1. Un inquadramento storico-filosofico

1. Un inquadramento storico-filosofico

1.1 LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

La Rivoluzione industriale inizia in Inghilterra alla fine del Settecento per poi espandersi rapidamente in tutta Europa nel corso del secolo seguente. Suoi elementi centrali sono il processo di industrializzazione, ovvero la progressiva sostituzione del lavoro umano o animale con quello delle macchine, e quindi il crescente spazio che le attività industriali rivestono a livello economico, a scapito di quelle agricole.
Ciò comporta un vasto fenomeno di inurbamento, che vede molti contadini trasferirsi in città e diventare operai in condizioni di povertà, con la conseguente nascita dei primi quartieri di periferia e, soprattutto, del proletariato urbano e della classe operaia.
Questa nuova ▶ classe sociale, priva di protezioni a livello sociale e lavorativo (gli imprenditori erano liberi di licenziare a loro piacimento), era sottoposta a condizioni di vita e di lavoro durissime.
Vedremo in seguito come proletariato, divisione del lavoro e lotta di classe (i conflitti che emergono tra classi sociali diverse) saranno soprattutto al centro del pensiero di Marx, ma in termini più generali è importante notare come l’industrializzazione segni un passaggio d’epoca fondamentale per il formarsi della società, del lavoro e dei sistemi di produzione così come li conosciamo oggi.
Se la Rivoluzione industriale rappresenta il principale fenomeno che coinvolge, e sconvolge, gli assetti socio-economici in Europa, le Rivoluzioni americana e francese innescano altrettanti cambiamenti in termini sociopolitici.

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1.2 LA RIVOLUZIONE AMERICANA

La Rivoluzione americana, iniziata dopo l’introduzione della legge sul tè (▶ Tea act) del 1773 e delle cosiddette “leggi intollerabili” che abolivano le libertà locali, accentrando il potere nelle mani delle autorità politiche e militari britanniche, trova il suo momento fondamentale nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti, d’America scritta da Thomas Jefferson e firmata il 4 luglio del 1776.
Il testo si apre con una dichiarazione relativa ai “▶ diritti inalienabili” dell’uomo, uguaglianza e libertà, e al diritto del popolo di ribellarsi all’autorità costituita, se questa non li rispetta. In tal modo pone le basi per la moderna concezione dello Stato, fondata sull’assunto che chi governa lo fa grazie al consenso di chi è governato, ossia del popolo, per un periodo limitato di tempo e in seguito a regolari elezioni.
Quella americana fu una rivoluzione essenzialmente politica, poiché non ebbe la necessità di confrontarsi con le questioni sociali, prima fra tutte la povertà, e i tumulti che tipicamente sono associati alle grandi rivoluzioni, come quella russa o francese.
Le condizioni di vita dei coloni statunitensi, soprattutto nel Centro-Nord, erano infatti mediamente lontane tanto dalla ricchezza quanto dalla miseria e la Dichiarazione d’Indipendenza non prendeva in considerazione la condizione degli schiavi e, ancor meno, dei nativi americani. Del resto, pochi anni dopo, la stessa Costituzione degli Stati Uniti d’America (1787) considererà la schiavitù ancora legale. Solo dopo un secolo e una guerra civile tra gli Stati del Nord e del Sud, il diritto alla vita, alla libertà e a perseguire la propria felicità diventa inalienabile anche per gli afroamericani statunitensi.

