle specifiche caratteristiche del suo temperamento e valorizzarne al massimo le potenzialità. Locke afferma la necessità di un progetto formativo individualizzato, modellato cioè sulle peculiarità della personalità dell’educando.

Ma ricordatevi, vi prego, che al bambino non si insegna per mezzo di regole, perché queste sfuggiranno sempre alla sua memoria. Ciò che stimate necessario sia fatto da lui, inculcateglielo mediante l’esercizio, ogni volta che se ne presenti l’occasione; e se è possibile, provocate voi stesso le occasioni. Ciò formerà in lui le abitudini, le quali, una volta prese, agiranno da sole in modo facile e naturale, senza l’aiuto della memoria. E qui lasciatemi fare due raccomandazioni. La prima è di fargli fare ciò che volete diventi per lui un’abitudine, sempre mediante parole gentili e dolci ammonimenti, come se gli rammentaste qualcosa di cui si è dimenticato, piuttosto che con aspri rimproveri e sgridate, come se fosse volontariamente colpevole. La seconda cosa di cui dovreste aver cura, è di non cercare di fargli prendere più di un’abitudine alla volta; altrimenti, con la varietà lo confonderete, e non si perfezionerà in nulla.

Quando l’esercizio continuo gli avrà resa facile e naturale una cosa, e potrà eseguirla senza bisogno di pensarci sopra, allora passate ad un’altra.

Questo metodo d’insegnare ai bambini mediante ripetuti esercizi, fatti sotto gli occhi e la direzione del maestro, finché non abbiano presa quella data abitudine; questo metodo (e non quello di fare assegnamento su regole affidate alla memoria) ha tanti vantaggi, da qualsiasi punto di vista lo si consideri, che io non posso fare a meno di meravigliarmi (se ci si potesse meravigliare delle cattive usanze) come mai sia stato tanto trascurato1. [...]

Farò anche un’altra osservazione che mi viene in mente adesso. Col metodo indicato, noi vedremo se ciò che richiediamo al bambino è consono alla sua capacità, e confacente alla sua indole e al suo temperamento; giacché anche questa cosa va tenuta presente in una retta educazione. Noi non possiamo sperare di cambiar radicalmente il suo temperamento originale; né di trasformare, senza guastarlo, chi è gaio, facendolo diventar serio e mesto, né chi è melanconico, facendolo diventar vivace. Dio ha impresso nell’anima degli uomini certi caratteri, che possono forse venire leggermente modificati, come si modificano le forme del corpo; ma che difficilmente possono essere trasformati in altri caratteri opposti.

Perciò chi vive accanto ai bambini dovrebbe studiarne bene la natura e le attitudini, e scoprirne mediante ripetuti esperimenti le inclinazioni e le preferenze; osservare quali sono le loro qualità naturali, come queste possono venire migliorate e a che cosa si prestino meglio. Dovrebbe rilevarne le deficienze, e se sia possibile porvi riparo mediante la diligenza e l’esercizio; e se valga la pena di tentarne la prova. Giacché in molti casi tutto quello che noi possiamo fare, o a cui dobbiamo mirare, è di trarre il maggior profitto da ciò che la natura ha elargito; di prevenire quei vizi e quei difetti a cui quel dato temperamento è maggiormente proclive; e di procurare ad esso tutti i miglioramenti di cui è capace. Il genio naturale di ciascuno dovrebbe venire sviluppato quanto più è possibile; ma di tentare di sostituirvene un altro, non è che fatica vana, e ciò che così vien rabberciato, nella miglior evenienza non riuscirà che disgraziato, e lascerà sempre trasparire la goffaggine dello sforzo e dell’affettazione2.

Rispondi

1. Rifletti sulla posizione di Locke rispetto alle regole e al valore dell’esercizio e dell’abitudine. Ritieni che i consigli espressi a questo riguardo dal filosofo inglese siano ancora attuali?

2. Che relazione deve intercorrere, secondo Locke, tra indole dell’educando e azione educativa? Esprimi la tua personale opinione su questo argomento, proponendo eventualmente anche alcuni esempi.

