1 L’Egitto: aurora della cultura africana

1. L’Egitto: aurora della cultura africana

1.1 L’AFRICA, CULLA DELL’UMANITÀ

Studi consolidati sulla storia dell’umanità permettono di affermare che l’Homo sapiens fece la sua prima comparsa in Africa, nella parte meridionale della ▶ Rift Valley, più di 150 000 anni fa. Si può dunque dire che tutti noi discendiamo da donne e uomini africani, neri e migranti, che dall’Africa orientale si sono spostati in altre regioni del mondo, assumendo caratteri differenti a seconda degli ambienti di vita.
Un passaggio fondamentale di queste migrazioni è stata la valle del Nilo, che a partire dal ▶ Paleolitico inizia a essere occupata da gruppi umani in movimento. Il popolamento della valle è durato millenni, sulla spinta delle esigenze di sopravvivenza e delle variazioni climatiche. Grazie alla sua particolare posizione geografica, la valle del Nilo – e più specificatamente l’Egitto – è stata un crocevia di flussi migratori provenienti da altri luoghi dell’Africa, dal Vicino Oriente e perfino dall’Europa.
Una questione che è stata a lungo dibattuta nell’ambito delle teorie relative al popolamento della valle del Nilo è quella del colore della pelle degli antichi egiziani, se cioè essi fossero bianchi o neri. Anche se oggi la validità stessa di tale questione è messa in dubbio da una serie di studiosi, resta il fatto che, come ha evidenziato lo storico e antropologo senegalese Cheikh Anta Diop (1923-1986), durante l’epoca faraonica gli antichi egiziani designavano se stessi con la parola kmt, che vuol dire “neri”. Il termine veniva scritto con un geroglifico | ▶ APPROFONDIAMO, p. 35 | che rappresenta un pezzo di legno bruciato in cima ed era la parola più forte della lingua egizia per indicare il colore nero. Inoltre “nero” era l’epiteto che accompagnava il nome delle divinità benefattrici. Infine molti autori greci riconoscevano e descrivevano gli egiziani come neri.

1.2 LINEAMENTI STORIOGRAFICI: L’EGITTO FARAONICO

La civiltà egizia si formò tra la fine del ▶ Neolitico e l’epoca predinastica, ovvero tra il 4000 e il 3000 a.C. Quindi si sviluppò attraverso alcune tappe significative, che ripercorriamo brevemente.
  • Il primo importante avvenimento è l’unione dei due regni preistorici dell’Alto Egitto (la parte meridionale del paese, dall’attuale Assuan fino al Cairo) e del Basso Egitto, conosciuto anche come Delta del Nilo (il triangolo di terra situato nel Nord del paese). Queste due regioni geograficamente diverse sono state popolate da gruppi umani eterogenei e inizialmente autonomi.
    L’unificazione dei due regni a opera di Narmer, sovrano dell’Alto Egitto, intorno al 3000 a.C., segnò l’inizio del periodo dinastico. Narmer stabilì la sua capitale a Menfi, sulla linea di confine dei due regni e, come il suo successore, fu impegnato soprattutto nel consolidamento del territorio.
  • L’Antico Regno comprende la III e la VI dinastia, dal 2750 al 2200 a.C. La III dinastia portò a termine l’unificazione grazie al concetto della divinità del faraone, autorità che incarnava lo Stato ed era responsabile dell’unità e della prosperità del paese. Il territorio venne suddiviso e amministrato in distretti, derivati dalle precedenti unità territoriali che erano sorte nel Basso e nell’Alto Egitto.
  • Il I Periodo Intermedio va dalla VII alla X dinastia, dal 2200 al 2150 a.C.
    I periodi intermedi sono così definiti dagli egittologi perché sono fasi di “crisi”, caratterizzate da un significativo indebolimento del potere centrale e da un vero e proprio caos sociale. I periodi di maggiore disordine furono tuttavia anche quelli in cui emersero valori democratici ed egualitari, nel tentativo di far fronte alla crisi. Su queste epoche, che nel complesso coprono circa un millennio, non abbiamo molte testimonianze, perciò esse rimangono per lo più sconosciute.
  • Il Medio Regno comprende l’XI e la XII dinastia, dal 2150 al 1780 a.C. In questo periodo si ristabilì l’unità politica e vennero realizzate grandi opere di architettura. L’Egitto si rafforzò a ovest e a nord-est e si espanse a sud assoggettando la Bassa Nubia.
  • Il II Periodo Intermedio va dalla XIII alla XVII dinastia, dal 1780 al 1580 a.C. Per la prima volta nella sua storia, l’Egitto venne conquistato e subì per centocinquant’anni la dominazione degli Hyksos, una popolazione di origine asiatica.
  • Il Nuovo Regno va dalla XVIII alla XX dinastia, dal 1580 al 1080 a.C.
    Tra i vari faraoni che si succedettero durante questi secoli, merita di essere ricordata la regina Hatshepsut, una delle rarissime donne che furono faraone (le altre furono Nitocris, Sobekneferu e Tauosré). Durante il suo pacifico e prospero regno, Hatshepsut si dedicò soprattutto agli affari interni e alla costruzione di numerosi e maestosi edifici. Dopo la sua morte, il successore Thutmosis III e il figlio di lui Amenofi II cercarono di cancellarne e screditarne la memoria.
  • Il III Periodo intermedio e la Bassa epoca vanno dalla XXI alla XXXI dinastia, dal 1080 al 332 a.C. Durante questi secoli l’unità politica venne compromessa in modo definitivo e l’Egitto fu sottoposto a diverse dominazioni: sudanese, assira e persiana. La conquista di Alessandro Magno, nel 332 a.C., segnò la fine della storia faraonica e, a partire del 305 a.C., l’inizio della dinastia ellenistica, di origine macedone, dei Tolomei, che terminerà nel 31 a.C. con la conquista romana dell’Egitto.
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1.3 UNA CONCEZIONE PEDAGOGICA FONDATA SU ORDINE, GIUSTIZIA E VERITÀ

