L’uomo del nostro tempo ha sovente la sensazione che la sua vita privata sia tutta una serie di trabocchetti e che i suoi problemi, le sue difficoltà, trascendano la ristretta cerchia in cui vive. […] Alla base di questa sensazione vi sono i mutamenti di struttura delle grandi società continentali, in cui i singoli uomini sono immersi. […] Ma di solito l’uomo non vede i suoi problemi in termini di mutamenti storici o di conflitti istituzionali. Non attribuisce il benessere di cui gode o la miseria di cui soffre ai grandi alti e bassi della società in cui vive. […] Non possiede la qualità mentale indispensabile per afferrare l’interdipendenza tra uomo e società, biografia e storia, individuo e mondo. […] È appunto tale qualità […] quella che chiameremo la “immaginazione sociologica”.
L’immaginazione sociologica permette a chi la possiede di vedere e valutare il grande contesto dei fatti storici nei suoi riflessi sulla vita interiore e sul comportamento esteriore di tutta una serie di categorie umane. Gli permette di capire perché, nel caos dell’esperienza quotidiana, gli individui si formino un’idea falsa della loro posizione sociale. Gli offre la possibilità di districare, in questo caos, a grandi linee, l’ordito della società moderna, e di seguire su di esso la trama psicologica di tutta una gamma di uomini e donne. Riconduce in tal modo il disagio personale dei singoli a turbamenti oggettivi della società e trasforma la pubblica indifferenza in interesse per i problemi pubblici. Il primo frutto di questa facoltà, la prima lezione della scienza sociale che la incarna, consiste nell’idea che l’individuo può comprendere la propria esperienza e valutare il proprio destino soltanto collocandosi dentro la propria epoca; che può conoscere le proprie chances soltanto rendendosi conto di quelle di tutti gli individui nelle sue stesse condizioni.
[…] Con il fatto stesso di vivere l’uomo concorre, non importa se in minimissima parte, a formare questa società e ad alimentare questa storia, anche se è la società che lo forma, la storia che lo spinge. […]
Qualunque sia il problema specifico che il sociologo affronta, qualunque sia l’ampiezza della realtà sociale che egli esamina, se riesce a rendersi conto concretamente della portata del suo lavoro si pone tre ordini di problemi:
1. Qual è la struttura di quella particolare società
nel suo complesso? Quali ne sono i componenti, e in quali rapporti reciproci si trovano? Come differisce da altri tipi di ordine sociale? E qual è, nel suo interno, l’importanza di ogni singolo componente ai fini della sua conservazione o del suo mutamento?
2. Qual è il posto di questa società nel quadro della storia umana? Qual è la meccanica del suo mutamento? A quale punto dello sviluppo generale dell’umanità si trova essa e che importanza ha sotto questo profilo? Come incide sul periodo storico in cui si muove il particolare componente in esame e come ne è influenzato a sua volta? E quali sono le caratteristiche essenziali di questo periodo storico? In che senso differisce da altri periodi? In quale peculiare modo partecipa alla costruzione della storia?
3. Quali tipi di uomini e di donne prevalgono in questa società e in questo periodo? Quali tipi prevarranno? Per quali vie si selezionano e si formano, sono liberati o repressi, sensibilizzati o resi insensibili? Quale tipo di “natura umana” si rivela nel costume di questa società in questo periodo? Su che cosa si concentra l’interesse? Su di un grande potere statale, su di una tendenza letteraria particolare, una famiglia, una prigione, una fede?