1.3 LA RIVOLUZIONE FRANCESE

La Rivoluzione americana ebbe un impatto anche sull’opinione pubblica europea: in Francia, in particolare, per via dell’influenza del pensiero illuminista, le idee di libertà e di uguaglianza erano in circolazione già da tempo e si stava affermando l’idea che fosse giunto il momento di abbattere il sistema feudale e tirannico che caratterizzava la monarchia assoluta.
La società era suddivisa in tre classi: nobiltà, clero e terzo stato. Quest’ultimo, comprendendo tutti i francesi non nobili e non ecclesiastici – dalla grande borghesia ai braccianti rurali –, rappresentava il 98% della popolazione, ma il potere era riposto per diritto divino nelle mani del re, all’epoca Luigi XVI. Inoltre, la Francia attraversava un periodo di crisi economica e politica, mancavano beni di prima necessità come il pane, i tentativi di riforma del sistema giudiziario e fiscale erano falliti e il re continuava a imporre nuove tasse.
In confronto a quella americana, la Rivoluzione francese rappresenta un evento molto più complesso, per le sue cause e per i suoi sviluppi ed effetti.
Ai nostri fini è importante sottolineare almeno due di tali effetti:
  • l’affermarsi di una nuova classe sociale, la ▶ borghesia;
  • la redazione della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (1789), che affermava l’uguaglianza di tutti gli uomini, indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza.
I 17 articoli che compongono la Dichiarazione sono riconducibili, in estrema sintesi, a tre grandi principi:
1 l’uguaglianza di tutti gli uomini;
2 la sovranità democratica che risiede nella nazione, per cui un sovrano non governa per diritto divino;
3 la libertà di opinione, di espressione e di culto.
Questo documento segna uno spartiacque fondamentale nella storia della società europea, e non solo, fungendo da ispirazione per le rivoluzioni a connotazione liberale e democratica del XIX secolo e contribuendo a dare vita all’idea dello Stato moderno.

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In marcia verso un nuovo assetto sociale

Il pittore italiano Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907) dipinse Il Quarto Stato con l’intento di documentare le rivendicazioni dei lavoratori nella società industriale del suo tempo. Il titolo dell’opera si riferisce infatti a un’espressione utilizzata durante la Rivoluzione industriale per indicare la classe operaia: il quarto stato è il gradino più basso della società, dopo la borghesia, la nobiltà e il clero. Nell’opera, questa classe sociale è rappresentata da un anziano, un giovane bracciante e una donna con un bambino (simboli del popolo più umile), e sullo sfondo da una folla compatta di persone che discutono tra loro. L’intero gruppo sta avanzando in segno di protesta: manifesta in modo pacifico per i propri diritti, per ottenere condizioni e salari più equi, per dare il giusto riconoscimento al lavoro. Nel tempo, il dipinto è divenuto una delle principali icone del movimento operaio.

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1.4 ILLUMINISMO E POSITIVISMO

Le tre rivoluzioni, industriale, americana e francese, che caratterizzano il passaggio dal Settecento all’Ottocento, aiutano a comprendere meglio il contesto storico in cui prende forma la sociologia e le ragioni che ne motivano la nascita.
A fronte di tanti e contemporanei cambiamenti, la domanda su come sia possibile l’evolversi della società sorge in modo quasi ovvio; così come emerge la necessità di una disciplina “nuova”, diversa dalla storia e dalla filosofia, per quanto con queste necessariamente in contatto, e capace di interpretare e leggere i nuovi assetti sociali.
La transizione tra Settecento e Ottocento è segnata anche da un più vasto fenomeno, l’▶ Illuminismo: sorto in Gran Bretagna, diventa un vero e proprio movimento culturale, la cui principale caratteristica è la convinzione di poter risolvere con i “lumi” della ragione e del metodo scientifico – in contrapposizione al sapere derivato dalla tradizione e dai dogmi religiosi – problemi sociali, politici ed economici.
Come corrente di pensiero si sviluppa soprattutto in Francia con autori quali Rousseau, Voltaire e Diderot; tuttavia, per le origini della sociologia, è opportuno ricordare de Tocqueville | ▶ APPROFONDIAMO | e richiamare l’opera di Montesquieu.

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L’affermazione di valori universali

Eugène Delacroix (1798-1863) dipinse nel 1830 un’opera che negli anni è diventata un’icona mondiale della libertà dei popoli. Il quadro ritrae una donna – personificazione della Francia e simbolo della Libertà – circondata da una folla tumultuosa in cui si mescolano tutte le fasce della società francese: il popolano, il borghese, l’operaio e così via. Queste figure, rappresentative di ogni strato sociale, nel seguire la Libertà formano una massa indistinta di individui, uniti nella lotta comune per la restituzione dei diritti violati.

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cittadini responsabili

Due documenti fondamentali per la nascita dello Stato moderno

Di seguito, l'inizio della Dichiarazione d'Indipendenza degli Stati Uniti d’America e della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino: si tratta di due documenti estremamente importanti per la nascita dello Stato moderno e per il modo stesso in cui oggi concepiamo l’idea di “società”.

Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America (1776)

Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzare i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità

Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (1789)

Art. 1 – Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.
Art. 2 – Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell'uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all'oppressione.
Art. 3 – Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo o individuo può esercitare un’autorità che non emani espressamente da essa.
Art. 4 – La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l'esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Tali limiti possono essere determinati solo dalla Legge.
Art. 5 – La Legge ha il diritto di vietare solo le azioni nocive alla società. Tutto ciò che non è vietato dalla Legge non può essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina.
Art. 6 – La Legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno diritto di concorrere, personalmente o mediante i loro rappresentanti, alla sua formazione. Essa deve essere uguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca. Tutti i cittadini, essendo uguali ai suoi occhi, sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, posti ed impieghi pubblici secondo la loro capacità, e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti.
  Lavoriamo INSIEME
Leggi e confronta i due testi, rintracciando le principali somiglianze. Quindi procurati il testo della Costituzione Italiana e leggi i primi cinque articoli. Quali somiglianze e differenze ci sono tra le due Dichiarazioni e la nostra Costituzione?

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Montesquieu e le tre forme di governo
Charles Louis de Secondat barone di Montesquieu (1689-1756) cerca di dimostrare che, come ogni essere vivente, anche la società possiede un proprio ordine e segue leggi costantiTali leggi però non sono assolute, cioè indipendenti dallo spazio e dal tempo, ma variano con il mutare delle situazioni: la società è quindi il risultato, da un lato, dell’influenza esercitata da diversi fattori naturali – primi fra tutti, il clima e le risorse della Terra – e, dall’altro, da costumi, usanze, tradizioni, credenze religiose propri della sua popolazione.
Per tenere conto di questo aspetto Montesquieu individua tre forme di governo, a cui sono collegabili tre diversi tipi di società con tre differenti dimensioni:
1 la repubblica, in cui il popolo detiene il potere, è fondata sull’uguaglianza all’interno della società e può esistere solo in un piccolo territorio;
2 la monarchia, in cui uno solo governa, ma secondo leggi fisse, è basata sulla disuguaglianza, sebbene il bene della collettività sia assicurato, e ha bisogno per esistere di uno Stato di medie dimensioni;
3 il dispotismo, in cui uno solo governa senza legge e secondo la sua volontà, è fondato sulla paura, l’arbitrarietà e la violenza ed è indispensabile in un impero di grandi dimensioni.
Se l’analisi di Montesquieu muove da come una ipotetica società dovrebbe essere governata, di fatto egli arriva a esaminare come le diverse società sono state governate, cercando di inquadrarle nella tipologia da lui elaborata. Proprio questo atteggiamento scientifico e “positivo” di analisi farà sì che Comte identifichi in lui un precursore del pensiero sociologico e che molti altri, in seguito, lo considerino il fondatore di una scienza della società.
L’aggettivo “positivo” usato in relazione all’approccio di Montesquieu non è da intendersi nel senso di “buono” o “auspicabile”, ma di “reale”, “concreto”, “sperimentale”, in contrapposizione a ciò che è astratto e ideale. L’aggettivo rimanda a una successiva corrente di pensiero: il  positivismo.
Il positivismo e Claude Henri de Saint-Simon
Il positivismo si sviluppa nel XIX secolo quale logica conseguenza dell’Illuminismo e costituisce il contesto filosofico in cui nasce la sociologia. Non a caso, è uno dei suoi principali esponenti, Auguste Comte, a coniare la parola “sociologia”.
Dall’Illuminismo il positivismo riprende la fiducia nella ragione e nel sapere come mezzi per conseguire la “pubblica felicità”, l’esaltazione della scienza e della ▶ conoscenza empirica, una visione laica della vita e dello Stato, ma aggiunge anche una cieca fede nel progresso, sostenendo che la storia dell’umanità tende naturalmente a evolvere verso il meglio.
Un importante autore del positivismo è Claude Henri de Saint-Simon (1760-1825) che sostiene come, al pari della fisiologia che studia l’organismo umano, esista una scienza che studia la società come organismoda lui denominata “fisiologia sociale”: per assicurare il corretto “funzionamento” delle sue singole parti non sono necessarie solo nuove conoscenze fondate sulla scienza, ma anche una nuova organizzazione della politica e del lavoro. Questo implica combattere «tutti coloro che campano alle spalle del proletariato senza svolgere alcuna attività», cioè tutti quei gruppi sociali che l’autore definisce come “parassiti”: nobili, cortigiani, preti, militari. Per queste affermazioni, Saint-Simon è considerato non solo un sociologo ▶ ante litteram, ma anche il fondatore del socialismo francese.

