T1 - Charles Wright Mills, L’immaginazione sociologica

PAROLA D’AUTORE

|⇒ T1  Charles Wright Mills

L’immaginazione sociologica

Charles Wright Mills (1916-1962), statunitense, è stato uno dei più noti sociologi del Novecento, conosciuto per aver reso popolari le teorie di Max Weber negli Stati Uniti, per aver studiato il ruolo delle élite nella società moderna, nonché per il libro L’immaginazione sociologica (1959), da cui è tratto il brano che segue. In esso, egli delinea i tratti essenziali di ciò che definisce “immaginazione sociologica”, ovvero la capacità di collegare eventi e fatti specifici a più ampi processi e tendenze sociali. Secondo l’autore, in particolare, sono tre le domande che la sociologia si pone: qual è la struttura di una società nel suo complesso? Che posto occupa nel quadro della storia umana? Quali sono i modelli prevalenti di uomini e donne presenti in tale società?

L’uomo del nostro tempo ha sovente la sensazione che la sua vita privata sia tutta una serie di trabocchetti e che i suoi problemi, le sue difficoltà, trascendano la ristretta cerchia in cui vive. […] Alla base di questa sensazione vi sono i mutamenti di struttura delle grandi società continentali, in cui i singoli uomini sono immersi. […] Ma di solito l’uomo non vede i suoi problemi in termini di mutamenti storici o di conflitti istituzionali. Non attribuisce il benessere di cui gode o la miseria di cui soffre ai grandi alti e bassi della società in cui vive. […] Non possiede la qualità mentale indispensabile per afferrare l’interdipendenza tra uomo e società, biografia e storia, individuo e mondo. […] È appunto tale qualità […] quella che chiameremo la “immaginazione sociologica”.
L’immaginazione sociologica permette a chi la possiede di vedere e valutare il grande contesto dei fatti storici nei suoi riflessi sulla vita interiore e sul comportamento esteriore di tutta una serie di categorie umane. Gli permette di capire perché, nel caos dell’esperienza quotidiana, gli individui si formino un’idea falsa della loro posizione sociale. Gli offre la possibilità di districare, in questo caos, a grandi linee, l’ordito della società moderna, e di seguire su di esso la trama psicologica di tutta una gamma di uomini e donne. Riconduce in tal modo il disagio personale dei singoli a turbamenti oggettivi della società e trasforma la pubblica indifferenza in interesse per i problemi pubblici. Il primo frutto di questa facoltà, la prima lezione della scienza sociale che la incarna, consiste nell’idea che l’individuo può comprendere la propria esperienza e valutare il proprio destino soltanto collocandosi dentro la propria epoca; che può conoscere le proprie chances soltanto rendendosi conto di quelle di tutti gli individui nelle sue stesse condizioni.
[…] Con il fatto stesso di vivere l’uomo concorre, non importa se in minimissima parte, a formare questa società e ad alimentare questa storia, anche se è la società che lo forma, la storia che lo spinge. […]
Qualunque sia il problema specifico che il sociologo affronta, qualunque sia l’ampiezza della realtà sociale che egli esamina, se riesce a rendersi conto concretamente della portata del suo lavoro si pone tre ordini di problemi:
1. Qual è la struttura di quella particolare società nel suo complesso? Quali ne sono i componenti, e in quali rapporti reciproci si trovano? Come differisce da altri tipi di ordine sociale? E qual è, nel suo interno, l’importanza di ogni singolo componente ai fini della sua conservazione o del suo mutamento?
2. Qual è il posto di questa società nel quadro della storia umana? Qual è la meccanica del suo mutamento? A quale punto dello sviluppo generale dell’umanità si trova essa e che importanza ha sotto questo profilo? Come incide sul periodo storico in cui si muove il particolare componente in esame e come ne è influenzato a sua volta? E quali sono le caratteristiche essenziali di questo periodo storico? In che senso differisce da altri periodi? In quale peculiare modo partecipa alla costruzione della storia?
3. Quali tipi di uomini e di donne prevalgono in questa società e in questo periodo? Quali tipi prevarranno? Per quali vie si selezionano e si formano, sono liberati o repressi, sensibilizzati o resi insensibili? Quale tipo di “natura umana” si rivela nel costume di questa società in questo periodo? Su che cosa si concentra l’interesse? Su di un grande potere statale, su di una tendenza letteraria particolare, una famiglia, una prigione, una fede?