Nell’antico Egitto convivevano racconti differenti sull’origine del mondo e le funzioni e le caratteristiche delle divinità variavano da luogo a luogo. Pertanto è difficile ricostruire con esattezza il ▶ pantheon egizio. Esistevano tuttavia delle linee comuni, in base alle quali, per esempio, si riconosceva al dio-sole Rê un ruolo essenziale nella fondazione e nel mantenimento dell’ordine nel mondo.
Il faraone, in quanto figlio ed erede del sole, doveva preservare questo ordine, tenendo a bada le forze distruttrici e ricercando la collaborazione delle divinità per garantire il ciclo dell’anno, la piena del Nilo, la fertilità della terra e del bestiame, la sicurezza delle frontiere. Secondo l’ideologia ufficiale, dunque, un simile ordine poteva essere assicurato solo quando il paese era unito sotto il governo di una monarchia forte che perseguiva la prosperità generale. Inoltre, perché tutti fossero felici, tale ordine doveva imporsi tanto nel funzionamento delle istituzioni quanto nei comportamenti individuali. Da ciò si comprende l’importanza attribuita dagli egizi a Maât, dea della Giustizia-Verità, identificata da diversi autori come figlia del dio-sole Rê ma anche suo cibo: «Rê vive di Maât». Maât è presente in moltissimi testi e iscrizioni egizi; i testi sapienziali istruivano su come conformarsi a essa nelle azioni quotidiane. Uno di questi testi, l’Insegnamento di Ptahhotep, dice che Maât è grande, durevole e potente; dalla fondazione del mondo non è mai mutata.
Come sottolinea Jean Yoyotte (egittologo francese, 1927-2009), la concezione pedagogica egizia era sostanzialmente conformista, poiché non mirava a inventare nuove regole ma piuttosto a garantire l’armonia originaria orientando la vita secondo i principi di Maât. In questa direzione, essa insegnava a essere umili con i superiori e buoni verso gli inferiori; a evitare ogni eccesso nelle parole, nei gesti e nelle reazioni; a praticare le virtù e le qualità intellettuali; a ripudiare la corruzione, l’inganno, la violenza e il sopruso.
L’antico Egitto teneva quindi in massima considerazione la giustizia, intesa però non come un sistema di leggi ma appunto come ordine, che abbracciava il piano cosmico e il piano sociale, il mondo terreno e il mondo ultraterreno.

La piuma che veniva raffigurata sul capo di Maât, e che della dea era il simbolo, svolgeva un ruolo centrale nel passaggio dei morti nell’aldilà. Attraverso la pesatura del cuore (o psicostasia), il dio Anubi verificava che il defunto avesse condotto una vita virtuosa con il rito della pesatura: solo se il suo cuore non fosse stato più pesante della piuma di Maât, avrebbe ottenuto l’immortalità

Il popolo egizio riservava una grande attenzione alla vita oltre la morte e credeva che il corpo racchiudesse diversi elementi immortali. In particolare, le preghiere recitate dal sacerdote durante la cerimonia funebre e il cibo che egli offriva dovevano assicurare la trasformazione del defunto in ba, l’anima immortale. Inoltre le tombe custodivano gli oggetti posseduti dal morto nella sua casa terrestre; essi erano destinati a ka, lo spirito protettore, che nasceva insieme all’individuo, lo accompagnava per tutta la vita e passava nell’aldilà prima di lui. L’ib, il cuore, era il centro delle emozioni dei vivi e guidava le loro azioni. Dopo la morte, invece, le persone raggiungevano un potere soprannaturale, l’akn, di cui le stelle del cielo erano una manifestazione. Infine il corpo, khat, se imbalsamato, poteva condividere la vita eterna insieme a ba e ka.