approfondiamo  LA DEMOCRAZIA IN AMERICA: UNO DEI PRIMI TESTI DI SOCIOLOGIA

Charles-Alexis-Henri Clerel de Tocqueville (1805-1859) fu un pensatore e uomo politico francese, nonché uno dei maggiori esponenti del pensiero liberale. Egli divenne famoso per le sue opere La democrazia in America (1835/1840) e L’antico regime e la rivoluzione (1856). In entrambe analizzò gli standard di vita e le condizioni sociali degli individui, il loro rapporto con il mercato e lo Stato nelle società occidentali.
In particolare La democrazia in America venne pubblicata dopo i viaggi che l’autore fece negli Stati Uniti a scopo di studio ed è oggi considerata una delle prime opere di sociologia e scienze politiche.
Tocqueville considera la democrazia un’equazione che bilancia libertà e uguaglianza, la preoccupazione per l’individuo e la cura per la comunità. Concorda con pensatori come Montesquieu circa il fatto che un equilibrio nella distribuzione della proprietà determina anche un equilibrio nella distribuzione del potere politico, ma la sua analisi differisce radicalmente da quelle dei suoi predecessori. Tocqueville cerca di capire perché l’America sia così diversa dall’Europa e punta l’attenzione in particolare sul ruolo ricoperto dall’aristocrazia nelle due realtà.
L’America era una società la cui etica dominante era lavorare e guadagnare, dove l’individualismo e il libero mercato erano profondamente radicati e dove l’uomo comune godeva di un livello di dignità senza precedenti. In Europa, al contrario, le élite aristocratiche trovavano volgare e disdicevole doversi preoccupare di qualcosa di così rozzo come il lavoro e il denaro. Gli aristocratici ereditavano ricchezza e potere dalle generazioni precedenti, per discendenza, e pensavano che il lavoro spettasse solo alla plebe.
Per Tocqueville, al contrario, il segno distintivo della democrazia è la marcia verso l’eguaglianza delle condizioni, ossia verso un tipo di assetto sociale che non riconosce privilegi di ceto, diritti particolari attribuiti per nascita, influenze e poteri sociali istituzionalizzati e trasmessi di padre in figlio.
Per quanto nel pensiero di Tocqueville traspaia anche la preoccupazione che uno spiccato individualismo possa favorire il conformismo di massa e il sorgere di un governo dispotico, la società democratica è destinata a trionfare, perché è quella che può portare felicità al maggior numero di individui. Le leggi, in tale società, dovranno essere condivise dal popolo, che potrà partecipare alla stesura delle stesse attraverso i propri rappresentanti in Parlamento.
per lo studio

1. In che modo la nascita della sociologia si lega alla Rivoluzione industriale, americana e francese?

2. Quali sono i tre grandi principi espressi nella Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino?

3. Quali principi accomunano Illuminismo e positivismo? Quali li differenziano?


  Per discutere INSIEME 

Nel suo testo più famoso, Lo spirito delle leggi (1889), Montesquieu afferma: «C'è in Europa una specie di equilibrio tra le nazioni del sud e quelle del nord. Le prime hanno ogni sorta di comodità per la vita e pochi bisogni; le seconde hanno molti bisogni e poche comodità [...] L'equilibrio viene mantenuto per la pigrizia che la natura ha dato ai popoli del sud, e per l’attività dell’industriosità che ha dato a quelli del nord».
Discutete in classe su tale affermazione e confrontate le vostre opinioni.

I colori della Sociologia
I colori della Sociologia
Secondo biennio e quinto anno del liceo delle Scienze umane