 >> pagina 197

|⇒ T3  François Fénelon

L’importanza dell’educazione femminile

L’immagine della donna, al tempo di Fénelon, è ancora concepita in una condizione di subalternità rispetto all’uomo, padre o marito, e l’orizzonte educativo dell’universo femminile si limita essenzialmente alla formazione morale e religiosa, con qualche timida apertura verso l’istruzione limitata soprattutto ai ceti medio-alti. Fénelon, pur non discostandosi radicalmente da questa prospettiva, mostra segnali di maggior apertura e riconosce l’importanza dell’educazione femminile.

Nulla è più trascurato che l’educazione delle fanciulle. Il costume e il capriccio delle madri il più delle volte vi fanno legge. Si ritiene di dover dare a questo sesso poca istruzione. L’educazione dei maschi è considerata come una delle cose più importanti in rapporto al pubblico bene; e quantunque in essa non si commettano minori errori che in quella delle fanciulle, per lo meno si è persuasi che occorrano dei lumi per riuscirvi. […]

Per le ragazze, dicono, non c’è bisogno che siano dotte; la curiosità le rende vanesie e saccenti; è sufficiente che sappiano dirigere, quando sarà tempo, le loro case, e obbedire ai loro mariti senza stare a ragionare. Non si dimentica di avvalersi dell’esperienza che si ha di molte donne che la scienza ha rese ridicole; dopo di che ci si crede in diritto di abbandonare ciecamente le fanciulle alla guida di madri ignoranti e indiscrete.

È vero che bisogna stare attenti a non farne delle saccenti ridicole. Le donne hanno per lo più la mente ancor più debole e più mobile che gli uomini; per questo non è conveniente impegnarle in istudi dei quali potrebbero farsi una specie di mania1. […]

Ma che conseguenze volete trarre dalla debolezza della natura delle donne? Più sono deboli, più è importante di fortificarle. Non hanno esse dei doveri da compiere, ma dei doveri che sono il fondamento di tutta la vita umana? Non sono le donne che rovinano o che sostengono le case, che regolano tutto il minuto andamento delle cose domestiche. E che di conseguenza decidono di ciò che tocca più davvicino il genere umano? Per questa via esse hanno la parte principale nel formare i buoni e i cattivi costumi di quasi tutta la società. Una donna giudiziosa, laboriosa, e piena di religione, è l’anima di tutta una grande casa; ella vi mette l’ordine per i beni temporali e per l’eterna salute. Gli uomini stessi, che hanno tutta l’autorità nella vita pubblica, non possono con le loro deliberazioni stabilire alcun bene effettivo, se le donne non li aiutano nell’esecuzione2.

La società non è un vuoto nome: è l’insieme di tutte le famiglie; e chi può formarne il costume con una cura più delicata che non le donne, che oltre alla propria autorità naturale e alla propria assiduità nella casa hanno ancora il vantaggio di essere nate diligenti, attente ai particolari, industriose, insinuanti, atte a persuadere? Ma possono mai gli uomini sperare per se medesimi qualche dolcezza in questa vita se la loro più stretta società, quella del matrimonio, diviene sorgente di amarezze? Ma i fanciulli, che costituiranno più tardi tutta la massa del genere umano, che diverranno, se le madri li guastano fin dai loro primi anni?3

Ecco dunque le occupazioni delle donne, che non sono meno importanti per la vita sociale di quelle degli uomini, poiché esse hanno una casa da dirigere, un marito da rendere felice, dei bambini da educare bene.

Rispondi

1. Che cosa intende Fénelon quando afferma che «Nulla è più trascurato che l’educazione delle fanciulle. Il costume e il capriccio delle madri il più delle volte vi fanno legge»?

2. Quali argomenti adduce Fénelon a sostegno dell’educazione femminile?

3. Esprimi la tua personale opinione sulla posizione di Fénelon rispetto all’educazione femminile, alla luce di quanto studiato in questa unità e in quelle precedenti e tenendo conto dell’epoca storica.

I colori della Pedagogia - volume 2
I colori della Pedagogia - volume 2
L’educazione dal basso Medioevo al positivismo - Secondo biennio del liceo delle Scienze umane