3.1 LA SOCIETÀ DEI CONSUMI
La riflessione della sociologia classica, quella di Karl Marx, Max Weber e Émile Durkheim, aveva cercato di offrire una risposta ai mutamenti sociali prodotti dalla Rivoluzione industriale nella sfera del lavoro, con l’avanzare della produzione capitalista, e ai mutamenti avvenuti nell’ambito della politica, con il costituirsi degli Stati democratici.
A partire dalla seconda metà del Novecento, quale conseguenza del diffondersi del benessere economico successivo alla Seconda guerra mondiale, la sociologia iniziò a descrivere le caratteristiche di quella che è stata definita la “società dei consumi”: una società che dava importanza ai gusti e alle preferenze nell’acquisto delle merci, alla moda, al “tempo libero” quale principale ambito di espressione individuale, e con una presenza pervasiva della pubblicità commerciale. Lo spostamento del baricentro della società dalla produzione al consumo suggerisce inoltre che, differentemente dal passato, le persone costruiscono la loro identità sociale attraverso ciò che consumano, invece che tramite ciò che producono. In altre parole, lo status sociale è ora dato non più soltanto dal proprio lavoro, com’era tipico delle società industriali, ma dal possesso di alcuni beni di consumo.
Nella società capitalista, infatti, il consumo diventa sempre più importante non solo per ragioni economiche, ma per i significati simbolici che le merci assumono nelle relazioni sociali. Il possesso di beni e oggetti trasmette infatti un messaggio sullo status socio-economico, creando e comunicando un sistema di distinzioni sociali. Pensiamo per esempio ai cosiddetti status symbol, ossia gli oggetti che simboleggiano l’alto livello sociale ed economico di chi li possiede. Anche se cambiano nel tempo, gli status symbol sono spesso espressione di ricchezza e agio economico (come appare chi, per esempio, circola con una Ferrari) e, in tal senso, delle differenze tra classi sociali. Si tratta in altri termini di beni posizionali, che sono desiderati e acquistati proprio perché permettono i segnalare uno status sociale.
Storicamente, la sociologia – la Scuola di Francoforte in particolare – ha criticato la società dei consumi, evidenziando soprattutto due fenomeni a essa connessi:
- il consumismo, associato alla pubblicità, che spinge le persone a comprare sempre nuove merci, e alla moda, che favorisce l’acquisto di oggetti e vestiti sempre nuovi.
- la mercificazione, che ha invece a che vedere con il fatto che in una società basata sul consumo qualunque cosa può diventare oggetto di scambio economico, compreso il sesso, il sangue o gli organi delle persone.
A partire dalla fine degli anni Settanta, tuttavia, le scienze sociali hanno iniziato a riconoscere che le culture del consumo non sono solo la manifestazione della pressione dell’economia capitalista sulle esistenze individuali, ma diventano espressione di spazi di libertà, di auto-realizzazione e di creatività: ne sono un esempio i famosi graffiti di Banksy | ▶ IL PERSONAGGIO |.
In quegli anni studiosi appartenenti al rinomato Center for Contemporary Cultural Studies di Birmingham, in Gran Bretagna, misero in evidenza come le nuove generazioni utilizzassero prodotti di massa in modo creativo e autonomo, per generare nuove identità contrapposte ai modelli dominanti proposti dalla struttura sociale dell’epoca, cioè dando vita a delle vere e proprie “sottoculture giovanili”.