Rispondi

1. Qual è la “qualità mentale” alla base dell’immaginazione sociologica?
2. Perché l’immaginazione sociologica è importante?

 >> pagina 41 

|⇒ T2  Everett Hughes

Dilemmi e contraddizioni di status

Nel seguente brano il sociologo statunitense Everett Hughes (1897-1983) mette in luce come a certi status sociali si associno determinate aspettative. In particolare, l’autore si concentra sulle caratteristiche “ausiliarie” degli status, ovvero quegli aspetti personali che abbiamo la tendenza ad attribuire a coloro che rivestono certi ruoli, come, per esempio, il fatto che i capi di Stato o i direttori di banca siano uomini e non donne. Tali caratteristiche riflettono gli stereotipi sociali e, pur non determinando la vita delle persone, rappresentano un vincolo per chi non dovesse possederle.

È dubbio che altre società abbiano avuto una tale varietà di status, o abbiano riconosciuto un tale numero di caratteristiche determinanti uno status, come le nostre. E le combinazioni di tali caratteristiche sono naturalmente molto più numerose delle caratteristiche stesse. In società nelle quali gli status sono ben definiti e ad essi si accede in genere dalla nascita o tramite sequenze standardizzate di formazione e affermazione, gli attributi personali sono un tutt’uno con lo status. Non sono pensati come entità separate. Anche nella nostra società alcuni status hanno sviluppato tipici modelli che prevedono particolari attributi personali, nonché appropriati stili di vita. […]
Ci possono essere, per un dato status o una data posizione sociale, una o più caratteristiche determinanti in modo specifico la persona. Alcune di esse sono formali o anche legali. Nessuno, ad esempio, può godere dello status di medico senza averne titolo.
Un caporeparto non è tale finché non viene designato da un’apposita autorità. Un soprano dotato è una primadonna solo per temperamento fino a quando non viene ufficialmente scelta per la parte del direttore dell’opera. Da ciascuna di queste particolari posizioni ci si aspetta anche una specifica competenza tecnica. Ma né la qualifica formale né quella tecnica sono sempre così chiare. Molti status, come l’appartenenza ad una classe sociale, non vengono determinati in modo formale. Altri status restano mal definiti, sia nelle caratteristiche che ne determinano l’identificazione sia rispetto ai diritti e ai doveri connessi. […]
Attorno a uno status tende a crescere, in aggiunta ai suoi tratti specifici, un complesso di caratteristiche ausiliarie che ci si aspetta siano possedute da coloro che vi appartengono. […]
Gran parte dei medici, ingegneri, avvocati, professori, dirigenti e supervisori di impianti industriali sono uomini, sebbene nessuna legge lo richieda. […]
Non sto sostenendo che la maggior parte delle persone metta in atto coscientemente e sistematicamente le proprie aspettative verso determinate figure. Dico invece che le persone hanno in mente un insieme di aspettative riguardanti i tratti ausiliari che si pensa siano correttamente associati a molte specifiche posizioni tipiche di una società come la nostra.
[…] Le combinazioni attese o “naturali” delle caratteristiche ausiliarie sono incorporate negli stereotipi del linguaggio comune, nei cartoni animati, nei romanzi, alla radio o nei film.
[…] Il medico, come appare nella pubblicità di assicurazioni e prodotti farmaceutici, è prestante, padrone di sé, con la faccia giovane e appena un po’ di grigio sulle tempie. Questi stereotipi pubblici, o della pubblicità, che non corrispondono necessariamente ai fatti e non determinano necessariamente le aspettative delle persone, sono significativi nella misura in cui almeno proteggono la persona nella posizione data. In termini positivi, essi rappresentano la concezione ideale di qualcuno; in termini negativi, essi impediscono che nella testa del pubblico di cui si vuole conquistare la fiducia sorgano il dubbio, la sorpresa o lo sconcerto.

Rispondi

1. Perché alcuni ruoli e status richiedono una qualifica formale?
2. Che cosa sono le caratteristiche “ausiliarie” degli status?
3. In che cosa si riflettono le caratteristiche ausiliarie degli status?

I colori della Sociologia
I colori della Sociologia
Secondo biennio e quinto anno del liceo delle Scienze umane