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per immagini

La piuma di Maât

La tomba della regina egizia Nefertari (1295-1255 a.C.) fu scoperta nel 1904 dall’egittologo italiano Ernesto Schiaparelli. È considerata una delle tombe più belle tra quelle della Valle delle Regine (nei pressi dell’antica Tebe) per i raffinati dipinti che ne ornano le pareti. Le immagini che decorano i vari ambienti descrivono il viaggio della regina verso l’aldilà. Un’immagine ritrae la dea egizia Maât in ginocchio, con le ali spiegate in segno di protezione. La piuma di struzzo che Maât, dea della Giustizia-Verità, porta sul capo era fondamentale nella cerimonia della pesatura del cuore. La piuma è anche il simbolo del nome della dea nei geroglifici.

La psicostasia
L’immagine mostra il dio egizio Anubi intento al rito della psicostasia, o pesatura del cuore.
Su un piatto della bilancia Anubi ha posto il cuore del defunto, sull’altro la piuma di Maât.
Il defunto potrà continuare a vivere nell’aldilà solo se il suo cuore non risulterà più pesante della piuma, ovvero se la pesatura dimostrerà che ha condotto una vita virtuosa, conforme ai principi di verità e giustizia della dea Maât.

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approfondiamo  LA SCRITTURA EGIZIA

L’Egitto è stato il primo paese africano a usare la scrittura, a partire dal 4000 a.C. La scrittura egizia è una delle più antiche al mondo. È di tipo pittografico, cioè è basata su segni, detti “geroglifici”, che riproducono oggetti concreti. Il fatto che i suoi segni raffigurino flora e fauna locali dimostra che essa fu un’invenzione originale e non fu importata da altre regioni.
Anche altri sistemi di scrittura, come quello della Cina e della Mesopotamia, erano inizialmente pittografici, ma nel tempo adottarono segni più astratti. Al contrario, la scrittura egizia restò sempre pittografica. Come sottolinea l’archeologo Gamal Mokhtar, la pittografia pura, in cui ogni segno corrisponde a un oggetto, fu però nel tempo integrata dai principi dell’omofonia (uno stesso segno poteva essere usato per indicare tutte le parole che si pronunciavano allo stesso modo) e dell’ideografia (un segno poteva corrispondere a una parola, a un concetto). Fu proprio questo a rendere particolarmente difficile la decifrazione della scrittura egizia. Per esempio, per scrivere la parola astratta “stabilire”, che si pronunciava semen, gli scribi utilizzavano due segni-parola: il segno di un pezzo di stoffa piegato e quello della scacchiera, che si leggevano rispettivamente se e men. Gradualmente gli scribi presero l’abitudine di aggiungere un segno verticale ai segni-parole che indicavano l’oggetto stesso, per distinguerli dai casi in cui venivano adoperati solo per il loro valore fonetico, cioè per il loro suono. Inoltre, per precisare ulteriormente l’uso che veniva fatto di un certo segno, arrivarono ad adottare 24 segni-parole formati da una sola consonante. Essi costituiscono gli antecedenti dell’alfabeto, poiché esprimono tutte le consonanti dell’egizio, lingua in cui le vocali non si scrivono.
Secondo Mokhtar, la necessità di unirsi e organizzarsi per far fronte ai disastri naturali provocati dal Nilo ebbe un ruolo di primo piano nell’invenzione della scrittura, che era innanzitutto lo strumento di cui si serviva l’amministrazione centrale per gestire l’economia del regno. In questo senso, secondo lo studioso, «non si esagera affermando che tutta la civiltà egiziana ruota intorno allo scriba e che è la scrittura che ha permesso il suo sviluppo».
A questo occorre aggiungere che la scrittura aveva una valenza magica, e perciò conoscere il nome delle cose implicava avere potere su di esse. Quando si voleva nuocere a qualcuno, infatti, il suo nome veniva martellato e cancellato ovunque si trovasse, poiché distruggere il nome significava distruggere la persona stessa.

per lo studio

1. Quale significato aveva la giustizia nell’antico Egitto?
2. In che modo continuava la vita dopo la morte secondo la concezione egizia?
3. Quali erano gli aspetti centrali della concezione pedagogica egizia?


  Per discutere INSIEME 

Che cos’è per te la giustizia? Discutine in classe con i compagni.
Dopo aver evidenziato i tratti essenziali della tua concezione di giustizia, mettili a confronto con la concezione egizia.

I colori della Pedagogia - volume 1
I colori della Pedagogia - volume 1
L'educazione dal mondo antico all’alto Medioevo - Primo biennio del liceo delle Scienze umane