approfondiamo RIFORMA O CONTRORIFORMA?
La denominazione “Controriforma” appare per la prima volta alla fine del Settecento in un manuale di storia del Sacro Romano Impero redatto dal giurista tedesco Johann Stephan Pütter. Legittimato nell’Ottocento dalla monumentale storia dei papi dello storico protestante Leopold von Ranke, questo vocabolo ha incontrato notevole fortuna nella storiografia, andando a designare le misure repressive messe in campo dalla Chiesa cattolica per contrastare l’avanzata della Riforma protestante: il tribunale dell’Inquisizione (1542), incaricato di giudicare le convinzioni religiose dei fedeli, e l’Indice dei libri proibiti (1559), ovvero l’elenco dei testi considerati eretici di cui non era ritenuta lecita la lettura. Il concetto di Controriforma ha oscurato per lungo tempo gli aspetti positivi e creativi del cattolicesimo dei secoli XVI e XVII; per questo negli anni gli studiosi hanno coniato nuove denominazioni, capaci di restituire un’immagine più articolata del processo evolutivo vissuto dalla religione e dalla Chiesa cattolica tra Cinque e Seicento, come quelle di Riforma cattolica e di Restaurazione cattolica. Attualmente, in Italia è ancora molto usato il termine Controriforma, sebbene sia invalsa anche la pratica di parlare di Riforme al plurale (Riforme cattoliche e Riforme protestanti). La storiografia internazionale, soprattutto di matrice anglosassone, ha ampiamente superato il concetto di Controriforma, introducendo altre denominazioni (catholic renewal, “rinnovamento cattolico”; refashioning of catholicism, “rielaborazione del cattolicesimo”; early modern catholicism, “primo cattolicesimo moderno”), in grado di offrire una nuova visione d’insieme più ampia del cattolicesimo in età moderna.